GROSSETO – Oltre la metà delle micro imprese italiane ha intenzione di assumere personale nei prossimi sei mesi. Ma la crescita dell’occupazione è fortemente frenata dalle difficoltà, in molti casi dalla impossibilità, incontrate per reperire le figure professionali necessarie all’attività aziendale. A rilevarlo una indagine condotta dalla Cna su un campione di oltre 2mila tra artigiani, micro e piccole imprese, rappresentativo della realtà imprenditoriale nazionale, composto per più del 90% da imprese con meno di dieci addetti.
Nel dettaglio il 55,1% delle imprese che hanno partecipato all’indagine vorrebbe realizzare assunzioni entro gennaio 2022. Di queste il 52,7% ipotizza nel periodo in esame un’assunzione, ma il 33,8% propende per due e l’8,2% per tre. “Si tratta di assunzioni – commenta Anna Rita Bramerini, direttore di Cna Grosseto – che prevedrebbero contratti stabili: quasi due nuovi lavoratori su tre, infatti, sarebbero reclutati con contratti a tempo indeterminato (il 29,4%), apprendistato (il 20,2%), tirocinio formativo (il 14,8%)”.
Il 27,7% delle imprese punta sul tempo determinato, che è comunque contratto di qualità e rappresenta la formula giuridica ideale a soddisfare la flessibilità richiesta alle imprese più piccole. Marginale risulta invece il ricorso alle collaborazioni professionali (4,1%) e al lavoro occasionale (3,8%).
“La volontà delle imprese artigiane – aggiunge Bramerini – di ampliare gli organici anche in funzione delle nuove necessità richieste dal mercato nel dopo pandemia rischia però di essere frustrata dalle difficoltà, spesso insormontabili, nel trovare le figure professionali di cui hanno bisogno, come ci riportano la maggior parte dei nostri associati”.
Il 79,9% del campione interrogato dichiara di non riuscire a trovare candidati idonei alle mansioni richieste; solo il 12,9% delle imprese che vogliono assumere pensa che non avrà difficoltà, mentre il 7,2% si imbatte in candidati insoddisfatti delle offerte economiche avanzate dalle imprese.
“L’indagine – commenta Bramerini – conferma quanto da tempo sappiamo: il nostro Paese non ha un sistema capace di coniugare domanda e offerta di lavoro. Lo dimostra anche il fatto che il 41,1% delle imprese coinvolte nell’indagine ammette di cercare il personale tramite il passaparola.
Una quota quasi doppia rispetto a quella delle imprese che si rivolgono alle agenzie interinali e di ricerca/selezione del personale, che si ferma al 21,5%. Il 16,6% del campione si indirizza a scuole e/o a istituti di formazione. L’11% si affida ai mezzi di comunicazione specializzati. E appena il 3,8% ricorre ai centri per l’impiego. A riprova del fatto che il canale pubblico riesce solo per una esigua parte a favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro”.
Secondo Cna, quindi, l’annunciata riforma delle politiche attive del lavoro non potrà esimersi dall’affrontare la questione della riorganizzazione delle strutture dedicate al collocamento, né dall’adattare i percorsi formative alle esigenze reali del mondo produttivo. “E’ assurdo che in un periodo complesso come quello che stiamo vivendo – aggiunge Bramerini – le aziende facciano fatica sia a trovare personale qualificato, che da qualificare”.