GROSSETO – «Sono Luca Morini, capalbiese di nascita e grossetano di adozione, maresciallo della Guardia di Finanza presso la Compagnia di Piombino e sono a scrivere queste poche righe per raccontare la mia esperienza e perché troppe volte mi è capitato di leggere quanto il personale dell’Ospedale Misericordia di Grosseto sia incompetente, svogliato o maleducato, quando invece, per esperienza, diretta ho potuto constatare l’esatto contrario». Così inizia la lettera che ci ha inviato un nostro lettore, in merito alla sua esperienza all’ospedale Misericordia di Grosseto. Di seguito il racconto integrale di quanto avvenuto.
Domenica 8 agosto, mi sveglio con dei fortissimi dolori addominali. Non è il solito mal di pancia e quindi decido di recarmi al PS di Grosseto per farmi vedere. Appena arrivato l’infermiere di triage fa le prime procedure (la registrazione, alcune manovre per capire da cosa potesse derivare il dolore, mi prende i primi parametri vitali ed il prelievo del sangue e delle urine) mi somministra un antidolorifico e poi mi dice di accomodarmi su una poltrona (il PS era pieno di gente già alle 8:00 di mattina e non avevano un letto e/o una brandina su cui farmi stendere) che appena possibile mi avrebbe visto un medico. Non passano più di 10 minuti che vengo visitato.
Dai primi accertamenti sembrerebbe una colica addominale e visto che una preliminare ecografia non evidenzia nulla di particolare, in attesa dei risultati degli esami, mi manda a fare una serie di accertamenti diagnostici specialistici (rx torace, diretta-addome, ecografia addominale ecc.). L’esito è sempre lo stesso, tutto negativo, ma visto che il dolore c’è nonostante gli antidolorifici il medico mi dice che devo rimanere in osservazione. Io, visto il sovraffollamento (e molta della gente che era lì, a mio parere, forse non aveva motivo di esserci) chiedo se posso andare a casa e il medico acconsente dandomi una terapia antidolorifica da fare a casa e raccomandandomi di tornare se il dolore non fosse passato. Pertanto, decido di andare a casa e cercare di riposare sperando che il dolore passasse.
La mattina seguente nulla era cambiato rispetto al giorno precedente e quindi decido di tornare nuovamente al PS. Le procedure sono le stesse del giorno precedente e anche l’esito degli esami svolti non desta preoccupazione, il medico che mi visita, avendo constatato che il dolore è localizzato alla parte bassa dell’addome, sospetta che il problema possa essere di natura muscolare Quindi vengo sottoposto ad un’altra ecografia, questa volta mirata all’osservazione della parete addominale, e la risposta è chiara: c’è una lesione di circa 2 cm al muscolo addominale obliquo destro, probabilmente procuratami durante una corsa fatta il sabato precedente, assolutamente compatibile con il dolore evidenziato. Avuta la diagnosi c’è poco da fare, mi viene impostata una nuova terapia antidolorifica, questa volta più forte e mirata e vengo rimandato a casa perché l’unica cura è il riposo assoluto in attesa che in un paio di settimane il muscolo si ripari da solo.
Trascorro una settimana ed il dolore non si attenua mai nonostante la massiccia terapia antidolorifica e con il passare dei giorni la situazione non sembrava migliorare affatto tanto che nella serata di Ferragosto, pervaso da un insolito freddo, decido mi misurarmi la temperatura ed il responso del termometro è tutt’altro che rassicurante segnando 40°C. Prendo una compressa di paracetamolo e vado a dormire ma la temperatura non scende mai sotto i 38°C e così la mattina seguente dopo aver sentito il mio medico curante mi reco nuovamente al PS per fare un tampone molecolare (in tempo di Covid se hai la febbre senza tampone non puoi andare da nessuna parte) per poter fare privatamente una nuova ecografia per vedere se la lesione aveva creato un accumulo di sangue che poteva essere causa dell’infezione.
Arrivato in “TVR” del PS di Grosseto vengo accolto con la solita gentilezza e professionalità e invece di fare solo il tampone come avrei voluto fare io, il personale presente ed in particolare il dott. Praticò, vedendomi visibilmente provato, decidono di farmi nuovamente tutti gli accertamenti del caso e così, appena avuta la negatività del tampone, vengo nuovamente inviato al PS dove, sebbene come le volte precedenti, il numero degli utenti è altissimo (forse troppo per le dimensioni della struttura ed il personale presente). L’esito degli esami questa volta è preoccupante. Non ho un valore a posto, sono tutti sballati, indice di una profonda e diffusa infezione di cui non si capisce però la causa. Vengo nuovamente inviato a fare una ecografia addominale e questa volta l’ecografista (un’altra rispetto ai precedenti), visibilmente contrariata dal fatto che ero li per la terza volta in una settimana, mi fa l’ennesima ecografia dicendo che non c’è nulla se non la milza leggermente ingrossata.
Per mia fortuna il dottor Germano non soddisfatto dell’esito della visita ecografica decide di approfondire la questione inviandomi a fare una TAC addominale con il mezzo di contrasto. La diagnosi del dottor Tribunella è a dir poco preoccupante e la successiva consulenza chirurgica non lascia alternative: bisogna andare subito in sala operatoria per capire di cosa si tratta.
Il passaggio dal PS al reparto di Chirurgia è immediato e dopo poche ore sono in sala operatoria dove l’equipe composta dai dottori Sirimarco, Salvischiani e Canegallo mi ha sottoposto ad una resezione ileo-ciecale con asportazione appendicolare, per risolvere la setticemia che mi stava facendo morire.
Adesso grazie alla professionalità e competenza del personale del PS, prima, e della Chirurgia (A), dopo, il peggio è passato e anche se la guarigione sarà lunga mi sento in dovere di raccontare questa mia storia personale a testimonianza della stima e gratitudine che provo per questi professionisti (medici, infermieri, oss e inservienti, perché tutti, nel loro ruolo sono importanti) che ogni giorno si dedicano anima e corpo per curare ed assistere noi pazienti che purtroppo poco apprezziamo il loro operato focalizzandoci solo sugli episodi “sgradevoli” e di inefficienza (che a volte ci sono) senza, invece, renderci conto che, nella quasi totalità dei casi, il loro impegno e professionalità ci alleviano tanti dolori e spesso ci salvano la vita.