FOLLONICA – “La grande sconfitta della vicenda gessi rossi (che comunque avrà degli sconfitti veri) sarà la politica e le istituzioni che dai politici sono formate”. Lo scrive, in una nota, Marco Stefanini dell’associazione La duna.
“Sono più di 40 anni che esiste lo stabilimento per la produzione del biossido di titanio – prosegue – e in tutti questi anni i segnali di un problema di sostenibilità della gestione dei rifiuti della produzione ci sono sempre stati. Si cominciò con i famigerati fanghi rossi, che venivano caricati su navi e scaricati a mare tra Elba e Corsica. Ci volle la decisione dei corsi per farli cessare.
Finiti questi, si cominciò, negli anni ’80, con lo stoccaggio a pie’ di fabbrica, decine e decine di ettari della piana di Scarlino occupati da altipiani di gessi rossi ricoperti da uno strato di terra che ne avrebbe dovuto facilitare il rinverdimento. Quando poi si capì che la piana di Scarlino non era infinita, si inventò il recupero di Montioni, ex cava di quarzite con all’interno già la discarica delle ceneri dell’inceneritore di Valpiana. Più di 20 anni di conferimenti, milioni di tonnellate, una montagna di gessi rossi alta 200 metri nel cuore del parco di Montioni. Finita, se Dio vuole, anche questa.
Oggi si cercano nuovi siti, la Vallina, la cava della Bartolina, Pietratonda, perché la fame di spazi per i gessi è infinita, perché per una tonnellata di biossido di titanio abbiamo in cambio sette tonnellate di rifiuti, che sono una montagna.
Cosa dovevano fare istituzioni degne di questo nome? Di sicuro, nell’immediato, concedere la possibilità di scaricare per garantire produzione e lavoro, ma nello stesso tempo indicare con forza e controllare a scadenze fisse ed inderogabili la modifica di un processo produttivo così invasivo.
Invece no, auspici scritti su accordi di programma, attesa di impianti che poi non sembrano assolutamente servire alla cospicua riduzione del rifiuto, mercati che nonostante gli annunci non sembrano voler ricevere molto gessi (fertilizzanti e cementifici). E i gessi continuano ad aver bisogno di spazi. E la gente non si fida. Facendo bene, perché dopo quello che è venuto fuori dopo la chiusura delle miniere, territori e falde inquinate, pozzi artesiani che ribollivano di arsenico, miniere riempite di rifiuti, colline di ceneri di pirite, strade di campagna “asfaltate” sempre con le ceneri e altro, ci dovremmo ancora fidare a scatola chiusa?
Oggi, come tante, troppe occasioni, siamo alle porte con i sassi. L’occupazione e il lavoro sono in pericolo perché gli ambientalisti e qualche ufficio o ente troppo pignolo hanno dubbi e si oppongono. Come al solito il popolo paga: dovrà pagare per l’incapacità di chi è pagato per governare e, invece che riuscire o tentare di gestire gli eventi da essi, si fa travolgere.
Come finirà? Ve lo dico io, i gessi continueranno ad essere stoccati, se non sarà Pietratonda sarà la Bartolina o allargheranno Montioni o alzeranno ancora nella piana di Scarlino. Perché è sempre stato così e sempre sarà: l’incapacità a governare e a spiegare è cosa diffusa ma “inaccettabile”. Eppure di questo si tratta. Tioxide, Huntsman, Venator fanno il loro lavoro. Sono quelli che amministrano o dovrebbero amministrare che non lo fanno.
In tutto questo si inserisce il documento di Venator agli azionisti, un grido d’allarme tardivo su un epilogo che sembra scontato con la riclassificazione dei gessi rossi e l’impossibilità di continuare il modus operandi attuale.
Un consiglio a tutti, opinionisti e politici: andate a vedere Montioni e la piana di Scarlino. E poi ne parliamo”, conclude Stefanini.