GROSSETO – Molti commentatori hanno detto che ieri è morta la politica. Marco Damilano, ospite di Dimartedì, il programma su La7 condotto da Giovanni Floris, ha affermato che “è finita la Seconda Repubblica, se ancora di Seconda Repubblica si può parlare”. Ma perché? Il motivo è semplice: la politica, nonostante il mandato esplorativo affidato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella al presidente della Camera Roberto Fico, non è riuscita ad accordarsi per la formazione di un nuovo Governo.
Durante il suo mandato esplorativo, Fico ha coordinato la “trattativa” tra le forze politiche che appoggiavano il Governo Conte 2, per trovare un accordo e andare avanti con un nuovo esecutivo, magari guidato nuovamente da Giuseppe Conte. Ma tra veti e diatribe, Matteo Renzi e i suoi non ci sono stati, la trattativa è fallita e la palla, più infuocata che mai, è passata nuovamente nelle mani del capo dello Stato.
Il discorso di Mattarella
Ed ecco Mattarella, che ieri sera, intorno alle 21, ha parlato al popolo italiano: “Dalle consultazioni al Quirinale era emersa, come unica possibilità di governo a base politica, quella della maggioranza che sosteneva il Governo precedente. La verifica della sua concreta realizzazione ha dato esito negativo. Vi sono adesso due strade, fra loro alternative. Dare immediatamente vita a un nuovo Governo, adeguato a fronteggiare le gravi emergenze presenti, sanitaria, sociale, economica, finanziaria. Ovvero quella di immediate elezioni anticipate”.
Ma la strada delle elezioni anticipate, come avevamo già capito nei giorni precedenti, non è la strada privilegiata da Mattarella. E il perché lo spiega nel suo discorso. L’opzione elezioni “va attentamente considerata – spiega -, perché rappresentano un esercizio di democrazia. Di fronte a questa ipotesi, ho il dovere di porre in evidenza alcune circostanze che, oggi, devono far riflettere sulla opportunità di questa soluzione. Ho il dovere di sottolineare, come il lungo periodo di campagna elettorale – e la conseguente riduzione dell’attività di governo – coinciderebbe con un momento cruciale per le sorti dell’Italia”.
“Dal momento in cui si sciolgono le Camere – spiega il capo dello Stato – devono passare 60 giorni, poi altri 20 giorni per insediare le nuove Camere, che poi devono formare i propri uffici di presidenza. Poi bisogna formare il governo, che deve ottenere la fiducia delle Camere e poi organizzare i propri uffici. Nel 2013 passarono 4 mesi, nel 2018 5 mesi. Si tratterebbe di tenere a lungo il Paese senza un governo in pienezza di funzioni”.
“Sotto il profilo sanitario, i prossimi mesi saranno quelli in cui si può sconfiggere il virus oppure rischiare di esserne travolti. Questo richiede un governo nella pienezza delle sue funzioni – sottolinea – per adottare i provvedimenti via via necessari e non un governo con attività ridotta al minimo, come è inevitabile in campagna elettorale”.
Andare a nuove elezioni, dunque, porterebbe ad uno stallo istituzionale che l’Italia non può permettersi, viste le ripercussioni che la pandemia ha avuto, ha, e continuerà ad avere sull’economia, la società e la sanità.
“Va ricordato che le elezioni non consistono soltanto nel giorno in cui ci si reca a votare – va avanti – ma includono molte e complesse attività precedenti per formare e presentare le candidature. Inoltre la successiva campagna elettorale richiede – inevitabilmente – tanti incontri affollati, assemblee, comizi: nel ritmo frenetico elettorale è pressoché impossibile che si svolgano con i necessari distanziamenti. In altri Paesi in cui si è votato – obbligatoriamente, perché erano scadute le legislature dei Parlamenti o i mandati dei presidenti – si è verificato un grave aumento dei contagi. Questo fa riflettere, pensando alle tante vittime che purtroppo continuiamo ogni giorno – anche oggi – a registrare”.
“Avverto, pertanto, il dovere di rivolgere un appello a tutte le forze politiche presenti in Parlamento perché conferiscano la fiducia a un Governo di alto profilo, che non debba identificarsi con alcuna formula politica – conclude -. Conto, quindi, di conferire al più presto un incarico per formare un Governo che faccia fronte con tempestività alle gravi emergenze non rinviabili che ho ricordato”.
L’incarico a Draghi
Poco dopo, il Quirinale ha reso nota la convocazione al Colle dell’ex governatore della Bce e di Bankitalia, Mario Draghi, per oggi alle 12.
Un “Governo di alto profilo”, dunque un governo tecnico-istituzionale con piena capacità decisionale per gestire la crisi del Coronavirus. Un governo che avrà una forte impronta tecnica, ovvero “un governo che non debba identificarsi con alcuna formula politica”, per dirla con le parole di Mattarella.
Governo istituzionale: cos’è?
Ma cosa è un governo istituzionale? E’ un esecutivo che entra in gioco quando la crisi di Governo non è risolvibile. A capo del governo istituzionale viene designata una figura che già ricopre, o ha ricoperto in passato, un’alta carica nelle istituzioni. La sua durata è limitata: il suo scopo è quello di arrivare alle elezioni provvedendo all’ordinaria amministrazione, agli atti urgenti, e all’adempimento degli obblighi assunti a livello europeo e internazionale. Vista la situazione emergenziale in cui ci troviamo, se Draghi accetterà l’incarico e il Parlamento gli darà la fiducia, probabilmente condurrà l’Italia a fine legislatura (2023). Il governo istituzionale raccoglie il più ampio consenso possibile da parte delle forze politiche: è il motivo per cui l’incarico di presidente del Consiglio è affidato ad una personalità di rilevanza istituzionale, che trascende i partiti politici. Il governo istituzionale è tecnico quando i ministri chiamati a farne parte sono specialisti della materia e non politici. Quando il sistema dei partiti non è in grado di esprimere un governo funzionante, ci si affida a personalità con competenze tecniche ed estranee alle forze politiche.
Cosa succede ora?
Alle 12 Sergio Mattarella riceverà Mario Draghi con l’intenzione di affidargli l’incarico di formare il nuovo governo “di alto profilo”. In questi casi, per prassi, il presidente del Consiglio designato accetta “con riserva” e si mette subito a lavoro per definire il programma e la squadra dei ministri.
Draghi, dunque, una volta accettato l’incarico darà vita ad una sorta di consultazioni con le forze politiche per capire se il suo esecutivo potrà avere l’appoggio del Parlamento (che non è così scontato). Se non sarà possibile, Draghi tornerà dal presidente Mattarella per comunicargli la rinuncia all’incarico.
Se invece l’esito sarà positivo, quando avrà completato la scrittura del programma e avrà deciso la composizione del suo governo, Draghi si recherà al Quirinale per accettare formalmente l’incarico e sottoporre a Mattarella la lista dei ministri. A questo punto sono necessari altri due atti formali: il decreto di nomina e il giuramento del presidente del Consiglio e dei ministri nelle mani del capo dello Stato. Il governo viene così immesso nelle sue funzioni. Ma resta l’ultimo passaggio, quello fondamentale: la fiducia del parlamento. Il governo entro dieci giorni deve presentarsi a entrambe le Camere e ottenere la fiducia.