GROSSETO – Per sedersi sulla panchina della Juventus e vincere uno scudetto con i bianconeri, occorre essere passati da Grosseto? L’interrogativo ha risposta affermativa se ci soffermiamo a guardare l’albo d’oro delle ultime sei stagioni in Serie A. Ben cinque affermazioni per Massimiliano Allegri e una per Maurizio Sarri che fa centro al suo primo campionato sulla panchina della squadra più titolata d’Italia. Cosa hanno in comune i due? Ben poco dal punto di vista della filosofia di gioco e del carattere.
Tuttavia un tratto di unione tra i due tecnici può essere la Maremma e così, magicamente, torniamo alla domanda di partenza. Sia Allegri che Sarri, infatti, hanno allenato il Grosseto nell’era Camilli, la più florida di soddisfazioni. Sotto la guida dell’uomo di Grotte di Castro, sia Allegri che Sarri si sono fatti le ossa. Camilli, che di calcio è sempre stato un grande intenditore, ne ha fatto un vanto. Saper individuare buoni tecnici come Allegri e Sarri è diventato un cavallo di battaglia dell’ex patron unionista che alla lista degli allenatori da lui selezionati, fino a poco tempo fa, amava aggiungere anche Pioli e Andreazzoli: tutta gente passata dalla Maremma. Il fatto che siano stati anche esonerati (Allegri addirittura due volte), è sempre sembrato assai irrilevante.
In ogni caso Sarri atterrò in Maremma nel marzo 2010, chiamato a soccorrere un Grosseto reduce dall’esperienza Gustinetti e in piena corsa per la Serie A. Si portava dietro l’etichetta del nemico, avendo allenato la Sangiovannese nell’epoca di una agguerrita Serie C, con tanto di aule di tribunale necessarie per confermare i verdetti del campo. Un parallelo, con le dovute proporzioni, simile alla sua avventura juventina, arrivata dopo i suoi trascorsi a Napoli. Essere accettato quando sei stato nemico giurato, non è facile. Per questo alla prima uscita allo Zecchini, Sarri se la cavò con un «Grosseto era nel mio destino». Si mise in mostra subito per l’incredibile schiettezza, ma dal punto di vista comunicativo non fece in tempo a rendersi antipatico: i ritiri e i silenzi stampa minarono il suo percorso in biancorosso, contraddistinto da un “democristiano” score di sette pareggi, due vittorie e altrettante sconfitte. Finì con il Grosseto fuori dai play-off, complice anche l’assenza per infortunio di “Area 51”, alias l’extraterrestre Mauricio Pinilla.
Sarri ebbe comunque il merito di capire prima di altri che qualcosa in quella squadra non andava. Il coperchio del vaso di Pandora fu sollevato poi dall’inchiesta Scommessopoli. Con la Juventus è andata decisamente meglio, anche se l’hashtag #SarriOut era in tendenza su Twitter fino a pochi giorni fa. Vincere non è mai facile e banale, anche se viene dato per scontato. Così Maurizio Sarri è riuscito a tagliare l’ambito traguardo dopo una lunga gavetta, composta anche dalla “palestra” Grosseto. Un connubio a distanza molto strano, quello tra la Maremma e la Juventus, ma che negli ultimi sei anni è stato avvolto dal tricolore.