GROSSETO – Il direttivo della sezione Anpi “Elvio Palazzoli” di Grosseto, riunito in data 23 agosto, ha espresso con voti unanimi la propria solidarietà al popolo afghano e alla sue donne.
«Vediamo immagini che non avremmo mai voluto vedere – commenta il direttivo dell’Anpi -, l’Afghanistan, a cui abbiamo porto la mano, promettendo il nostro supporto, la nostra cooperazione e anche la presenza militare la Pace, oggi è sprofondato nella paura di essere un’altra volta massacrato da un nuovo regime autoritario talebano, che mai ci saremmo attesi di non riuscire contenere visto le forze militari impegnate e presenti. Presenti per una missione di Pace a cui il popolo afghano ha creduto, a cui soprattutto le donne afghane hanno creduto, tanto che quest’ultimo decennio è stato il periodo tanto atteso della rivendicazione dei loro diritti».
«Pian piano si era fatta strada una nuova mentalità – proseguono -, un nuovo approccio, anche interno alle famiglie che hanno creduto nelle loro figlie, tanto che per primi hanno investito sulla loro formazione scolastica e culturale e hanno ritenuto finalmente arrivato il momento di riconoscere anche per le donne il ruolo nella società facendogli intraprendere studi o lavori fino ad allora ritenuti di solo dominio maschile. La terra degli aquiloni aveva finalmente fatto volare in alto, molto in alto, il ruolo delle donne che ora invece rappresentano le persone più a rischio assieme ai figli e alle famiglie che le hanno appoggiate. Non possiamo stare fermi ed inermi di fronte a questo crudele spettacolo, non possiamo abbandonare proprio ora questo popolo. Ci affianchiamo pertanto all’appello dell’Anpi nazionale dicendo che occorre subito una decisione della Ue e dell’Italia affinché si predisponga un preciso piano di accoglienza dei profughi affinché non si debba assistere ad un nuovo Olocausto».
«Oggi più che mai l’Europa e l’Italia sono chiamate ad esprimere ogni forma di solidarietà verso il popolo afghano e verso le sue donne. L’Anpi e il suo Coordinamento Donne sostengono l’attività dal Cisda (Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane) e di Rawa (Associazione Rivoluzionaria delle Donne Afghane), organizzazione che ha deciso di rimanere nel paese accanto alla popolazione civile, con un enorme rischio per la sicurezza delle proprie operatrici e operatori».