GROSSETO – “A differenza del Wwf, che vorrebbe attribuire la chiusura di molte delle nostre aziende al problema del costo del latte e dei mangimi, il Comitato Pastori d’Italia sa che, oltre queste problematiche, c’è ne una molto più importante, ed è quella relativa alle predazioni”, affermano la presidente Mirella Pastorelli e l’allevatore Giacomo Franceschelli.
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“Sappiamo benissimo – proseguono Pastorelli e Franceschelli – che quest’ultimi due elementi incidono nei bilanci delle nostre aziende, ma secondo noi incide ancor di più, facendone rischiare la chiusura, l’uccisione di pecore e agnelli da parte dei predatori. Infatti, molte aziende non producono solo latte, ma si occupano anche della produzione, trasformazione e vendita della carne, e l’uccisione dei capi, al di là del latte prodotto, purtroppo ne decreta la chiusura”.
“Vorremmo inoltre ricordare agli amici del Wwf – continuano dal Comitato Pastori – che l’allevamento è da sempre al centro dell’economia locale, e che ha molto spesso salvaguardato il territorio sia dal punto di vista ambientale che dal rischio idrogeologico, contribuendo a tenere in ordine interi comprensori, e scongiurando l’abbandono delle campagne”.
“Il problema lupi, ibridi e predatori – vanno avanti –, esiste e pesa fortemente sul settore dell’allevamento, con danni enormi per chi lo subisce. Per affrontare questo problema in modo veramente risolutivo è stato fatto poco, mentre in altre nazioni europee, alle quali stanno a cuore queste tematiche, si è invece fatto molto”.
“Purtroppo – dicono Pastorelli e Franceschelli -, spesso si è alzato un muro di gomma davanti alle richieste di aiuto degli allevatori. Le risposte che sono arrivate, spesso contorte e inconcludenti, hanno, invece di risolvere, aumentato i problemi”.
“Abbiamo troppe volte assistito a delle affermazioni da parte di qualcuno che dicono che bisogna insegnare alle pecore a convivere col lupo – continuano -, e che lo stesso dovrebbero fare anche i pastori. Il perché, però, sfugge a tutti. Si vuole addirittura venire ad insegnare ai pastori come si deve pascolare un gregge”.
“Tutta una serie d’imposizioni – spiegano – che portano gli allevatori all’allevamento in stalla, pur di salvare il proprio il patrimonio, quando invece attuare il pascolo brado, tradizione tra l’altro secolare che fornisce latte pregiatissimo per pecorini Dop e altri prodotti caseari di eccellenza, oggi diventa impossibile con le predazioni. Come si sa, il latte prodotto in stalla è di qualità minore rispetto a quello prodotto da pecore al pascolo brado, e questa è la conseguenza di una riduzione dei costi del latte in quanto meno genuino e di una resa inferiore”.
“Da fonti Asl – vanno avanti – sembrerebbe che con i cani e l’uso delle reti si sarebbero ridotte le aggressioni di una buona percentuale, ma nulla è di più falsato nei numeri ufficiali, in quanto non tengono conto che spesso i pastori non denunciano più gli attacchi subiti per l’esoso costo relativo agli smaltimenti, e non tengono conto che moltissimi capi non vengono considerati come predati da lupi perché le carcasse divorate non mostrano i buchi nella gola”.
“Come Comitato – proseguono – abbiamo sempre sostenuto che i fondi stanziati dalla Comunità europea, e che ruotano attorno al progetto sul lupo, dovranno da ora in poi essere utilizzati per rilanciare le aziende e per progetti innovativi al fine di preparare i giovani al cambio generazionale per fare impresa”.
“Insomma, un quadro sconfortante, che sta mettendo in rovina aziende. Speriamo vivamente che il nuovo Governo Draghi metta da parte le ideologie, e attui misure serie per salvaguardare gli allevatori e il posto di lavoro. Come comitato usiamo spesso la parola ‘Lavoro’, perché proprio il primo articolo della Costituzione ricorda che l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro, pertanto è un diritto che sia tutelato dallo stato e ci teniamo ad esprimerci con questa terminologia”, concludono Pastorelli e Franceschelli.