TALAMONE – Erica CeGia, esemplare di Caretta caretta, denominata così per ringraziare chi l’ha soccorsa, era stata recuperata lo scorso 28 luglio, quando la Capitaneria di Portoferraio ha avvertito i biologi del settore Mare di Arpat che un diportista aveva avvistato una tartaruga in situazione di difficoltà al largo dello scoglietto di Portoferraio, circa a 3 miglia a largo in direzione di Capraia.
Gli operatori dell’Arpat, tra cui la biologa Cecilia Mancusi dell’Osservatorio Toscano per la Biodiversità (OTB), che si trovavano in mare per il monitoraggio della Posidonia, si sono recati sul posto per dare supporto alla Capitaneria di porto e recuperare la tartaruga che il giorno successivo è stata trasferita al centro di Talamone (Orbetello).
La Caretta caretta, una femmina di 38 kg, con un carapace lungo 64 cm e largo 60, non mostrava segni di ferite o ami da lenza, ma nei giorni di degenza in vasca ha espulso con le feci una grande quantità di materiale plastico che aveva ingerito e che ne determinava le difficoltà di immersione.
Purtroppo la presenza di plastica in mare è uno dei problemi che mettono a rischio la vita di questi esemplari marini.
La tartaruga aveva rivelato anche un’infezione sistemica ed è per questo che è stata sottoposta a cure con antibiotici, sino a raggiungere la completa guarigione ed il recupero di tutte le funzionalità, così da essere pronta per tornare in mare.
Prima della liberazione sul carapace della tartaruga era stato installato anche un trasmettitore satellitare (PTT- Platform Transmitter Terminal) dai collaboratori del gruppo di Paolo Luschi dell’Università di Pisa, per seguirne gli spostamenti una volta liberata in mare.
Lo studio si inserisce tra le attività previste nell’ambito del progetto NatNet finanziato dalla regione Toscana, che si propone di utilizzare le tecniche di telemetria satellitare per investigare la distribuzione ed il comportamento delle tartarughe che frequentano i nostri mari.
Tutto pronto quindi per la liberazione e la tartaruga Erica CeGia è stata salutata dal porto da molte persone che sono state intrattenute da Enrica Franchi, dell’Università di Siena assieme a Chiara Caruso per fornire le informazioni sulle misure di tutela necessarie alla salvaguardia delle tartarughe marine presenti nel mar Mediterraneo.
Presenti il comandante dell’Ufficio locale marittimo di Talamone, luogotenente Alessandro Cardinali, la veterinaria responsabile del Centro Tartanet di Talamone, Chiara Caruso, la presidente del Parco regionale della Maremma, Lucia Venturi, la coordinatrice del Progetto NatNet Letizia Marsili, dell’Università di Siena, Marco Zuffi, esperto erpetologo del Museo di Storia naturale di Calci, della rete OTB della Regione Toscana.
La motovedetta con a bordo la tartaruga ha quindi preso il largo dove è stata rilasciata, e dopo la prima immersione e la prima riemersione Erica CeGia ha continuato a nuotare senza nessun problema apparente ma non si è più immersa, come avrebbe dovuto.
Dopo oltre mezz’ora di osservazione si è quindi deciso di recuperarla nuovamente, d’accordo con i responsabili della rete OTB, per non correre il rischio che fosse travolta dalle imbarcazioni in transito lungo le coste.
Sentita la disponibilità dell’Acquario di Livorno, che è dotato di vasche profonde ed idonee alla riabilitazione, si è dunque deciso di trasferirla lì per poter monitorare meglio le funzionalità di immersione, nuoto e apnea ed indagare a fondo quale fosse il problema che non garantiva al momento della reintroduzione in natura un corretto comportamento dell’animale.
Niente di fatto quindi per la tanto attesa liberazione ma la decisione è stata presa a salvaguardia di questa importante specie marina.
“Un particolare ringraziamento va a tutta la squadra della Capitaneria di Porto di Talamone presente sulla motovedetta (Francesco, Alessandro e Simone) che, con grande entusiasmo si è prestata per questo non facile recupero operato dalla responsabile del centro Chiara Caruso- dicono dal Parco della Maremma -; grazie anche a Marco Zuffi che si è immediatamente prodigato per il trasferimento al centro di recupero dell’Acquario di Livorno, che ancora una volta ha dimostrato tutta la disponibilità e che ringraziamo per la collaborazione”.
“Una telefonata può salvare la vita di una tartaruga marina – concludono -: chi avvista una tartaruga in difficoltà in mare o lungo una spiaggia o i pescatori che rinvengono tartarughe impigliate nelle loro reti devono chiamare il 1530 della Capitaneria di Porto e far partire così la rete di salvataggio coordinata dall’Osservatorio Toscano Biodiversità”.