GROSSETO – «Ormai l’inverno del nostro scontento, s’è fatto estate sfolgorante ai raggi di questo sole di Maremma (York)». L’adattamento, indegno, dell’incipit del Riccardo III di Wiliam Shakespeare è la metafora perfetta del sentimento degl’Italiani che ha accompagnato la parabola della pandemia di Covid-19. Dalla fine di febbraio a questo ferragosto azzoppato, segnato dall’insofferenza dei vacanzieri, e non solo, nei confronti della disciplina che finora ci ha salvati da un disastro più immane di quanto non sia stato.
Se c’è un tratto che caratterizza quest’estate bizzarra e monca, eccessiva e impaurita, non è tanto il comprensibile desiderio di ritorno alla normalità. Anche in un Paese che esecra il buon senso. Quanto la voglia di riappropriarsi della pratica genetica della trasgressione delle regole. Connaturata al genius loci del Belpaese e mirabilmente interpretata da una discreta fetta dei suoi abitanti.
L’atteggiamento dei gestori delle discoteche, assecondati dalla follia anarcoide di alcune Regioni rispetto alle linee d’indirizzo del Ministero della salute, è la rappresentazione plateale della schizofrenia che presiede al comportamento di istituzioni e lobby degl’interessi economici. In questo caso il comparto dell’intrattenimento, che fattura 400 milioni di euro con 3.500 locali riaperti e 25.000 lavoratori. Il quale non manca di esercitare forti pressioni sulla politica. Capitalizzando lo spauracchio delle scadenze elettorali del prossimo settembre.
Nonostante sia oramai conclamato e scientificamente acquisito che in attesa del vaccino, il più efficace argine alla riattivazione della pandemia siano i comportamenti sociali prudenti – distanziamento, evitare assembramenti, uso delle mascherine e lavaggio frequente delle mani – infatti, in troppi continuano imperterriti a sostenere che non è certo impedire il divertimento ai giovani la strada da battere. Un argomento tanto ottusamente antiscientifico, e diffuso, da mettere in crisi il pre-giudizio positivo dell’Illuminismo a favore dei comportamenti razionali dell’uomo. Peraltro già messo ampiamente in discussione dagli studi di psicologia comportamentale che hanno indagato la razionalità delle scelte dell’homo oeconomicus contemporaneo…..Da Vilfredo Pareto in poi.
Ferragosto, col rito collettivo dell’obbligo di festeggiamento & divertimento, costituisce lo Zenit ideale dell’ondata negazionista della pericolosità del Covid-19. Ne danno buona testimonianza i due principali “argomenti” che apprendisti stregoni del senso comune rilanciano con entusiastica incoscienza sul web. Assecondati dai soliti pessimi maestri della politica, a partire da Matteo Salvini. Gaffeur professionale per antonomasia, irresponsabile per vocazione.
La prima di queste “raffinate” argomentazioni consiste nel fatto che si dà una sovraesposizione mediatica ai rischi del Covid-19, a fronte dei numeri di gran lunga più pesanti delle morti giornaliere per tumore o malattie cardiovascolari. Ennesima variante della comparazione impropria fra mele e pere. Perché è evidente che sono inconfrontabili patologie diverse. E soprattutto è mistificante mettere in relazione l’esito statistico di malattie croniche con i rischi dell’esplosione di una pandemia che fortunatamente per ora è stata arginata da pratiche sociali virtuose. Come se avere potenzialmente 100-200-300.000 morti per Covid-19 fosse una cosa accettabile, perché in fondo ne muoiono più di tumore o infarto. Non è necessario essere Pico della Mirandola per capire: ipotizzando un tasso di mortalità del 3%: un milione di contagiati fanno 30.000 morti. Dieci milioni fanno 300.000 decessi. E 30 milioni di contagi (metà della popolazione) comporterebbero 900.000 morti. Senza tenere conto del collasso del sistema sanitario e dei costi socioeconomici.
Poi ci sono i virologi da tastiera. I “piccoli chimici” laureati all’università virtuale del web. Tanto dotati di sicumera quanto grotteschi nelle loro certezze. «Il virus ha perso di forza. Ha diminuito la carica batterica. I giovani non ne vengono colpiti. Quindi: inutile terrorizzare la gente. Basta mascherine, viva la libertà». Anche in questo caso ci sarebbe da ridere, non fosse da piangere. Perché se è intuitivo, e coerente, che un virus fa molti più danni in una persona anziana o vecchia, magari con patologie cronicizzate pregresse, rispetto a quanto non faccia in una popolazione giovane. È altrettanto evidente che ancora non esistono certezze sui danni che il Covid-19 può provocare nelle persone giovani. Che se fossero infettate in massa, peraltro, fungerebbero da poderoso veicolo di contagio per le classi di popolazione più a rischio. Ad ogni modo, oltre i sofismi da bar, la statistica certifica che s’è abbassata drasticamente l’età dei contagiati – negli ultimi giorni la metà sono under 30 – e stanno ricominciando a manifestarsi i sintomi della polmonite interstiziale. Quella che in Italia ha già mietuto più di 35.000 vittime. È di venerdì sera la notizia di cinque giovani pugliesi tra i 20 e i 30 anni ricoverati nei reparti di malattie infettive in condizioni severe». E sono solo i primissimi segnali dopo il ritorno di fiamma dei contagi giornalieri: quasi 600 in Italia nella giornata di sabato. A fronte dei 3.000 della Spagna, dei 2.500 della Francia, i 1.800 della Germania e i 1.400 dell’Inghilterra. Omettendo per carità di patria quel che succede in Usa, India, Sud Africa e Argentina.
Complice l’estate, sono infatti i giovani i veri protagonisti della recrudescenza del Coronavirus. Cosa che c’era da aspettarsi, poiché dalla notte dei tempi è innegabile il legame tra gioventù e incoscienza. Il tratto psicologico dell’arroganza della giovane età, che porta sistematicamente a sottovalutare i rischi corsi. Chi è senza peccato, scagli la prima pietra.
Quel che lascia interdetti, casomai, è l’età adulta dei cattivi maestri che offrono pretesti e argomentazioni di legittimazione alle inevitabili ma pericolose trasgressioni di ragazzi e ragazze. Quest’ultimi – incanagliti come il Riccardo III, ultimo sovrano della casata di York – si dividono sostanzialmente in due macro categorie.
La prima è costituita dai negazionisti del Covid per motivi politici e ideologici. Personale politico, rappresentanti delle Istituzioni e Ascari di pronto intervento. Per quanto incredibile sia, infatti, negli anni 20 del XXIesimo secolo esistono individui che fanno di una questione di sanità pubblica una battaglia “politica”. Le loro armi di distrazione di massa sono il complottismo, la denigrazione, le enormità anti e parascientifiche, l’esaltazione del senso comune. Lo strumento prediletto il web disintermediato. Dove qualsiasi fandonia o castroneria diventa elemento identitario da dare in pasto alla propria tribù politica. Senza alcun bisogno di dimostrazione o validazione. Fenomeno peraltro già ampiamente noto.
Poi c’è il secondo macro-gruppo. Anche più pericoloso, perché costituito dalla mitica e impalpabile gente comune. Ma soprattutto sorprendentemente spesso composto da persone che hanno studiato, e vantano titoli di laurea o scuola superiore, magari con ruoli professionali significativi. La dimostrazione avvilente che anche una discreta formazione culturale è ininfluente di fronte al pregiudizio radicato e alla volontà narcisistica di affermare il proprio punto di vista. Per quanto cozzino violentemente con la logica, le acquisizioni scientifiche e non di rado con l’evidenza dei fatti. Costoro sono quasi entusiasmanti nell’argomentazione simil-forbita, che spesso cita parzialmente fonti scientifiche travisandone il senso, non si capisce bene se con consapevolezza o per analfabetismo funzionale. Mentre altre volte si limitano a rilanciare in modo disarmante imbonitori e pseudo autorità del complottismo professionale che abbonda in rete.
Tutto questo accade sotto il solleone di ferragosto, a pochi mesi dalla tragedia del lockdown. Che se la realtà non è un’opinione, ha avuto conseguenze nefaste sul piano economico, sanitario e sociale. Fra l’altro proprio mentre nello scenario internazionale emerge con nitidezza quanto lungimiranti e virtuose siano state le scelte del governo italiano, e i comportamenti della gran parte degli Italiani. Con Paesi come Francia, Spagna, Germania, e persino la perfida Albione (Inghilterra), impegnati in eclatanti retromarce per evitare la seconda ondata di pandemia.
Ad ogni buon conto, tranquilli. Non è certo finita qui. In autunno, con l’arrivo dell’influenza, e il parallelo debutto dei primi vaccini, assisteremo a un’esilarante «batracomiomachia» (battaglia fra topi e rane) aizzata da no-vax redivivi e complottisti di varia natura. Che faranno a gara nell’opporsi radicalmente a ogni vaccinazione. Nella speranza, come avviene nella parodia epico satirica attribuita ad Omero, che alla fine arrivino i granchi inviati da Zeus a fare piazza pulita…….