CASTIGLIONE DELLA PESCAIA – Arrivavamo trafelati, sudati, esausti in cima alla salita che dal Pozzetto subito dopo la Chiesina portava al prato. Una salita che d’estate riusciva a sfiancare anche noi giovani tanto era ripida.
In cima, ad accoglierci, una distesa di ghiaia tra i ciuffi d’erba, qualche albero e delle agave testimoni di promesse d’amore con le loro incisioni ed un chioschetto ristoratore ricoperto di edera rampicante e di vite americana. Un bar semplice dove si vendevano bibite, granite e gelati.
Come arredamento esterno alcune sedie di alluminio, i tavoli traballanti, tondi, dello stesso materiale, con sopra appoggiati i posacenere réclame dello Stock 84 o della Strega.
Seduti guardando davanti vedevamo la torretta delle mura, a destra la porta del mare e in alto le stelle, vicine come a toccarle. Ci sedevamo aggiustandoci la sedia sulla ghiaia; Anna adorava la gassosa, ne prendevamo una in due perché di più non potevamo permettercelo, e nel mese di agosto aspettavamo le stelle cadenti con il viso in su, mano nella mano. Ogni stella un desiderio, sempre il solito quando si è innamorati a quell’età.
Era un osservatorio eccezionale, perché poco illuminato, e questo oltre a renderlo molto romantico e quindi di grande aiuto per le coccole o per le conquiste, permetteva la visione della volta celeste senza le distorsioni provocate dai lampioni e dalle altre luci. Quel magico posto io e Anna lo chiamavamo il prato con il chiosco nelle stelle, la magia era nell’insieme.
Quante ragazze e ragazzi si sono dichiarati in quel posto; quanti baci sotto quel cielo! Era un brulichio di coppiette in cerca di un angolo romantico adatto a scambiarsi promesse. Arrivavamo mano nella mano per testimoniare a noi e al mondo il desiderio di stare insieme e a nulla potevano valere le occhiate severe delle comari sedute nelle sedie davanti ai portoni di casa, rigorosamente zitelle, che facevano intuire il dispiacere per non aver potuto assaporare o non aver potuto continuare ad assaporare quei momenti di adrenalina collettiva. La gioia di generazioni di giovani innamorati.
Il ritorno da quel luogo incantato era attraverso la porta che ci incanalava nella discesa che costeggiava le mura dall’esterno. E giù fino al cinema all’aperto per poi sbucare in piazza, quasi all’altezza di via Celso Camaiori. Si sbucava in una marea di gente che passeggiava lungo il corso. Le signore ben vestite, gli uomini con il dorso coperto e i giovani agghindati al meglio.
Un po’ diverso dal baccano un po’ scriteriato dei giorni d’oggi. Ma d’altronde, allora venivamo giù dal chiosco nelle stelle!
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