PIOMBINO – È giornalista e ha una laurea in Storia e critica del cinema con una tesi su Dario Argento. Ha vinto il saggio sul cinema al “Concorso internazionale di Salò” e l’edizione 2020 di Raccontare Campiglia. Responsabile del corso di cinema al Video festival internazionale Visionaria e in giuria al Fipili Horror Festival per le opere internazionali. Le piace moltissimo disegnare ed anche in questo caso la sua maggiore attenzione è rivolta al cinema: la mia intervista di oggi è con Francesca Lenzi, che ringrazio.
“Fare cinema non è fotografare la realtà, ma fotografare la fotografia della realtà”, sono parole di Stanley Kubrick, che cosa è il cinema per lei Francesca?
Rispondo con un’altra citazione, stavolta di Orson Welles: “Il cinema è il nastro dei sogni”. Un film non è mai la verità. È sempre la traduzione in immagini dell’idea del regista, esattamente come diceva Kubrick. Da spettatrice, il cinema è una finestra su un altro mondo, e la cosa più bella è lasciarsi trasportare all’interno di quel sogno.
E come è nato questo suo interesse per i film di Dario Argento?
Ho sempre avuto una passione smodata per il cinema dell’orrore. Mi spaventava e attirava incredibilmente fin da piccolina. A 13 anni vidi per la prima volta “Profondo rosso” e rimasi folgorata da Argento. Da quel giorno in avanti mi sarà capitato di riguardarlo almeno un centinaio di volte. All’università, alla facoltà di Conservazione dei beni culturali, però, fu Federico Fellini a convincermi a prendere la strada della storia e critica del cinema ma, quando arrivò il momento della tesi, tornai ad Argento. Scelsi, tuttavia, un altro film, “Suspiria”, un autentico gioiello dell’orrore dipinto in technicolor.
“Indiana libera tutti” è il suo primo romanzo, che è stato pubblicato nel 2020 da Edizioni Il Foglio, in cui la protagonista che si chiama appunto Indiana ha 12 anni. Quanto c’è in questa ragazzina di lei ragazzina Francesca?
C’è molto di me in Indiana. Quando decisi di scrivere il libro, uno dei punti fermi sin dall’inizio fu l’idea di avere come protagonista del romanzo una ragazzina. E di raccontare un anno della sua vita, in quell’età così particolare dove ogni cosa assume un significato profondo. Dove ogni evento, bello o brutto, segnerà l’esistenza di quella persona. Indiana nel libro vive ricordi miei ma anche avventure tutte sue. Conosce personaggi reali ma anche altri totalmente inventati. Al di là degli episodi, la mia personalità veste perfettamente il romanzo. Anch’io, a 12 anni, mi sentivo strana e un po’ sola come Indiana, incapace di raccontarmi davvero.
Il romanzo è ambientato in Maremma, tra Piombino e Scarlino Scalo. Quali sono i luoghi che ama di più di Piombino e quali di Scarlino Scalo?
A Piombino sono nata e cresciuta, e tuttora vi abito. Contrariamente a quanto si possa pensare, anche leggendo il libro, tuttavia, il mio posto del cuore non è una spiaggia o comunque un pezzo di terra di fronte al mare. Il mio posto del cuore è la via di Portovecchio, una stretta arteria di asfalto incastonata tra le fabbriche, che unisce la città al porto di Piombino. Su quella strada, un tempo praticamente priva del benché minimo traffico, imparai ad andare in bicicletta, con l’acqua e lo spolverino dell’acciaierie che mi bagnavano il viso a ogni pedalata.
A Scarlino Scalo è invece lo stadio. Era proprio di fianco a casa dei nonni e, in estate, da sola, prendevo il pallone da calcio, mi infilavo dentro attraverso la rete sbrindellata, e tiravo calci al pallone per delle ore.
“Un sogno non è soltanto un sogno”, continuando a citare Stanley Kubrick: quale è il suo sogno Francesca?
Sognare dà motivo per vivere. Il rischio, però, è di disidratare quel sogno se non lo si alimenta. Per quanto mi riguarda vorrei continuare a sognare attraverso un film o un libro, ma dare finalmente consistenza alle mie aspirazioni. Mi auguro di continuare ad amare il mio lavoro, ma anche di trovare quella giusta sicurezza professionale che serve per vivere bene fra sogno e realtà.