CASTIGLIONE DELLA PESCAIA – La rubrica “Ve lo racconto io Castiglione”, curata da Maurilio Bartolini ci racconta «tre luoghi iconici di Castiglione della Pescaia: il Pussycat, il Miramare e Ciro.
PUSSYCAT
L’appuntamento del sabato sera era dalla “Padrona”in discoteca. Non una discoteca qualunque ma al Pussycat, La Discoteca. Il ritrovo che ha costituito per molti l’essenza dei sabato sera prima ancora che Tony Manero portasse al successo la famosa “febbre”.
Era un rito collettivo che coinvolgeva oltre ai casiglionesi anche alcuni di grossetani e follonichesi. In quel periodo non c’era ancora l’usanza di andare a ballare dopo mezzanotte, anzi, poco dopo mezzanotte alcuni, e sopratutto alcune, se ne tornavano a casa; ma comunque si tentava di non arrivare per primi per non fare figurette. Che fossero giovanotti o fanciulle li si vedeva aggirarsi con aria circospetta lungo la fiumara, intrisa di odori e di rumori di sartie sbattute sugli alberi delle barche a vela, attenti ad osservare se qualcuno si avvicinasse al portone di ingresso. Poi finalmente arrivava il momento giusto per entrare e… ambiente quasi buio, abat-jour sui tavolinetti, musica, come si direbbe oggi, a palla, e via alla festa.
I ragazzi con camicie slacciate nei primi tre bottoni e “patchouli” o “eau sauvage”, a seconda del periodo, versati addosso come fossero stati acqua sotto la doccia, e ragazze con pantaloni aderentissimi o gonne microscopiche, profumate con profumi di Dior e con capelli cortissimi o lunghissimi ma comunque ben acconciati per dare risalto alle loro bellezze.
Intorno al bancone del bar interno “i vitelloni” che attendevano le “prede” e che con occhiate che sembravano accarezzare le fanciulle si atteggiavano con il bicchiere in mano fatto dondolare in modo che il ghiaccio producesse un tintinnio da richiamo. E poi la musica del periodo, ritmata con ondeggiamenti del bacino quasi a scandire il tempo.
Poi improvvisamente qualcuno si azzardava a varcare il limite della pista da ballo, lucida come fosse d’acciaio inossidabile, e via tutti a ballare, muovendosi e mimando con le labbra le parole delle canzoni che il Canini passava sapientemente sui piatti della consolle mentre Roberto shakerava l’ennesimo cocktail. Cominciava così il sabato sera al Pussycat.
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CIRO
Arrivavamo in piazza ed era una botta di vita. Auto e sopratutto moto di ogni genere. Era il punto di ritrovo della gioventù di quel periodo. I gestori avevano in qualche modo attirato presso quel bar sia villeggianti veri e propri sia i paesani che i grossetani.
D’estate potevi ammirare le Triumph Spitfire, i GT Junior “scalino”, le Fulvia coupè, le Mini… e moto Morini, Ducati ed ogni altro tipo di moto che possa venire in mente: tutte in bella mostra. Tutte parcheggiate nella piazza dove nel mezzo troneggiava un albero. I ragazzi stavano nei pressi dei loro mezzi a sorseggiare una bibita e si pavoneggiavano. Le ragazze parlottavano e commentavano apprezzando tizio oppure caio. Loro sfoggiavano le ultime novità in fatto di vestiti, cappelli e collane mentre i ragazzi mettevano in mostra i pettorali indossando attillatissime Lacoste con gli ultimi colori. Il coccodrillo era la divisa d’ordinanza.
Un brulichio di giovani verso le sei del pomeriggio. Andare da Ciro era alla moda era quasi come indossare l’ultima novità in fatto di vestiti. Forte era il desiderio di esserci. Potevi sentire gli aromi dei profumi del momento Patchouli, Dior, Gucci e altre fragranze che impreziosivano le mise delle ragazze leggermente abbronzate con le labbra colorate e lucide di creme.
Poi i ragazzi più gettonati del momento gestivano la loro immagine con pose statuarie volte comunque solo ad attirare l’attenzione della “bella” del momento che a volte proprio così bella non era… Poi senza che nessuno dicesse niente, all’improvviso tutti si mettevano a bordo di auto e moto e con un rombo infernale la piazza si svuotava formando uno sciame come d’api.
Se volessimo riportare ad oggi la situazione basta immaginarsi l’ora dell’aperitivo nel locale che al momento è più alla moda. Ma l’atmosfera era molto diversa. Non si faceva “l’aperitivo” per sorseggiare birre o alcolici ma solo per conquistare le ragazze. Non era importante bere cedrata o chinotto, ma era fondamentale attirare l’attenzione.
Poi tutti a cena per ritornare nello stesso posto verso le nove e riprendere corteggiamenti e chiacchiere interrotte solo due ore prima. Ciro era gestito dalla famiglia Bellini. Ricordo Pietro e suo fratello alternarsi alla cassa. Le mogli dietro il bancone sempre sorridenti e accoglienti. “Potrei avere una cedrata?” “Come la vuoi al bicchiere o con la cannuccia” rispondeva garbata la signora. “Grazie con la cannuccia”. E decine di bottigliette di bibite passavano di mano in mano nella piazza affollatissima.
Intorno a mezzanotte riprendeva lo “sciamare” e la piazza si svuotava di nuovo. Ma nel frattempo erano nati nuovi amori e nuove passioni. Era semplicemente “Ciro degli anni 70”.
MIRAMARE
L’eccitazione era partita a Firenze proprio quando Anna era andata in centro a cercare il vestito adatto per il Capodanno. Finalmente trovato dopo una breve ricerca. Ma quando eravamo già a Castiglione e mi si presentò tutta agghindata con quel vestitino nero cominciai a fribrillare… La serata la avremmo passata al Miramare.
La domanda era “quale sorpresa ci avrà riservato Enrica?”. La bravura di Enrica nell’organizzare feste e cerimonie era nota, come pure la sua “acqua cotta” degna di una poesia, ma io non avevo mai partecipato ad una festa di Capodanno da lei organizzata. Mi aspettavo molto ma ottenni ancora di più di quanto mi aspettassi.
Arrivammo all’orario e ci raccomandammo con Gloria “non far ingrullire i nonni”. Noi Gloria non la lasciavamo mai, anche perché non avevamo una gran vita sociale, poi a Firenze eravamo praticamente soli e quindi… sempre con noi. Era comunque una bambina molto buona e si adattava ad ogni situazione. Per Capodanno però, dietro rilascio di assicurazioni di magnifici regali per la befana e sopratutto della compagnia in casa del cugino Jacopo ci lasciò andare.
Appena arrivati al Miramare dalla parte di via Vittorio Veneto cominciammo a vedere gli addobbi degni di una festa principesca. Ma la meraviglia divenne quasi incredulità quando ci apparve come per incanto il meraviglioso buffet. Non esagero dicendo che era un buffet da favola e non solo per i sapori ma anche per la presentazione.
Una palude con gli scampi innamorati, una distesa di neve con i pinguini che sciavano fatti con uova sode, un salice piangente fatto di prosciutto con i fichi posati sopra come fossero uccelli, una composizione di capesante e altre conchiglie che simulavano il mare in tempesta, una forma di parmigiano tagliata a forma di montagna coni i topolini di scamorza che la scalavano. E poi tartine e verdure di ogni genere presentate in maniera splendida.
Poi a tavola apparve la Chef, Enrica appunto, vestita con un cappello da cuoca, mentre ci veniva servito un risotto ai frutti di bosco, a controllare che tutto fosse a posto. Seguì un maialino al forno contornato di patatine e per finire la torta dentro una mega Conchiglia con i bignè a forma di cigni. Per così dire “quando la realtà supera la fantasia”. I nostri sguardi compiaciuti si incrociavano con quelli di altri paesani e della gente venuta da fuori in un tripudio di soddisfazione. Un serata da favola continuata poi con musica e danze, insomma un Capodanno da ricordare.
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