GAVORRANO – In seguito alla richiesta delle dimissioni della consigliera di maggioranza Serena Rossini da parte dell’opposizione della lista Di Curzio, Rossini si difende dalle accuse di aver abusato del suo ruolo istituzionale a fini personali.
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«In questi giorni – scrive la consigliera in una lettera aperta – sono stata oggetto, con la mia attività, che ben poco ha a che vedere con la politica, di squallide speculazioni da parte delle opposizioni che hanno alimentato inutili chiacchiere, e credo sia giunto il momento di dire quello che penso».
«Sono consigliera comunale da qualche anno – ricorda Rossini – e il mio impegno politico è sempre stato nell’interesse dei cittadini, per cercare di affrontare e risolvere i problemi della frazione Ravi dove vivo e lavoro e del mio comune. Ho impostato il mio impegno nella correttezza e trasparenza verso tutti i cittadini, lavorando nell’assoluta legalità e nel rispetto di tutti. In politica si può certamente sbagliare ed essere oggetto di aspre critiche; esse fanno parte del gioco e sarebbe sciocco lamentarsene».
«Scorretto – prosegue – è invece attaccare qualcuno sul piano personale, adombrando l’idea che possa aver ottenuto trattamenti di favore dalla propria posizione. Ebbene, il gazebo installato per l’attività che mi permette di vivere (la politica è impegno, è giusto che non sia retribuita al mio livello, ma di qualcosa bisogna pur vivere) è stato autorizzato dal Comune subendo i controlli che tutti i cittadini, che fanno la stessa richiesta, giustamente subiscono. Mi sono anche impegnata per far ridipingere le strisce pedonali a mie spese perché lo ritengo un atto dovuto vista la collocazione, comunque perfettamente corretta, del gazebo. Correttezza e trasparenza assolute, quindi, con atti che sono sotto gli occhi di tutti».
«Gli attacchi politici – conclude Rossini – che scivolano sul personale sono francamente squallidi per chi li fa, contro di essi c’è una sola risposta: il mio impegno che continua e continuerà. Ovviamente se il livello degli attacchi sarà giuridicamente intollerabile non potrà che esserci la strada della tutela nelle sedi opportune».