GROSSETO – Cinquant’anni di sacerdozio. Mezzo secolo di vita speso nell’esercizio quotidiano del ministero, soprattutto tra i sofferenti, gli ammalati, i moribondi. È quanto si appresta a festeggiare padre Amedeo Ferretti, frate minore cappuccino, che questa domenica 18 aprile celebra, appunto, le sue “nozze d’oro” con Cristo e la sua Chiesa.
Padre Amedeo è una figura molto popolare e benvoluta in Maremma, ben oltre i soli confini della diocesi di Grosseto. Dal 1989, infatti, svolge il delicato servizio di cappellano all’ospedale Misericordia, che essendo ormai da anni il presidio di riferimento per tutta la provincia, gli ha permesso di incontrare tante persone, ammalati e loro familiari, provenienti da varie zone della Maremma, familiarizzando con loro, raccogliendone preoccupazioni, angosce, confidenze, portando loro la comunione e, insieme, una parola di conforto e di incoraggiamento fraterno, con quell’aria sempre bonaria che lo caratterizza.
I frati cappuccini della Toscana svolgono il servizio di cappellani al Misericordia dalla metà degli anni ’70. Nel 1989 arrivò qui padre Amedeo: aveva 45 anni. Nel corso di questi 32 anni è stato affiancato da vari confratelli, che poi sono stati, via via, destinati ad altri luoghi o servizi, mentre lui (“Meo”, come confidenzialmente molti lo chiamano) è rimasto al suo posto, come punto di riferimento, continuità nel tratto peregrinante della vita dei religiosi francescani. E in 32 anni ha avuto modo di conoscere e farsi conoscere, avvicinare, come detto, degenti, ma anche il personale sanitario. E questa sua prossimità lo ha reso benvoluto a tanti, cercato, chiamato. E padre Amedeo non ha orario. Se si eccettua la pausa del pranzo e della cena, quando raggiunge i suoi confratelli nella parrocchia di Santa Lucia, per il resto della giornata la sua casa è l’ospedale e l’ospedale è la sua casa. Cura in modo attento la cappella, visita i reparti a lui assegnati, informa i parroci su ricoveri di persone delle rispettive parrocchie, tiene le fila, insomma, fra dentro e fuori, rappresentando il volto di una Chiesa che si china sulla malattia e se ne fa carico.
Venne ordinato sacerdote il 18 aprile 1971 a Castelnuovo dell’Abate (Siena), suo paese di origine. Il ministero tra i malati è stato il tratto distintivo di tutti questi 50 anni. I suoi superiori lo hanno, infatti, fin da subito destinato a questo tipo di missione, oggi meno diffusa di un tempo per il venir meno di vocazioni, ma che fino a non molti anni fa vedeva i cappuccini presenti nella gran parte degli ospedali toscani. Iniziò dall’ospedale di Empoli, novello sacerdote, poi nel 1972 i superiori lo inviarono all’ospedale di Cisanello, a Pisa, dove è rimasto fino al 1989, quando fu mandato a Grosseto dove è rimasto. La sua giornata inizia prestissimo: sveglia alle 5.30, preghiera, poi una breve colazione e alle 8 inizia il giro nei vari reparti.
“Auguri a padre Amedeo, nella gratitudine per il suo impegno che non conosce soste e nella preghiera perché continui a lasciarsi condurre e a fare della sua presenza tra i malati il suo modo di servire Cristo povero”, dice il vescovo Rodolfo, che domenica alle 16.30 celebrerà la Messa nella cappella dell’ospedale di Grosseto con padre Amedeo.