GROSSETO – “Mettere in discussione i dati della Asl, soggetto che da sempre ha cercato con impegno e fatica di fare il bene degli allevatori, e che è oltretutto l’unico preposto per la valutazione e la raccolta di informazioni sulle predazioni, è veramente assurdo. E ancora più senza senso è cercare di screditare quegli stessi allevatori che si dice di voler tutelare”. Questo il commento di Francesca Barzagli, presidente di DifesAttiva, alle obiezioni mosse a mezzo stampa da Mirella Pastorelli, presidente del Comitato pastori d’Italia.
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“Affermare che ci sia tanto ‘sommerso’ – prosegue -, ovvero che esistano dei capi predati non denunciati, significa implicitamente accusare gli allevatori di violare la legge. Denunciare i capi predati, infatti, è un obbligo a cui ogni allevatore di buon senso sa che deve sottostare, proprio per la tutela della sua attività e delle sue greggi.
Gli allevatori del nostro territorio rispettano le norme e non sono certo tra coloro che infrangono le regole come si vorrebbe far intendere. Anzi, sono imprenditori che hanno bisogno di aiuto, che rispettano il territorio e che sostengono ingenti investimenti ogni volta che sperimentano un modo per proteggere i propri capi di bestiame.
Dispiace vedere che invece di fare gruppo, nell’interesse di tutti gli allevatori del territorio, si continui a criticare e spendere parole negative, persino sui dati raccolti da un ente come l’Asl. Il nostro obiettivo è quello di capire la reale situazione delle aziende zootecniche, partendo proprio da quelle associate a DifesAttiva, per cercare di individuare insieme strumenti per tutelarci e proprio per questo ci siamo limitati ad analizzare i dati ufficiali, per riflettere su fatti concreti e non su critiche e parole inconsistenti.
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DifesAttiva nasce proprio per dare un supporto e suggerimenti concreti agli allevatori, rimboccandosi le maniche, avviando procedure complesse e onerose. Riflettere sulle proprie forze e il proprio impegno permette anche di poter fornire gli elementi giusti alle amministrazioni, a tutti i livelli, per valutare possibili interventi gestionali. E’ chiaro ed evidente, come abbiamo sempre detto, che non c’è un’unica e definitiva soluzione, ma solo un duro lavoro, che le aziende hanno condotto per proteggere il proprio bestiame.
La possibilità di ridurre gli attacchi predatori o il numero di capi predati è stato frutto di un impegno che va avanti da anni e che ha, in alcuni casi, richiesto la necessità di un affiancamento tecnico preciso e puntuale per poter usare correttamente cani da protezione del bestiame e ricoveri notturni”, conclude la presidente Barzagli.