GROSSETO – “Sembra di essere di nuovo al punto di partenza: la scuola è sempre il primo bene sacrificabile per contenere la diffusione del contagio, pure in mancanza di dati sul suo ruolo specifico nella riproduzione e diffusione del virus”, scrivono, in una nota, i Cobas Grosseto.
“E’ la logica dell’emergenza infinita che continua a produrre interventi improvvisati e contraddittori in un gioco delle parti tra governo centrale, presidenti regionali e ora anche sindaci – proseguono i comitati -. Si chiudono le scuole di ogni ordine e grado per mantenere
aperte le attività economiche: da un lato si dice che la situazione è molto grave e bisogna intervenire subito chiudendo un “servizio essenziale” come la scuola, dall’altro si dice che la situazione non è cosi grave e si possono tenere aperte le attività commerciali e produttive. Salvo lockdown generalizzati a tutte le attività, va garantita la scuola in presenza almeno al 50% alle superiori e totale negli altri ordini di scuola.
Così anche il sindaco di Follonica, senza fornire i numeri sull’andamento epidemiologico che attestino il ruolo delle scuole nella riproduzione e diffusione del virus, ha deciso di chiudere tutte le attività scolastiche.
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A lui e agli altri amministratori che volessero seguirlo chiediamo di fornire i numeri che dimostrerebbero la responsabilità della scuola
nella pandemia. Nel qual caso potremmo anche concordare con le chiusure. Ma ogni numero deve tenere conto anche dei danni inferti ai giovani, sui quali tutti gli studi e gli esperti concordano.
Giovani ragazze e ragazzi nell’ultimo anno hanno perso globalmente decine di milioni di ore di lezione; hanno visto trasformate le relazioni di formazione con i docenti in lezioni a distanza che, per circa un quinto dei casi, non sono state pienamente fruibili; hanno interrotto i contatti con i propri coetanei, amici, amori; hanno perso un luogo di riferimento e protezione. I livelli di rendimento dei più svantaggiati sono peggiorati di più rispetto a quelli dei compagni meno svantaggiati con un aumento della divaricazione sociale. Sono aumentati gli abusi sui minori e i casi di maltrattamento in casa. Sono aumentati i casi di malessere psicologico: ansia, disturbi del sonno, regressione, comportamenti a rischio.
Solo per la perdita di apprendimento, i ragazzi e le ragazze italiani che oggi frequentano le superiori avranno in media uno stipendio inferiore del 3,3% rispetto agli altri, per tutta la durata della loro vita lavorativa; l’effetto sarà peggiore per chi vive in un contesto socio-economico svantaggiato.
A questo sono da aggiungere i danni psicofisici di breve, medio e lungo periodo che creeranno un divario educativo e di salute con i loro coetanei degli altri Paesi europei che hanno tutti tenuto aperte le scuole più dell’Italia. La situazione è già gravissima e ogni ora di chiusura in più aumenta i danni già prodotti.
La scuola in presenza con le misure di distanziamento e protezione non è un driver dell’infezione, come ha recentemente ribadito il Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (Ecdc) che conclude: “Chiudere le scuole non è un modo efficace per combattere l’epidemia”.
E anche l’Istituto Superiore di Sanità, nel suo rapporto su scuola e pandemia, conferma che “Allo stato attuale delle conoscenze le scuole sembrano essere ambienti relativamente sicuri, purché si continui ad adottare una serie di precauzioni ormai consolidate quali indossare la mascherina, lavarsi le mani, ventilare le aule, e si ritiene che il loro ruolo nell’accelerare la trasmissione del coronavirus in Europa sia limitato”.
Si chiudono le scuole mentre assistiamo ai tagli nella medicina territoriale (a causa anche della mancata sostituzione dei medici di base che vanno in pensione), mentre assistiamo alle notevoli difficoltà di tracciamento puntuale dei casi positivi (anche a causa dell’insufficiente numero di personale sanitario addetto), mentre assistiamo, in generale, ai tagli nei servizi sanitari, mentre abbiamo assistito ad un ritardo abissale del potenziamento del trasporto scolastico, per la scuola tre obiettivi strutturali sono oggi possibili, grazie al Recovery Plan, ma anche improrogabili:
1) ridurre a 20 il numero massimo di alunni per classe e a 15 in presenza di alunni diversamente abili;
2) garantire la continuità didattica e la sicurezza, assumendo con concorsi per soli titoli i docenti con 3 anni
scolastici di servizio e gli Ata con 24 mesi;
3) intervenire massicciamente nell’edilizia scolastica per avere spazi idonei ad una scuola in presenza e in
sicurezza.
Evitiamo di continuare a lanciare il messaggio: “Scuola, non servi a niente, firmato: il tuo sindaco”. Per questo invitiamo le famiglie, gli studenti, i cittadini e il personale scolastico a partecipare allo sciopero generale della scuola del 26 marzo, con manifestazione a Grosseto.
All’ultimo momento si apprende che anche il sindaco di Grosseto ha deciso di chiudere il Manetti-Porciatti. Sul sito del Comune non vi è traccia dell’ordinanza”.