GROSSETO – Il vescovo Rodolfo Cetoloni, la sera del 31 dicembre, ha celebrato in cattedrale la messa nella festa solenne di Maria madre di Dio. E’ la tradizionale liturgia di ringraziamento per l’anno che si chiude, col canto del Te Deum, ma quest’anno la celebrazione ha assunto un significato del tutto particolare a motivo dell’anno doloroso e drammatico che è appena terminato.
Per questo nella sua omelia, il vescovo ha voluto puntare lo sguardo su due dimensioni.
La prima: “Facciamo festa perché Dio ci meraviglia incarnandosi e nascendo. Lui si diminuisce, si abbassa, si rende dipendente dal si di una giovane donna, dalla sua accoglienza nel suo grembo, dal suo latte, dalle sue cure. Lui che aveva creato l’umanità, chiede a una giovane donna di essergli madre, di generarlo nel suo corpo di donna. Da questo può nascere una fiducia infinita verso un Dio che è così! Come non fidarsi anche noi di Lui, che si fida così dell’umanità? Di Lui che si affida così a una giovane madre! Cari fratelli cosa ci manca se abbiamo questa realtà?”, ha chiesto.
Il secondo sguardo è stato quello di “cercare di che cosa ringraziare anche in questo anno difficile, che ci ha tolto tante cose, anche qualche libertà e soprattutto tanti fratelli e sorelle”. E il vescovo ha come innalzato una preghiera.
“Lo ringraziamo – ha detto – del bene che abbiamo veduto compiere, del bene che abbiamo ricevuto o che abbiamo avuto la forza e la gioia di fare. Lo ringraziamo delle tante testimonianze di coraggio, di generosità anche di sacrificio nello stare accanto agli altri. Alcuni lo hanno fatto fino a perdere la loro vita nell’esercizio del loro lavoro o semplicemente nello stare con gli altri. E lo ringraziamo per tutte quelle persone che ci hanno aiutato a credere nell’umanità e nella bontà. E per tutti coloro che, pur nelle ristrettezze di questo anno, ci hanno aiutati a tenere viva la fede, la carità e quindi la speranza…ovunque: nelle nostre case, nelle parrocchie, con la preghiera, con la pazienza, con il dialogo, con la catechesi in famiglia, col pregare insieme o nel parlare di Dio e del bene coi propri figli, come genitori o nonni”.
“Lo ringraziamo – ha proseguito – per tutti coloro che anche se non hanno potuto fare grandi feste, ugualmente hanno voluto celebrare i sacramenti: il loro matrimonio, la prima comunione dei figli, la cresima. E anche di coloro che sono stati vicini ai malati, ai moribondi portando loro la consolazione della fede. E lo ringraziamo per la festa dell’eucaristia settimanale, per aver potuto celebrare la domenica e gli altri giorni quando è stato possibile. E di quanti atti di umanità, di carità, di attenzione, di tenerezza da parte di chi si è impegnato nella propria professione; dei medici, degli operatori sanitari, dei volontari, dei ricercatori, degli amministratori, di chi – pur con limiti e incertezze e forse anche con errori – trovandosi di fronte a responsabilità e problemi nuovi, ha continuato a dedicarsi al bene di tutti, al servizio di qualsiasi genere, alla comunità, ai malati, ai poveri”.
“Certo – ha concluso – non si chiudono gli occhi davanti ai limiti, alle malattie, al male: restano tante ferite e anche tanti bisogni, Ma ora è tempo di fare festa con Maria madre di Dio ed è tempo di dire grazie di noi e di tutto il bene – da una carezza a un saluto a un grazie dato o ricevuto – come delle cose più grandi”.
Questa mattina il vescovo ha presieduto il Pontificale della solennità di Maria Madre di Dio-54^ Giornata mondiale della pace.