GROSSETO – Con l’arrivo dell’autunno è finita anche l’ultima romantica illusione. Quella che la bucolica Maremma, coi suoi spazi dilatati e la rarefazione degli umani, fosse territorio ostile al mefitico Coronavirus. L’età dell’innocenza si è chiusa lo scorso ottobre, e ora, ancora una volta, siamo in bilico sul baratro della “zona rossa”. Alias lo spaventevole lockdown.
La contraddizione è che la diserzione di massa dal buon senso, raccomandato con allarmi reiterati dalla scienza, produce i danni peggiori proprio nel momento in cui arrivano rassicurazioni dal fronte della ricerca. Basta citare uno dei guru mondiali dei vaccini, Rino Rappuoli, direttore scientifico dei laboratori senesi di Gsk Vaccines (Glaxo Smith Kline) e presidente della Fondazione Toscana life sciences: «Ci attende un inverno difficile perché non avremo né vaccini, né anticorpi monoclonali – ha detto in occasione della consegna del Pegaso d’Oro – ma se teniamo duro e ci comportiamo bene lo passeremo in modo decente. Poi a iniziare dai primi mesi del 2021 cominceremo ad avere vaccini e farmaci monoclonali che nel secondo semestre 2021 saranno a disposizione in grande quantità. E se tutto va come previsto per la fine dell’anno prossimo potremmo essere abbastanza contenti di essere riusciti a mettere sotto controllo questa pandemia».
A dire il vero Rappuoli è stato anche più preciso: entro Natale le prime dosi di vaccino di Pfizer-BionTech, entro marzo gli anticorpi monoclonali di Gsk-Menarini, ed entro fine 2021 «pandemia sotto controllo».
Gli uomini di scienza hanno generalmente il dono della sintesi e della chiarezza. Oggi sono finalmente illuminati dai riflettori dei media, resipiscenti per aver dato troppo spazio a cialtroni in camice bianco e opinionisti da stalla – nulla centra il dibattito scientifico – che nei mesi scorsi hanno imperversato per conquistare i proverbiali «quindici minuti di notorietà». Nel lontano 1968 preconizzati dal visionario Andy Warhol come aspettativa popolare del futuro.
Per questo, oggi che tutti siamo nell’occhio del ciclone, è bene ricordarsi chi siano stati coloro che, avvalendosi del privilegio della visibilità mediatica, hanno legittimato i comportamenti irresponsabili che con questa seconda ondata pandemica stanno generando tanti lutti. Molti dei quali evitabili. In cima alla lista, non potrebbe essere diversamente, chi riveste ruoli politici, sia nazionali che locali, e in questi mesi ha diffuso bufale pseudoscientifiche e fake news patenti. Solo per lisciare il pelo a una parte rilevante dell’opinione pubblica. I nomi, peraltro, non merita nemmeno farli, ché tanto la loro inadeguatezza li illumina come fossero radioattivi.
Tornando a Grosseto e alla Maremma, le ultime settimane hanno reso chiaro quel che ai più sembrava una remota possibilità. La crescita esponenziale dei contagi è la conseguenza diretta della sottovalutazione dell’importanza delle prassi di precauzione che impongono di evitare assembramenti e luoghi chiusi, oltre all’utilizzo della mascherina.
Lo dimostra peraltro in modo eclatante il fatto che là dove sono state introdotte misure progressivamente più rigide per limitare le occasioni di contatto fra le persone, l’indice di contagiosità (trasmissione) “Rt” ha cominciato prima a stabilizzarsi e poi, lentamente, a scendere.
Il problema è che l’indice Rt – frutto esclusivo di calcoli matematico-statistici, non di contabilità clinica – indica la potenzialità di trasmissione del virus (un indice 2 significa che ogni persona infetta ne può contagiare 2), e questo non ha nulla a che vedere né col numero dei morti, né con quello dei contagiati rilevati in un determinato giorno. È cioè un indicatore dinamico e predittivo di ciò che accadrà nel futuro prossimo, a 15 giorni di distanza (tempo in cui il contagio potenziale diventa reale). Per questo la Toscana è diventata “zona rossa” sulla base dell’indice Rt rilevato nella settimana dal 1° all’8 novembre. Il che significa che nella settimana dal 9 al 15 novembre il numero dei nuovi contagiati ha iniziato a stabilizzarsi, ma che nella settimana entrante (dal 16 al 22) sarà probabilmente raggiunto il picco dei contagi gravi e dei decessi. Per questo i distinguo caccolosi e privi di basi scientifiche di queste ore sono gravi e fuorvianti rispetto al rischio reale che corriamo. Il numero crescente dei morti degli ultimissimi giorni in provincia di Grosseto, anche in età non avanzata, sta lì a dimostrare che la scelta della zona rossa fatta dal governo per la Toscana, è quella razionalmente più appropriata per prevenire quel che già succede in alcune aree di Lombardia, Piemonte e Campania. Dove i pronti soccorsi sono intasati, si curano i contagiati nelle ambulanze e si rischia la sospensione delle altre attività sanitarie.
C’è d’altra parte da tenere conto dei 21 parametri e indicatori che compongono l’algoritmo in base al quale il Governo decide il tipo di limitazioni da adottare (zone gialle, arancioni o rosse), che, ad esempio, tengono conto del numero di nuovi focolai, degli accessi al pronto soccorso, del tasso di occupazione in terapia intensiva o del numero di medici rianimatori disponibili. Il quale (algoritmo) dovrebbero mettere a tacere le posizioni folcloristiche e grottesche, come quelle del presidente della Campania Vincenzo De Luca.
Parallelamente a tutto ciò, come ha spiegato con chiarezza al Tirreno Michela Baccini, professoressa in statistica medica del dipartimento di statistica dell’università di Firenze, l’occasione di contagio è molto aumentata da ottobre, quando «le persone hanno iniziato a stare meno all’aria aperta», frequentando assiduamente «scuole, luoghi di lavoro e trasporti pubblici». Analisi che trova conferma nell’articolo pubblicato sulla rivista scientifica americana “Nature”, relativo a uno studio dell’Università di Stanford. Secondo Jure Leskovec, coordinatore del gruppo di studio e primo firmatario dell’articolo, infatti, «i ristoranti sono di gran lunga il posto più rischioso, quattro volte più di palestre e coffee shop» (fonte: il quotidiano Domani). Solo l’ultima autorevole conferma ad altre indagini già compiute in tutto il mondo.
Ora, per qualcuno il problema più urgente per l’umanità può anche essere il pranzo di Natale. È tuttavia evidente che se il virus andrà oltre la già attuale tragica soglia del 16% di contagiati rispetto alla platea di persone che fanno i tamponi, con l’intasamento delle rianimazioni e il collasso della sanità non Covid, non ci sarà Natale che tenga. Né sarà salvaguardata l’economia.
Da diversi giorni in Italia si viaggia sopra la media dei 500 morti al giorno. In dieci giorni fanno almeno 5.000 persone, equivalenti più o meno alla popolazione di uno dei molti comuni grossetani. Praticamente un decesso ogni 3 minuti. In meno di quattro mesi, a questo ritmo, significa che sparirà una città delle dimensioni di Grosseto.
Ben venga, dunque, la zona rossa, refugium peccatorum che proteggerà anche chi non è in grado d’intendere e di volere. E che magari soffre per non poter andare a pesca, farsi l’aperitivo o il pranzo di Natale in gruppo. La tenuta dell’economia è tutt’altra cosa, ed è variabile dipendente della salute e dello stato d’animo delle persone. Non viceversa.