GROSSETO – “La situazione delle Rsa nel territorio provinciale, che operano in convenzione con l’Azienda sanitaria Toscana sud est (anche se, da quel che vediamo, pensiamo che il contesto sia estendibile ben oltre i confini del territorio grossetano), è al momento molto difficile, per non dire “critica”, sotto vari punti di vista, tra cui sicuramente quello del personale a disposizione”, scrive, in una nota, la segreteria di UilFpl.
“Infatti, durante questi mesi di pandemia – prosegue il sindacato -, come logico, preventivabile e richiesto da più parti – compreso chi scrive -, le strutture sanitarie pubbliche, che hanno avuto un grandissimo fabbisogno di personale, hanno attinto dalle graduatorie Estar dei concorsi “aperti”.
Queste procedure hanno, ovviamente, interessato il personale sanitario “già in servizio” presso strutture private come, appunto, le Rsa che, in brevissimo tempo, si sono ritrovate senza i propri infermieri, figure indispensabili, oltre che obbligatori da normativa regionale, ma anche con pochi operatori tecnici sanitari, i cui sostituti sono stati reperiti con affanno.
La situazione ha prodotto altre discrasie, visto che, in questo caso, i dipendenti delle coop sociali, chiamati dal servizio pubblico, non sono tenuti, per via dell’emergenza Covid, a rispettare i giorni di “preavviso” per le dimissioni. Ciò ha comportato, da quel che ci risulta, trattamenti “diversi” tra cooperativa sociale e cooperativa sociale. In sostanza, in base al coacervo di dpcm ed alla bulimia legislativa a cui abbiamo assistito, sempre da quel che risulta, in mancanza di una norma chiara ed non interpretabile, alcuni dipendenti sono incorsi in “sanzioni” (cosa che sinceramente, non reputiamo giusta e che avversiamo) ed altri no.
In ogni caso, e lo diciamo con umiltà ed onestà intellettuale, le attenzioni di tutti, anche di chi scrive, erano protesa, nel momento “più profondo” del lockdown, verso il potenziamento dei presidi ospedalieri e, successivamente, verso il potenziamento dei servizi territoriali (Usca, eccetera).
Oggi, comunque, a pandemia ancora in corso, dobbiamo fare un “cambio di passo” e pensare “di più” al disagio delle Rsa che operano in condizioni veramente “improbe”, e dobbiamo anche pensare sempre di più e meglio alle condizioni di lavoro del personale sanitario (infermieri, operatori, assistente di base, eccetera), che opera in dette strutture, dato che, da quel che vediamo, preferisce, in molti casi, un lavoro a “tempo indeterminato” nell’Azienda sanitaria rispetto ad un lavoro full time in una cooperativa sociale.
E questa è la causa, non il sintomo. Per prevenire la causa, va infatti “curato” il sintomo, caratterizzato dall’esigenza di ulteriori risorse a disposizione dei soggetti “gestori” delle Rsa, che devono pervenire dal livello sanitario regionale per sostenere queste strutture, il cui fine è l’erogazione del servizio, e per la tutela delle condizioni di lavoro e dei lavoratori.
Naturalmente, è perfettamente comprensibile che un dipendente privato, alla chiamata dal Settore pubblico, dove sarà anche retribuito di più, accetti il nuovo contratto (anche, come abbiamo detto, a tempo determinato). D’altro canto, i gestori delle Rsa non hanno neanche la possibilità di competere a livello economico il Settore pubblico ma, per come lavorano e per quello che fanno, i loro dipendenti (lavoratrici e lavoratori) necessitano di ulteriore valorizzazione, che, come organizzazioni sindacali stiamo cercando rendere a livello contrattuale sempre più compiuta ed esigibile.
E’ comunque obbiettivamente difficile pensare che le coop sociali gestori delle Rsa possano coprire i costi occorrenti, dato che negli ultimi 3 anni, a fronte degli aumenti salariali a livello di contrattazione collettiva, si sono visti riconoscere un incremento dalla quota sanitaria giornaliera per il “mantenimento” dei degenti di 0,40 euro.
Non sappiamo se questa quota sia sufficiente o residuale, e non spettano a noi per ruolo e per “mission” (rappresentata dalla tutela delle condizioni di lavoro e dei lavoratori) queste scelte, di carattere politico; auspichiamo solo che si possa riflettere su una situazione, ovvero quella delle Rsa, che è veramente critica.
Infatti, oltre detto “incremento”, non vediamo altre possibilità praticabili per il reperimento delle risorse economiche necessarie, atte a supportare la gestione delle coop sociali nei Servizi agli anziani e per la gestione del personale.
L’aumento della quota sociale in carico agli utenti è improponibile, così come ingiusto crediamo sia l’addossare le spese ai cittadini (in grande difficoltà per la crisi economica dovuta alla pandemia tutt’ora in atto) per un “sostegno” economico che deve venire, a nostro umile avviso, in misura maggiore alle cooperative sociali dal sistema sanitario regionale, per l’erogazione dell’assistenza ai nostri anziani, e per la tutela del servizio, delle condizioni di lavoro, e dei lavoratori”, conclude la UilFpl.