GROSSETO – “Promuovere politiche e soluzioni per attuare su tutto il territorio nazionale nuovi e più incisivi modelli di gestione della fauna selvatica”. E’ questo l’appello di Cia-Agricoltori Italiani e di Cia-Grosseto al neoministro Roberto Cingolani, appena insediato al dicastero dell’Ambiente e della Transizione ecologica nell’esecutivo guidato da Mario Draghi.
“La scelta di uno scienziato dal profilo così alto e il suo prestigioso curriculum scientifico – dicono da Cia – sono di buon auspicio per un approccio finalmente pragmatico alle politiche di contrasto di uno dei grandi nodi irrisolti dell’agricoltura italiana. Una problematica che necessita di un intervento immediato da parte delle Istituzioni, finalizzato a contenere il proliferare indiscriminato degli ungulati sul territorio nazionale, passati da una popolazione di 900mila capi nel 2010 a quasi 2 milioni, oggi.
Cia è da tempo impegnata sul tema ed è pronta a collaborare col nuovo ministro per arrivare al più presto a nuovi strumenti di gestione della fauna selvatica, mettendo a disposizione la sua proposta di revisione della legge 157/1992, insufficiente a regolare un fenomeno ormai fuori controllo.
I danni sono sempre maggiori per le aziende agricole arrivate all’esasperazione, ma sono in costante in aumento anche i rischi per l’incolumità dei cittadini, non solo nelle aree rurali. È, infatti, sempre più alta la frequenza di incidenti provocati da cinghiali e animali selvatici, stimati dalla Polizia Stradale in oltre 10mila l’anno. A tutto ciò si aggiunge il rischio peste suina, che in Asia ha già compromesso un terzo della produzione cinese di carni suine, creando tensioni sui prezzi con effetti negativi per tutte le nostre aziende zootecniche, che rischierebbero il tracollo nella malaugurata ipotesi di focolai anche in Italia”.
“Come Cia-Grosseto – interviene il presidente provinciale Claudio Capecchi – chiediamo al ministro di volersi attivare con urgenza anche per trovare una soluzione alla questione predatori che ha contribuito a mettere ginocchio la pastorizia locale.
La nostra provincia ha un importante patrimonio ovicaprino oggi fortemente a rischio a causa dei continui attacchi. I pastori hanno fatto enormi sacrifici ma oggi sono allo stremo, l’elevato numero di predatori e i costi sostenuti per mettere in sicurezza le greggi, strumenti che è stato dimostrato non sono mai pienamente risolutivi, rischiano di portare alla chiusura delle aziende e all’abbandono dell’allevamento sostenibile ed estensivo che è tipico di questa zona. Tra l’altro è proprio la nuova Pac che invita gli allevatori ad optare per un metodo di allevamento sostenibile e estensivo che assicura benessere animale, bontà degli alimenti e tutela dell’ambiente.
Non mettere al centro dei prossimi indirizzi politici questa annosa piaga significherebbe – conclude Capecchi – voltare le spalle ad un malato, la pastorizia, che è già in uno stato terminale”.