FOLLONICA – In via Roma a Follonica, a pochi passi dal mare è collocata una statua in bronzo dedicata all’Avis follonichese ed ai donatori di sangue. Si chiama “Goccia di vita” e porta la firma dello scultore Aviero Bargagli.
Aviero scolpisce da quando aveva 30 anni ed ha esposto in Italia, in Europa ed anche negli Usa. Lo contatto proprio tramite il presidente della sezione Avis di Follonica che ringrazio, come ringrazio Aviero della sua squisita disponibilità a rispondere alle mie domande.
“Tu vedi un blocco, pensa all’immagine: l’immagine è dentro, basta soltanto spogliarla”, sono parole di Michelangelo Buonarroti. Aviero, lei cosa ne pensa?
Condivido in pieno le parole di Michelangelo. Nel mio modo di operare, quando inizio a dare la prima scalpellata, l’opera è talmente già elaborata nella mia mente che spesso non ho neanche bisogno del disegno.
Che cosa è per lei scolpire?
Scolpire per me è sempre stato un desiderio intimo che si è rivelato col tempo e mi ha permesso di liberare una sorta di disagio che sentivo dentro di me e che non mi permetteva di rendermi completo.
Come sceglie il materiale da usare nelle sue opere?
Io sono partito con il legno di olivo, perché questo materiale era all’epoca facilmente reperibile in Maremma e come primo approccio mi sono trovato a realizzare le mie idee nel legno che trovavo. Negli anni si sono presentate occasioni di fare opere in bronzo come “Goccia di vita” o in pietra in base anche alla collocazione che avrebbero avuto.
La sua prima opera è stata una maternità in legno di olivo: che cosa ricorda di quei momenti?
Quando l’ho vista terminata mi sono emozionato e l’ho trovata bellissima. Mi sono meravigliato che fosse uscita dalle mie mani inesperte con una così grande facilità, non avendo avuto alcuna esperienza in precedenza.
Il tema della vita e quello della conoscenza sono molto ricorrenti nelle sue opere, perché?
Forse perché mi faccio troppe domande a cui cerco di dare delle risposte e forse per questo riesco a intuire in anticipo i cambiamenti dell’uomo e della società.
La sua opera più recente è “Il sogno della Polena”: che cosa rappresenta?
Io viaggio molto con la fantasia e mi sono immaginato una Polena (scultura femminile che veniva posta alla prua dei velieri antichi) e ho pensato che questa Polena avrebbe potuto avere un sogno: il desiderio di volare. Questo a significare, per me, che nei sogni degli uomini c’è sempre un desiderio di cambiamento.
Tra le opere che lei ha realizzatore ce n’è una che rappresenta la Maremma?
Alcuni anni fa ho fatto una scultura che ho intitolato “Radici”. Il mio pensiero era di rappresentare la bellezza della terra di Maremma e ho creato un connubio tra un cavallo maremmano, una bellissima donna, un fagiano armonioso e un fiore. Il tutto termina con delle radici che rappresentano le mie origini.