MONTIONI – «Non emergono indicazioni tali da evidenziare effetti sulle acque sotterranee generati dall’utilizzo del gesso di ripristino della cava» così Arpat commenta i 15 anni di monitoraggio sulla cava di Poggio Speranza, a Montioni, nel comune di Follonica, in cui è in corso un ripristino ambientale con i gessi rossi provenienti dal polo industriale chimico-siderurgico di Scarlino. Venator produce biossido di titanio, dal cui processo industriale scaturiscono i gessi rossi utilizzati per il ripristino ambientale.
Nel tempo ARPAT ha realizzato il controllo degli eventuali effetti ambientali del ripristino sull’area in questione, attraverso un sistema di monitoraggio delle acque sia superficiali che sotterranee, già previsto nell’accordo del 2004.
L’obiettivo principale del monitoraggio è quello di verificare l’eventuale cessione da parte dei “gessi rossi” dei loro componenti (solfati, ferro, manganese ed altri) attraverso il fenomeno della “lisciviazione”, ossia della loro dissoluzione in acqua e successivo trasporto superficiale, attraverso la rete degli impluvi, e/o profondo, in base alle caratteristiche di permeabilità e saturazione dei suoli e delle formazioni rocciose.
«Dall’analisi dei dati derivanti dai controlli e dal monitoraggio raccolti nel tempo da Arpat (confermati anche dai più recenti degli anni 2020-2021), emerge che i gessi rilasciano in acqua cloruri oltre i limiti di cui alla Tabella dell’allegato 3 del D.M. Ambiente 5.02.1998, mentre contengono cromo totale e vanadio, in concentrazioni superiori alle rispettive Concentrazioni soglia di contaminazione indicate dal D.Lgs 152/06, ma rispettano i limiti al test di cessione di cui allo stesso» afferma Arpat.
«Per quanto riguarda invece alcune variazioni repentine in alcuni parametri (solfati), verificatesi negli ultimi anni – prosegue Arpat -, le stesse non paiono ragionevolmente riconducibili a processi di lisciviazione (per loro natura graduali e continui nel tempo) ma, secondo approfondimenti di carattere idrogeologico, possono essere attribuite alla origine termale di tali acque (sotterranee e superficiali) monitorate, nelle quali sono presenti diverse sostanze ed elementi chimici caratteristici proprio dei sistemi termali. Si tratta di una situazione, comunque, complessa e attualmente sono in corso altri approfondimenti sulle caratteristiche idro-geochimiche dell’area, promossi da Arpat e dalla Regione Toscana, che consentiranno di comprendere ancora meglio il quadro a disposizione».
«Partendo da questi dati e da quelli successivi, raccolti durante le attività di campionamento ed analisi effettuate in circa 15 anni, non emergono indicazioni tali da evidenziare effetti sulle acque sotterranee generati dall’utilizzo del gesso di ripristino della cava. Infatti, sulla base di quanto osservato nel corso dei monitoraggi nel periodo 2005-2020, non si trova riscontro di un eventuale processo di lisciviazione dei “gessi rossi”» conclude Arpat.