GROSSETO – “Le Sinistre unite della provincia di Grosseto (Rifondazione Comunista, Sinistra Civica Ecologista e Sinistra Italiana) ritengono né proponibile, né accettabile il poter considerare il territorio della Maremma come una delle possibili alternative per lo stoccaggio dei rifiuti comunque radioattivi”.
A scriverlo, in una nota comune, Enrico Calossi (Rifondazione Comunista), Marco Giuliani (Sinistra Civica Ecologista) e Nicola Menale (Sinistra Italiana).
“Siamo ben consapevoli che la scelta definitiva di una localizzazione sul territorio nazionale debba essere effettuata – prosegue la nota -, soprattutto perché oggi questi rifiuti sono conservati in vari luoghi e in condizioni che non garantiscono la piena sicurezza ambientale e della salute.
Per i rifiuti ad alta radioattività la soluzione non può che essere quella di individuare un deposito unico europeo, accelerando un percorso già stabilito. E a tal proposito rimandiamo al mittente le piccate reazioni delle destre, che oggi si ergono come paladine dei territori, ma che durante la campagna elettorale referendaria del 2011 scelsero la via del silenzio o, peggio, quella del Sì alla produzione e all’uso dell’energia nucleare nel nostro Paese.
Per l’individuazione del sito nazionale destinato allo stoccaggio dei rifiuti a bassa radioattività è necessario e ineludibile il pieno coinvolgimento dei territori, tenendo certamente conto delle loro caratteristiche morfologiche, ma non prescindendo dalla possibile alterazione dei parametri socio-economici che ne hanno consentito e caratterizzato lo sviluppo attuale e la sua proiezione nel futuro.
Questo approccio deve valere in particolare per un territorio come la Maremma, terra vocata al turismo e all’agricoltura di eccellenza, e deve valere per tutti i territori che, ancora come la Maremma e l’Amiata, evidenziano emergenze di tipo ambientale e idrogeologico già oggetto di profonda preoccupazione.
In ogni caso, auspichiamo e contiamo che nessuna decisione sarà imposta; che del processo decisionale siano coinvolti gli enti locali intermedi quali artefici delle scelte di pianificazione del territorio; non di meno che le popolazioni locali siano responsabilmente coinvolte attraverso un piano partecipato non ridotto a formalità, così come normato a livello nazionale e regionale.
In questo percorso, ci sentiamo al fianco di quella classe di amministratori responsabili e preparati che, ben lungi dall’effetto NIMBY, conoscono la complessità del problema e, nell’interesse collettivo dei cittadini e dell’ambiente, si adoperano per individuare soluzioni condivise all’altezza della sfida di un nuovo modello di sviluppo ecologicamente sostenibile”, conclude la nota.