GROSSETO – I lavoratori addetti al servizio di presidio e pronto intervento idraulico, di piena e di polizia idraulica proclamano uno sciopero per la intera giornata dell’11 marzo e comunicano inoltre la loro indisponibilità a svolgere qualsiasi prestazione richiesta fuori dall’orario di lavoro e fuori dal servizio di reperibilità già programmato e nei limiti contrattuali, a partire dal 10 marzo e per i successivi 30 giorni.
Lo stato di agitazione era stato proclamato dalla RSU lo scorso 25 settembre e riattivato il 7 gennaio dopo essere stato sospeso dopo l’incontro di conciliazione e raffreddamento tenutosi in Prefettura il successivo 6 ottobre.
A distanza di cinque anni dalla riassunzione, da parte della Regione Toscana, delle funzioni relative alla gestione diretta della difesa del suolo, e di soli tre dalle parole con cui l’ex presidente Rossi, all’indomani della tragica alluvione di Livorno, annunciava un potenziamento della Polizia idraulica, la neo insediata giunta Giani dà l’affondo a questo storico servizio che si è sempre occupato di sorvegliare costantemente l’integrità e l’efficienza delle opere idrauliche nonché di gestirle in tempo di piena perlustrando gli argini, manovrando le opere di regolazione, eseguendo e coordinando ogni operazione necessaria e urgente.
“Intendiamo creare una Polizia idraulica perché ci siamo accorti che là dove siamo intervenuti, già ci sono stati nuovi abusi. Il controllo assiduo e costante induce al rispetto delle norme di convivenza civile. Faremo un progetto ed assumeremo pertanto dei giovani che saranno appositamente formati.” aveva annunciato Rossi, lasciando sperare grandi investimenti sul personale idraulico che, dalle oltre centoventi unità che erano nel 1985, si è invece drasticamente ridotto alle quaranta attuali senza che l’amministrazione vi abbia posto rimedio.
Fino agli anni settanta erano stati i vecchi uffici del Genio Civile statale a svolgere questo servizio, ma col decentramento amministrativo avviato negli anni ’70 le redini sono passate attraverso più enti per essere infine prese in mano totalmente dalla Regione nel 2016. Un servizio regolato da norme statali di antica origine, in particolare da un regio decreto del 1937 poi recepito nell’ordinamento della repubblica e applicato finora, che, caso forse unico in Italia, la Regione Toscana oggi disapplica “a modo suo” senza però aver ancora definito nuove regole e dopo avere negato da tempo anche le funzioni di polizia giudiziaria che quel decreto ha sempre assegnato al personale idraulico.
Ai primi di novembre, soltanto una settimana dopo l’insediamento della nuova giunta, una delibera sancisce senza mezzi termini la non-strumentalità dei caselli idraulici adibiti ad uso residenziale/abitativo, quegli immobili cioè che consentivano all’amministrazione di poter contare di presidi fissi sul territorio con proprio personale che, vivendo in loco, maturava una capillare conoscenza dei luoghi e delle risorse tecniche e umane che quel territorio poteva offrire, potendo così far fronte alle emergenze in tempo utile ad evitare disastri.
Una decisione fondata su motivi opinabili e non aderente alle direttive della protezione civile statale, ma soprattutto assunta, incredibilmente, senza prima aver definito il nuovo modello organizzativo e le nuove regole, creando anzi una sorta di limbo quanto mai pericoloso in un settore così delicato. Basti pensare che i “casellanti” non sono stati liberati dalla custodia del tronco assegnato e dal dovere di intervenire in ogni tempo appena il fiume accenni a mettersi in piena: responsabilità e oneri stabiliti dal citato decreto statale del 1937 e, da questa stessa norma, bilanciati attraverso la residenza di prossimità e cioè con l’alloggio di servizio che, appunto, oggi viene dichiarato superfluo dalla giunta regionale.
Al di là delle belle parole del presidente Giani che si è sentito “Orgoglioso del nostro sistema di difesa del suolo” nell’inaugurare proprio ieri a Livorno le opere di messa in sicurezza idraulica costruite a seguito del disastro vissuto dal suo predecessore, come se la difesa del suolo fosse solo costruire argini e casse di espansione, e non anche preoccuparsi del costante presidio del territorio da parte di chi poi è chiamato a vigilarle e gestirle, resta l’amarezza e l’avvilimento di questi lavoratori titolari di un ruolo forse un poco “scomodo” e tuttavia indispensabile, quello dell’accertamento degli abusi sui fiumi, ma con una conoscenza dei luoghi insostituibile che gli ha permesso finora di riuscire a svolgere il servizio di piena anche nel buio della notte e sotto le avversità atmosferiche lottando con la ormai cronica carenza di personale e portando avanti un servizio essenziale per i cittadini a prezzo di sacrifici personali e anche familiari.
La situazione di mancante chiarezza su chi e come deve fare cosa, rischia di riflettersi gravemente sui cittadini e pesa sui lavoratori, che oltre alla messa in discussione del proprio ruolo aggiungono le loro forti preoccupazioni per le reali responsabilità in carico. La RSU regionale e le OO.SS. si sono perciò trovate costrette, di fronte alla perdurante mancanza di risposte precise e concrete e alle promesse non mantenute, ad indire uno stato di agitazione, rivendicando l’immediata definizione di un modello organizzativo chiaro, completo, rispondente alle norme contrattuali e rispettoso della normativa di settore e di quella sulla sicurezza dei luoghi di lavoro, l’eliminazione di ogni incertezza sui doveri e sulle responsabilità del lavoratore, nonché l’immediato annullamento di ogni ordine di servizio – quali quelli di assegnazione dei tronchi di custodia – divenuto incoerente con i diritti e la sicurezza dei lavoratori.
I lavoratori fanno presente che ogni nuova eventuale organizzazione dovrà comunque fare i conti con l’impossibilità di mettere in reperibilità i lavoratori con un tempo di preavviso limitato, non appena cioè si accendono i “colori” degli stati di allerta, come invece si continua a pretendere ancora oggi quasi i lavoratori fossero stracci da cucina sempre pronti all’uso.
Desta però sconcerto che neppure durante il tentativo di raffreddamento e conciliazione avvenuto in Prefettura poco più di un mese fa, di norma la sede in cui i conflitti sindacali si compongono, l’amministrazione sia stata capace di offrire le risposte cercate.