GROSSETO – “Lo abbiamo detto prima del voto e lo ribadiamo adesso, con forza, rilanciando la sfida davanti ai risultati definitivi. Occorre una piattaforma condivisa per costituire un fronte comune dei partiti comunisti e della sinistra di classe. A livello regionale, sommando i nostri voti a quelli del Pc di Marco Rizzo e di Toscana a sinistra, i partiti comunisti e la sinistra di classe sfiorano il 5 per cento dei voti”.
Questo è il primo commento ai risultati elettorali del segretario regionale del Pci, Marco Barzanti, candidato alla carica di presidente della regione Toscana per il Partito comunista italiano.
“Bisogna ripartire dalla consapevolezza – prosegue – che in Toscana centinaia di migliaia di lavoratori e di lavoratrici chiedono di essere rappresentate in modo compatto nel segno della difesa dei diritti economici e sociali. In venti giorni di campagna elettorale, nonostante trent’anni di assenza, abbiamo raggiunto un consenso pari a quello di partiti che sono sulla scena da anni.
Sapevamo che era difficile, praticamente impossibile, perché una legge elettorale assurda, iniqua, non ci ha permesso di presentarci in tutti i collegi. Nonostante questo, ben 16 mila elettori toscani ci hanno votato. Nei dieci collegi in cui ci siamo presentati, su tredici, abbiamo raccolto suffragi non dissimili dal Pc e da Toscana a sinistra. Invito Salvatore Catello e Tommaso Fattori, i candidati presidenti di questi due schieramenti, a un tavolo comune in cui tutti dobbiamo partecipare con pari dignità, ognuno con la propria identità e le proprie differenze.
Abbiamo dato mandato ai nostri legali di studiare come e se è possibile, dall’esterno, porre le basi del superamento della legge elettorale toscana, che tra le tante ingiustizie prevede che un partito già presente in consiglio regionale raccolga poco più di cento firme per essere presente in tutti i collegi, mentre impone la raccolta di circa undicimila firme a un partito od a un movimento che non è presente in consiglio. Tutti devono poter partecipare ad armi pari. Inoltre questa legge prevede sbarramenti troppo alti, fino al 5 per cento se una lista si presenta da sola.
“Sul referendum costituzionale, era praticamente impossibile che vincesse il No. Ma è significativo che 7 milioni e mezzo di votanti si siano opposti a questo salto nel buio. Ben sappiamo che nel Sì sono confluite posizioni molto diverse tra loro. C’è chi vuole andare verso il proporzionale puro, ma anche chi, come Lega o FdI, vuole rafforzare il maggioritario ed utilizzare la diminuzione dei parlamentari per imporre un sistema ancora più oligarchico. Quella della riduzione dei parlamentari a scatola chiusa rappresenta una scommessa pericolosa. Doveva far riflettere maggiormente gli elettori che tutti i partiti istituzionalizzati, dell’area di governo come di opposizione, si siano espressi in modo compatto per il Sì.
La speranza adesso è che i Cinquestelle e il Pd non tradiscano l’impegno preso di votare una legge elettorale nazionale di tipo proporzionale – conclude -. Il timore è che questo referendum rappresenti l’avvio di un’ulteriore distruzione della nostra carta costituzionale”.