GROSSETO – Se fosse un film sarebbe Kramer contro Kramer. O forse una poltrona per due. Nella sfida di queste amministrative 2021, a Grosseto c’è un derby, una sfida tutta casalinga, quella di due sorelle, entrambe schierate, ma… su fronti opposti.
La riva bianca la riva nera: sono Maria Claudia Rampiconi e Maria Cristina Rampiconi. La prima è candidata con il Pd, al fianco di Leonardo Culicchi, e la seconda con Fratelli d’Italia, con Antonfrancesco Vivarelli Colonna.
«A casa i nostri genitori ci hanno insegnato a non stare zitti» racconta Maria Claudia Rampiconi, 44 anni, editor di testi per videogiochi ed esperta di comunicazione. La sorella maggiore, Maria Cristina, di anni ne ha 53, ed è insegnate di scuola materna.
Una sfida insolita, e una scelta difficile, specie in famiglia. E allora conosciamo meglio le due sorelle Rampiconi.
«Sono sposata, madre di tre figli, insegnante, cattolica – racconta Maria Cristina Rampiconi parlando di se stessa -. Sono già responsabile del dipartimento della famiglia di Fratelli d’Italia e mi candido per il consiglio comunale alle prossime elezioni a Grosseto».
«“Con in testa la Famiglia”, è il mio motto. Mi impegnerò nella difesa dei più piccoli, dei più fragili, dei più grandi, ogni qual volta vada ribadita e difesa la Sacralità della Vita in ogni sua forma. Voglio guardare ad un proficuo rapporto tra la famiglia ed il mondo della scuola, per recuperare una vera e fattiva collaborazione tra le due agenzie educative più importanti per chi nasce, cresce, diventa un adulto, un futuro cittadino, portatore di valori cristiani, parte responsabile e attiva della nostra società».
«Sono sposata e ho due figli di 13 e 10 anni – racconta Maria Claudia Rampiconi -. Mi candido per il consiglio comunale di Grosseto alle prossime elezioni nella lista del Pd per essere non solo una quota rosa, ma per dire attivamente la mia su alcune questioni che reputo fondamentali per lo sviluppo di Grosseto: supporto all’occupazione (in particolare) femminile in una città in cui sembrano non esserci possibilità se non quelle offerte dalla vendita al dettaglio e dai servizi, supporto attivo alle fasce più deboli nello specifico gli anziani in un mondo in continua evoluzione, politiche sociali e aiuto alle famiglie con figli, impiego virtuoso della tecnologia, troppo spesso considerata un muro da superare invece che una preziosissima risorsa».
«Il tutto guidato da un denominatore comune: un utilizzo più opportuno, coerente e consapevole del linguaggio istituzionale e del modo in cui un’amministrazione deve rivolgersi al cittadino. Linguaggio, importantissimo veicolo di pensieri e azioni, che deve cambiare sia all’interno della città che nella sua immagine esterna, per ri-valutarsi e migliorare dopo anni in cui una certa sciatteria anche comunicativa l’ha fatta da padrona».
«Proprio per la mia formazione in ambito comunicativo, sono appassionata di linguaggio e tecnologia e credo fermamente che quest’ultima, ben spiegata e impiegata in tutti gli uffici pubblici, con una adeguata formazione/informazione a riguardo, possa migliorare la città intera e fornire notevoli possibilità di sviluppo per tutti» continua Maria Claudia Rampiconi.
«La tecnologia deve anche essere spiegata accuratamente e in modi accessibili alle persone che meno la conoscono per vari motivi, specie agli anziani che il più delle volte non hanno a disposizione un computer o una connessione a casa e si affidano ai propri figli o a conoscenti per risolvere piccoli problemi quotidiani o per effettuare pagamenti: il Comune deve essere la casa di tutti, e si devono creare degli sportelli dedicati e fissi per aiutare le persone meno alfabetizzate nella tecnologia a svolgere le pratiche burocratiche più comuni e ad attivare strumenti importanti come ad esempio lo SPID, la nuova identità digitale che serve per dialogare con la pubblica amministrazione».
«Infine, ma non da ultimo, il mio impegno vuole essere rivolto alle famiglie, specie quelle con bambini piccoli, per delle risposte concrete dal Comune a livello di servizi, penso ai centri estivi organizzati dal Comune e attivati in tutti gli altri comuni tranne che a Grosseto, penso a una programmazione di interventi più incisivi per supportare le famiglie dei lavoratori con figli piccoli. Penso a una offerta di sport davvero varia e non solo finalizzata alle competizioni agonistiche. Non da ultimo penso ai ragazzi di questa città: dopo due anni di pandemia in cui sono stati messi da parte come e più di altre categorie, bisogna cercare di ricostruire intorno a loro una città troppo vecchia, troppo immobile, troppo diversa da loro. Il mio motto è “A Grosseto si può fare!”: si può fare una politica diversa, si possono fare azioni diverse per una nuova idea di futuro».