GROSSETO – «Questa non è una lite tra donne» ci tengono a ribadirlo le consigliere della commissione pari opportunità della provincia che nei mesi scorsi hanno sollevato una questione in merito ad alcune offese che la consigliera provinciale Olga Ciaramella avrebbe rivolto loro. Per questo motivo sei consigliere avevano presentato un documento in consiglio provinciale per sollevare la questione, oltre al fatto che la consigliera Ciaramella avrebbe travalicato le competenze del proprio ruolo. Il fatto è noto, visto che il primo documento in tal senso risale a febbraio scorso, ma la vicenda si è trascinata per tutti questi mesi in attesa di un consiglio provinciale, rigorosamente a porte chiuse, che si è svolto ieri e a cui però è stata invitata a partecipare solo la presidente della Commissione stessa, Cinzia Gravina.
«L’incontro di ieri non è stato però soddisfacente visto che, per come erano stato strutturato, di fatto, non avrei potuto dire nulla, né i consiglieri potevano fare domande». Nella convocazione del consiglio, a porte chiuse, era infatti specificato che “Non sarebbe stata consentita nell’ambito dell’audizione ai Consiglieri formulare domande dirette all’invitata. Il presidente della Provincia potrà anche su richiesta dei singoli consiglieri chiedere un approfondimento delle libere dichiarazioni rilasciate dalla suddetta presidente nel corso dell’audizione”».
La presidente si è dunque limitata a leggere un documento in cui si ricordava come fosse già stato presentato «un documento dettagliato contenente una formale presa di posizione riguardo ad una serie di comportamenti assunti dalla consigliera provinciale nell’ambito delle sue funzioni di delega alle Pari opportunità. La richiesta, più volte sollecitata, a distanza di 5 mesi è stata solo parzialmente accolta».
Gravina ricorda poi «le rigide prescrizioni poste dal presidente della Provincia per lo svolgimento della riunione. Prescrizioni che rendono inutile la mia presenza in questa sede. L’imposizione di regole così rigide e lesive del principio democratico se da un lato mortifica i poteri e le facoltà di questo organo collegiale (oltre che di noi firmatarie), dall’altro offre senz’altro la misura della portata e della rilevanza che evidentemente il presidente della Provincia riserva al contenuto del documento. Il documento riporta una serie di fatti e circostanze che nella sostanza e in concreto sollevano una sola questione: la consigliera provinciale con delega alle pari opportunità Olga Ciaramella ha agito e svolto le proprie funzioni nel rispetto della delega conferitale con decreto del Presidente della Provincia? Oppure vi è stato da parte della Consigliera un esercizio delle funzioni difforme ed eccedente i poteri conferiti? Questo è la questione. Il riscontro di questi verbali con i poteri di delega a suo tempo conferiti evidenzia ineluttabilmente il costante e continuo esercizio da parte della Consigliera Ciaramella di poteri e funzioni che la delega non le attribuisce».
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«La delega – afferma Laura Cutini – non da poteri particolari, né attribuisce compiti specifici differenti da quelli delle altre consigliere. E invece la commissione non riusciva a lavorare in autonomia, tanto che il lavoro si è ingessato e non c’era più possibilità di azione. Passavamo le riunioni a “correggere” i verbali delle riunioni precedenti».
«Abbiamo ravvisato un eccesso di ruolo, un comportamento improprio, e abbiamo chiesto al presidente della provincia (unico soggetto titolato ad avere rapporti con la commissione) che questa delega passasse al presidente stesso perché le fratture non erano più sanabili visto che eravamo arrivati anche a comportamenti verbali non consoni ad una rappresentante istituzionale, Ci spiace che tale messaggio non sia stato compreso».
«Misere donne, così siamo state appellate, tra le altre cose – afferma un’altra componente la commissione Giovanna Casolaro -, un linguaggio che evidenzia la mancanza di rispetto anche per il ruolo svolto. Io ero parte anche dellaprecedente commissione ma non c’erano mai state ingerenze».
La ex presidente Lucia Morucci parla, anche nei suoi confronti, di «Un’azione politica volta a togliermi il mio ruolo fino a farmi dimettere. Questo ha creato ulteriore scompiglio, ma le nostre legittime richieste di riportare l’ordine sono state lette come un battibecco tra donne, tanto che c’è chi ci ha definito “oche”».
«Il nostro era un richiamo a ricondurre tutte le funzioni della commissione alla legalità e al rigore – le fa eco Silvia Muratori – la consigliera di parità aveva un esercizio difforme rispetto a quanto era chiamata a svolgere. Mettendo in difficoltà l’attività della commissione. Ogni cosa doveva passare attraverso lei. Ogni documento voleva essere lei a presentarlo».
«Abbiamo chiesto che le venisse revocata la delega. E anche le dimissioni» continua la presidente Gravina. E poi prosegue «Ad un certo punto ci era stato chiesto di appoggiare i progetti de “La Maremma a fianco delle donne” ma non ci è stato presentato alcun progetto da votare, dovevamo farlo sulla fiducia».
«Alla fine la maremma a fianco delle donne è diventata una sorta di commissione pari opportunità ombra, dove la consigliera Ciaramella poteva muoversi così come non poteva fare nella commissione ufficiale» afferma Muratori.
Le consigliere in totale sono 23 (vi confluiscono rappresentanti delle commissioni pari opportunità dei vari comuni) in sei hanno firmato il documento «delle altre qualcuna ha preferito non schierarsi».
«Faccio parte della commissione dell’Argentario – conclude Maria Falchi – quando sono arrivata non conoscevo nessuno, la cosa che mi colpì subito fu la tensione che c’era a queste riunioni, tanto che non si riusciva a lavorare. Mi sono sentita in dovere di dire basta».