GROSSETO – «Stiamo facendo il massimo per consentire il diritto all’istruzione degli studenti, tutelando la salute dell’intero complesso scolastico, in un momento di estrema emergenza sanitaria».
La dirigente scolastica del Fossombroni Francesca Dini ribatte alla polemica sollevata dai Cobas.
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«Mi vedo costretta a ribadire che le scelte fatte a inizio scolastico – precisa Francesca Dini – sono state effettuate nell’ottica di una tutela sanitaria che riguarda non solo gli studenti e gli insegnanti, ma anche i soggetti fragili come i familiari di chi, ogni giorno, frequenta il nostro istituto».
«Abbiamo 46 classi totali nel nostro istituto, 19 di queste sono in presenza e comprendono tutte le prime con i nuovi iscritti, 27 sono invece in didattica digitale integrata mista – puntualizza la dirigente scolastica – ma, come spiegato in precedenza, la situazione non rimarrà tale fino alla conclusione dell’anno scolastico. Subirà delle variazioni in base all’andamento della curva epidemiologica. A livello nazionale si sta caldeggiando l’idea di ridurre la presenza degli studenti in classe e incentivare l’investimento sulle tecnologie da parte delle scuole. La stessa procedura attuata dal nostro istituto con una visione ben chiara dell’emergenza coronavirus. I numeri non mentono, mentre appare evidente come i Cobas non stiano prendendo minimamente in considerazione l’aspetto sanitario che, invece, sta estremamente a cuore alla nostra scuola».
«Il diritto all’istruzione quindi, va di pari passo con l’attenzione sull’emergenza sanitaria. La questione riguarda anche gli spazi – prosegue Francesca Dini – non possiamo certo mandare via gli studenti che vogliono iscriversi alla nostra scuola. Negli anni ho sempre fatto richieste per avere più aule a disposizione da destinare all’istituto, accettando situazioni provvisorie. Al tempo stesso alcuni laboratori della nostra struttura sono stati riconvertiti in aule. In tal senso la soluzione spetta alla Provincia, la nostra è una scuola con numeri in continua crescita».
«Un problema che parte da lontano. Nel 2016, dopo tante insistenze, ci sono state assegnate tre classi nella struttura che ospitava il Provveditorato. L’anno successivo, non potendo continuare a stare lì, sono state utilizzate tre classi della scuola media Ungaretti, collocazione assolutamente provvisoria. Attualmente come sede distaccata abbiamo cinque aule in via Monterosa, che al massimo potranno diventare otto, quando a fine novembre saranno ultimati i lavori, già sollecitati più volte. A suo tempo furono scartate le tre aule messe a disposizione in via Brigate Partigiane, in quanto provviste di un solo bagno e inadatte a una scuola promiscua come la nostra. Le quattro aule offerte solo un mese fa dall’amministrazione, e individuate in via Bulgaria, al massimo possono contenere 13 studenti e quindi non sono in grado di risolvere il problema, in quanto nessuna classe riuscirebbe a lavorare totalmente in presenza».
«Se il percorso intrapreso e i numeri messi a disposizione non fossero sufficientemente chiari per i Cobas, siamo pronti ad aprire le porte dell’istituti. Sono sempre presente a scuola, come punto di riferimento per gli studenti e per i docenti. Se c’è necessità di ulteriori chiarimenti sono disponibile anche a un incontro. Sorge tuttavia il dubbio che i Cobas, nei loro attacchi, facciano confusione e abbiano sbagliato istituto, soprattutto alla luce delle inesattezze riportate. Per queste ultime – conclude – tuteleremo il nostro operato nelle sedi opportune e competenti».