GROSSETO – “Si chiude definitivamente con una riabilitazione piena e totale dopo oltre sette anni di sofferenza, la vicenda giudiziaria di un nostro sacerdote, cui erano state mosse accuse gravi e infamanti”. Così il vescovo Rodolfo Cetoloni e il vicario generale don Paolo Gentili annunciano la conclusione del procedimento, sia in sede penale che nell’iter canonico, con cui “si può finalmente scrivere la parola fine su questa dolorosissima vicenda personale ed ecclesiale”.
“La sentenza di assoluzione da parte del Tribunale di Grosseto risale al luglio 2019. Da quel momento scattavano gli 80 giorni che il collegio si era riservato per stendere le motivazioni. Purtroppo il termine è stato abbondantemente superato: le motivazioni, infatti, sono state depositate a luglio di quest’anno, cioè dodici mesi dopo la sentenza. Questo ha pesantemente rallentato l’intero iter, perché sono – di conseguenza – slittati i termini entro i quali le parti coinvolte nel procedimento penale avrebbero potuto presentare appello”.
“Nessuno lo ha fatto – sottolineano vescovo e vicario generale – dando ulteriormente prova della insussistenza del castello accusatorio, che ha tenuto sospesa la vita di un uomo e di un prete per oltre 7 anni”.
Nel frattempo, secondo le disposizioni ecclesiastiche, si è aperto anche il procedimento canonico, che prescinde – è bene ricordarlo – dall’esito di quello della giustizia italiana. Anche sotto questo aspetto, sulla scorta di tutti gli elementi di fatto e di diritto raccolti, il caso è stato addirittura archiviato senza neppure avviare l’iter processuale.
“E’ un senso di sollievo e di giustizia finalmente – concludono il vescovo e il vicario generale – per lui e per tutti coloro che lo conoscono e gli vogliono bene. E’ contentezza di tutta la Chiesa diocesana. Questi lunghi mesi (più di 7 anni!) sono stati anche una prova della sua compattezza umana interiore e spirituale, che lo ha sostenuto in ogni sua relazione e nel ministero sacerdotale, che ha continuato a svolgere con discrezione e fedeltà. Il genere di accuse infamanti a lui indirizzate, hanno generato dolore, ferite, scompiglio e dubbi. Ora la stima, la vicinanza e la gratitudine di chi lo ha sempre conosciuto sono ancor più solide, comprovate dalla giustizia civile e canonica. Diamo grazie a Dio, a lui e a quanti, professionalmente, per amicizia e anche nel segreto della preghiera, gli sono stati vicini”.