GROSSETO – La vera periferia di Grosseto è oggi il suo centro storico. Bisogna avere l’onestà intellettuale di dirlo. Senza pudori interessati.
Anche se, proprio questa condizione paradossale può diventare un punto di forza. Perché con un po’ di coraggio e volontà d’innovare si potrebbe sfruttare un’occasione d’oro: il bando da 850 milioni per la «rigenerazione urbana e recupero delle periferie». Figlio della Legge di bilancio 2020 dell’esecutivo Conte, che in dieci anni ha stanziato 8,5 miliardi di euro per un grande piano nazionale di recupero e rifunzionalizzazione delle aree degradate nelle città; da 60.000 abitanti in su. Con un occhio di riguardo alle «periferie». Scelta di governo lungimirante non legata alla contingenza, quanto poco valorizzata.
Tutto andrebbe giocato sulla rivisitazione del concetto urbanistico di «periferia». Perché periferia non è ciò che sta ai margini fisici, ma quel che è diventato marginale nella vita e nelle relazioni socio economiche all’interno della città. Lo dice in qualche modo lo stesso bando: i progetti dovranno riguardare le aree periferiche e quelle che, «ancorché non periferiche, sono espressione di disagio abitativo e socioeconomico e non dotate di adeguato equipaggiamento urbano-locale».
Che oggi il centro storico del comune capoluogo sia l’epicentro della marginalità, d’altronde, è cosa sotto gli occhi di tutti. Lo stato di abbandono in cui versa l’antico nucleo cittadino racchiuso nell’esagono delle Mura medicee, ma anche buon parte della fascia urbana che le circonda, ha molte cause. A partire dal decadimento economico sofferto dalla città negli ultimi anni, cui non si è nemmeno provato a frapporre un argine. Ben rappresentato dalla serrata dell’iconico Hotel Bastiani, lì dal 1911, in stand by soprattutto perché manca la clientela business, quella legata alla vivacità economica del capoluogo.
Poi ci sono le scelte urbanistiche che hanno privilegiato nuovi quartieri, dormitorio o di possibili seconde case, a discapito del recupero delle zone edificate e degradate. O quelle di moltiplicare supermercati e centri commerciali, contribuendo allo sparpagliamento dei servizi commerciali ma anche di quelli alle imprese. Dopodiché sono arrivati pandemia, lockdown e lo tsunami del commercio elettronico. Una congerie di scelte sbagliate, imprevisti e tendenze di medio periodo, come quella dell’invecchiamento della popolazione, che hanno dato il colpo di grazia al centro storico cittadino. Trasformandolo nella più centrale delle periferie cittadine. Comprese alcune zone urbanisticamente contigue, come via Tripoli o la zona del mercato coperto.
Tutto ciò considerato, gli 853 milioni prossimi venturi del bando governativo per finanziare i primi progetti di rigenerazione urbana, potrebbero essere l’occasione della vita per ridare un’anima al moribondo centro di Grosseto. E d’altra parte non ci sarebbe nemmeno da inventarsi nulla di trascendentale: basterebbe fare una sintesi tra il progetto di ricucitura urbanistica elaborato a metà anni 90 dagli architetti Polito, Marri e Perin, e il master plan delle Mura medicee molto più recente, messo a punto dal gruppo di lavoro guidato dall’architetto Milesi. Obiettivo, recuperare l’anello difensivo rinascimentale progettato a meta XVI secolo dall’architetto militare Baldassarre Lanci per il granduca Cosimo I de’ Medici.
Tenendo conto, come ha scritto il Sole24Ore, che «dei sette criteri per stilare la classifica delle proposte (e decidere chi avrà i soldi) due sono moltiplicatori finanziari. Saranno premiati, cioè, i progetti che attiveranno altre risorse pubbliche e private in aggiunta a quelle richieste sul fondo (lettera E) e quelli che coinvolgeranno operatori privati (lettera F)».
Poiché, inoltre, per selezionare i progetti avranno rilevanza strategica la lettera D del bando, che richiede «bilancio zero del consumo di nuovo suolo» mediante interventi di recupero e riqualificazione di aree già urbanizzate; la B, per i maggiori investimenti su «immobili di edilizia residenziale pubblica, con preferenza per le aree a maggiore tensione abitativa», e la C per la presenza nell’intervento di «recupero e valorizzazione dei beni culturali, ambientali e paesaggistici ovvero recupero e testimonianze architettoniche significative». Potrebbe essere colta l’occasione fino in fondo sia per dare finalmente nuove funzioni al Cassero, alle troniere e ai camminamenti interrati delle Mura. Sia per riportare residenti nel centro storico, oggi appena 1.500 persone, recuperando a esempio a fini abitativi almeno la parte dell’ex ospedale che attualmente ospita (indegnamente) gli uffici dell’anagrafe.
Peraltro, ogni realtà individuata dal bando interministeriale (Economia, Infrastrutture e beni culturali), avrà titolo a presentare fino a tre progetti di recupero urbano. Il che – immaginare è gratis – potrebbe voler dire ottenere soldi per riqualificare l’area della stazione ferroviaria e la zona della Cittadella. Piuttosto che Principina a Mare, Roselle o Braccagni. Per dire.
La griglia delle finalità cui devono rispondere le proposte progettuali è articolata, e quindi ci sarà da sbizzarrirsi. Ma bisognerà essere all’altezza dell’ambizione di dare una nuova prospettiva al malconcio capoluogo maremmano.
Come dice l’adagio popolare: «la fame cavò il lupo dal bosco». A Grosseto, parafrasando il detto, di fame di novità che rimettano in marcia la città, ce n’è tanta. Speriamo ci sia qualcuno culturalmente adeguato alla sfida. Oltre che politicamente lungimirante.