GROSSETO – Fare in modo che l’8 marzo sia un’occasione per riflettere sui temi legati all’universo femminile, sulle piccole e grandi conquiste sociali e politiche legate alle pari opportunità e sui prossimi passi da fare per colmare gap e discriminazioni ancora esistenti. È l’invito che fanno i coordinamenti donne delle unioni sindacali Cgil, Cisl e Uil.
«L’8 marzo non è un giorno di testimonianza astratta – si legge in una nota condivisa delle tre organizzazioni sindacali – ma un momento d’impegno concreto per ottenere politiche di genere all’altezza dei tempi. Una giornata impropriamente chiamata “Festa della donna”, mettendo in secondo piano le odierne disparità di trattamento sul lavoro e il doppio lavoro, di cura e di ruolo professionale, che ancora le donne devono subire. Dopo che per secoli si sono dovute battere per qualsiasi cosa, anche la più semplice, solo per il fatto di essere nate donne. Lavoratrici, mamme, mogli, sorelle e amiche. Ruoli che alle donne sono imposti in contemporanea, senza possibilità di deroga come succede regolarmente agli uomini.
In una società prevalentemente maschile, l’unico modo per incanalare questa molteplicità di sfumature è non legittimarle. Per questo – secondo le donne di Cgil, Cisl e Uil – occorre riflettere, oggi più che in altri momenti storici, e partire da questa data simbolica per promuovere il cambiamento. Nel difficile momento storico condizionato dall’emergenza sanitaria, la vita lavorativa, familiare e affettiva delle donne si è andato complicando ulteriormente, rischiando di tornare indietro di decenni e vanificare sacrifici e lotte.
La pandemia ha ampliato la forbice delle disuguaglianze economiche e sociali, senza distinzione di età e area geografica, rendendo le donne le principali vittime sia nel mondo del lavoro che in casa. Perché la chiusura delle scuole, con l’onere della didattica a distanza e dell’assistenza agli anziani e alle persone con disabilità, ha caricato le donne che hanno lavorato in “smartworking”.
Costrette in casa per riuscire a svolgere contemporaneamente il ruolo lavorativo e l’accudimento familiare. Ma coloro che non hanno potuto usufruire di questo strumento emergenziale, come hanno vissuto questo periodo? Alcune hanno dovuto scegliere tra il lavoro o i figli, altre hanno provato a ricorrere al part time o a altre forme di lavoro precario.
Ed è così, quindi, che gli effetti della pandemia stanno ancora minando l’autonomia economica delle donne, le loro aspirazioni professionali e la loro libertà, che si scontrano quotidianamente con gli stereotipi di genere su cui la nostra società è costruita. Sono quindi fondamentali ed urgenti politiche attive mirate al potenziamento e alla salvaguardia dell’occupazione femminile, unico strumento efficace che può aiutare le donne nel loro percorso di autonomia.
Politiche che consentano il superamento della segregazione orizzontale (causa di retribuzioni più basse) nel mondo del lavoro che favoriscano la crescita professionale delle donne, salvaguardando il benessere delle stesse. Lavorando quindi sulla contrattazione di genere per modificare l’impostazione stereotipata che riconosce come prioritario il ruolo lavorativo degli uomini. La conciliazione dei tempi di vita e lavoro non può essere solo un appannaggio femminile, e non si può continuare a considerare un costo maggiore quello di essere madri. Dal momento che le politiche di conciliazione attengono alle responsabilità genitoriali, e comportano un’equa distribuzione dei carichi e lo smantellamento degli stereotipi.
Non dobbiamo, inoltre, dimenticare – aggiungono – l’aumento di casi di violenza domestica che solo nei primi tre mesi del lockdown è stato di circa il 20%. Per questo la “giornata internazionale delle donne” è un simbolo associato all’8 marzo, ma ha senso solo se rappresenta un’emancipazione reale che si declina nella società dal primo gennaio al 31 dicembre. Non scordando mai che discriminazioni, disuguaglianze e violenza non sono solo un fenomeno del mondo occidentale. “Fornite alle donne occasioni adeguate e le donne potranno fare di tutto”, diceva Oscar Wilde».