GROSSETO – “Abbiamo ricevuto diverse segnalazioni – spiega Nicola Draoli, presidente dell’Ordine degli infermieri di Grosseto – di colleghi preoccupati e disorientati. Ormai viviamo con l’incertezza di non sapere cosa accadrà domani. Gli infermieri sono stanchi, lavorano senza linee di indirizzo che durino più di una settimana e con una comunicazione interna frammentata e non condivisa tanto che le riorganizzazioni, spesso, si apprendono prima dai media. Se le cose continuano però a funzionare è perché la categoria è compatta e coscienziosa e questo dopo un periodo di grande difficoltà in cui i turni di lavoro vengono ancora modificati in continuazione. Fin qua la categoria si è spesa senza sosta, nonostante le ore in più, la rinuncia alle ferie e i continui spostamenti in contesti di lavoro diversi”.
Una situazione che è ancora in essere e che è collegata, spesso, alla chiusura rapida di servizi, che spesso a distanza di poco tempo risultano essere invece ancora necessari e per i quali si deve lavorare, rapidamente, per la riapertura che diventa così faticosa: come sta accadendo in questi giorni per il reparto covid del Misericordia.
“L’inserimento di risorse umane si è arenato rispetto all’emergenza – continua Draoli – dando vita a un’euforia precoce rispetto alla fine della pandemia, invece non solo la notizia del nuovo ricovero covid (ma pensiamo anche al sospetto covid positivo della psichiatria inserito in un percorso che era già chiuso) ma, stando alle notizie che ci arrivano dal territorio, a un incremento nel sistema di tracciamento, diagnostica e isolamento, come tamponi, sierologici e contact tracing. Abbiamo goduto solo di una breve pausa illusoria ma siamo pronti a sottoscrivere che, se dal punto di vista clinico forse non ci saranno particolari tsunami, dal punto di vista di impegno assistenziale e organizzativo questo arriverà anche prima del previsto e probabilmente è già così in alcuni contesti”.
Al personale infermieristico viene chiesto di tracciare gli operatori di tutte le strutture diurne e residenziali ogni 15 giorni, di aumentare orari e tempi per recuperare i servizi al cittadino che si sono interrotti nel periodo del lockdown, pensiamo ai prelievi e agli ambulatori, stanno aumentando gli interventi domiciliari perché i centri diurni o alcuni ambulatori sono chiusi e ogni nuovo punto di accesso che viene riaperto ha bisogno di check point e sistemi di triage. Prima ancora di chiudere una fase di questa emergenza c’era già chi faceva i conti su eventuali operatori assunti in più come se prima avessimo uno standard adeguato “e, per una volta – ricorda Draoli – grazie ad appelli bipartisan della classe politica, è stata sventata la cessazione dell’assunzione degli interinali”.
“Come Ordine chiediamo – prosegue Draoli – che quella che stiamo vivendo non venga più considerata una situazione di emergenza, ma sia riconosciuta come stabile e in grado di cambiare in un istante facendo diventare, improvvisamente, le risorse a disposizione da adeguate a inadeguate, e senza permettere agli infermieri di avere un tempo di recupero psicofisico congruo. Per questo, chiediamo che i livelli dirigenziali siano più ancorati alla realtà, orientando il loro sguardo dentro l’operatività e meno su tabelle di rendicontazione”.
“Il nostro è un appello sincero. La stanchezza e l’incertezza ha raggiunto livelli preoccupanti e non va smitizzata né demolita. E’ necessario continuare ad investire sulle risorse e farlo con una parola di conforto e non di dubbio. Dobbiamo trovarci pronti ad un domani in cui i contagi potranno aumentare di nuovo– conclude Draoli – e, da quello che rileviamo, sta arrivando anche prima del previsto”.