CAMPAGNATICO – Si è svolta ieri, lunedì 22 giugno, la conferenza di servizi che avrebbe dovuto decidere in merito al progetto riferito alla ex miniera di Pietratonda, nel comune di Campagnatico, che prevede il riempimento del laghetto dell’Incrociata con i gessi rossi della Venator di Scarlino.
Il Comitato Val di Farma è stato ammesso a partecipare in quanto portatore di interessi pubblici, e ha chiesto “un tempo maggiore per l’acquisizione e l’analisi della documentazione necessaria ad elaborare le opportune osservazioni”. La Conferenza si è quindi conclusa con la concessione di ulteriori incontri di approfondimento della questione.
Ecco le osservazioni presentate in questa occasione dal Comitato e il video realizzato dallo stesso sulla zona interessata.
1 – Con l’ordinanza 5/207, il tribunale di Grosseto chiede la “rinaturalizzazione delle aree con nuove piantate vegetazionali e la realizzazione di una efficace recinzione per la messa in sicurezza” dell’area dell’ex miniera di Pietratonda; ma il tribunale non autorizza, né con quella sentenza né in altri atti, il riempimento del bacino con i “gessi rossi”.
La miniera è inattiva da circa 20 anni e la Natura ha provveduto a ristabilire un equilibrio perfetto, senza l’intervento dell’uomo, creando invasi che raccolgono le acque piovane e un naturale reinverdimento delle gradonature, ad eccezione di pochi tratti, nonché un habitat
perfetto per una varietà faunistica preziosa per la conservazione delle specie e la tutela della biodiversità.
Alla luce di quanto suddetto, la realizzazione del progetto presentato da Accornero s.r.l. non si configura come realizzazione della sentenza di cui sopra.
2 – L’intervento proposto dalla ditta Accornero s.r.l nell’istanza presentata il 16 luglio 2019 prevede l’utilizzo di “materiali idonei al recupero ambientale costituiti da solfato di calcio di cui all’articolo 298 bis della parte quinta bis del decreto legislativo 152/2006 e dichiara che tali materiali sono “compatibili ambientalmente con il sito minerario in oggetto”. Tale affermazione pare discutibile visto che i materiali ai quali ci si riferisce altro non sono che gli scarti di lavorazione per la produzione del biossido di titanio, ovvero i cosiddetti “gessi rossi”, la cui composizione non è semplice solfato di calcio bensì (come si legge nella Relazione territoriale della Regione Toscana approvata dalla commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati) “un rifiuto speciale non pericoloso definito solfato di calcio impuro, ottenuto dalla neutralizzazione dell’effluente acido, realizzato con la marmettola”.
I materiali sono pertanto definiti “inidonei al ripristino ambientale” e si specifica che le analisi effettuate hanno evidenziato “concentrazioni di cromo e di vanadio in misura superiore ai limiti consentiti dalla normativa”.
“In realtà – osserva la Commissione di inchiesta – se la marmettola è un rifiuto che viene conferito normalmente in discarica, non si comprende la ragione per cui tale rifiuto, miscelato con gli scarti di produzione del biossido di titanio, che sono anch’essi rifiuti, possa essere destinato al ripristino ambientale per il recupero morfologico di ex cave o aree degradate.
Del resto, già nel 2005, a conclusione dell’Inchiesta pubblica indetta dal sindaco di Roccastrada, in sede del procedimento di VIA avente come oggetto: Recupero ambientale e morfologico con utilizzo dei gessi rossi prodotti da Tioxide Europe Srl della cava di Molino Nuovo, presso il Comune di Roccastrada, nel verbale conclusivo (Verbale del 19 luglio 2005) si legge:
“Secondo i risultati di laboratorio riportati nel punto precedente, il gesso rosso Tioxide, pur presentando alcune caratteristiche migliorative rispetto al gesso originario, rappresenta, se sottoposto a fenomeni di eluizione, un pericolo potenziale di contaminazione
dei corpi idrici superficiali e delle acque sotterranee utilizzate a scopo potabile per i parametri solfati, manganese e cloruri”.
Il procedimento di VIA mise in evidenza che ciò che si voleva presentare come “ripristino” si configurava invece come “discarica” e si concluse con una serie di prescrizioni che ne hanno di fatto impedito la realizzazione.
Se non sono cambiati i processi produttivi rispetto alle date sopra indicate, per tutti i motivi sopra documentati, tali rifiuti speciali non sono per legge utilizzabili con procedure semplificate, ma necessitano analisi di compatibilità con i siti che li debbono ricevere.
E’ chiaro, quindi, che il progetto in oggetto non si configura come “rinaturalizzazione dell’area” ma piuttosto come realizzazione di una vera e propria discarica nella quale stoccare quasi un milione di metri cubi di un rifiuto speciale CER 06 11 01.
Alla luce di tali considerazioni riteniamo che sia necessario in primo luogo variare la natura giuridica e la denominazione del Progetto della società proponente; secondariamente, una volta collocato nella tipologia corretta di intervento, prevedere coerentemente una
Valutazione di Impatto Ambientale che possa approfondire gli effetti prevedibilmente impattanti nella zona oggetto di intervento e nelle aree limitrofe.
3. A corollario di quanto detto al punto 2, riteniamo che sia necessario valutare l’impatto del progetto rispetto a attività agricole, allevamento e insediamenti umani anche di tipo turistico, attività tutte presenti nell’area circostante.
4. Il riempimento del bacino prevede il trasporto in loco di quasi un milione di metri cubi di materiali che inevitabilmente dovrebbero viaggiare su trasporto gommato. Si ritiene opportuno valutare l’impatto che tale trasporto potrebbe avere sulla viabilità di accesso al sito: la Strada Comunale di Pietratonda non sembra avere caratteristiche adeguate allo scopo.
Inoltre andrebbero valutate le conseguenze sulle componenti rumore e vibrazioni, atmosfera e salute pubblica (CO2 e polveri sottili prodotte).
5. La zona su cui insisterebbe il progetto è inserita all’interno di un’area in cui il Comune di Campagnatico ha previsto un Parco naturalistico minerario ed è poco distante dal Sito di interesse comunitario Monte Leoni (IT51A0009): questi elementi configurano l’opportunità di una valutazione di incidenza.
6. Nella relazione geologica si esclude la presenza di falde profonde (che scongiurerebbe il pericolo di contaminazione); fatta salva l’ipotesi che sarebbero molto probabilmente necessarie analisi più approfondite per pervenire a tale conclusione, resta comunque un vuoto: non si fa un’analisi delle possibili conseguenze sul reticolo idrico superficiale che, data la conclamata pericolosità insita dei gessi rossi a contatto con l’acqua, non ci sembra un elemento da sottovalutare.
Posto, inoltre, che alla conclusione dei lavori l’intero volume dei gessi rossi venisse impermeabilizzato, nella relazione non si analizza il pericolo di contaminazione nel periodo di riempimento, durante il quale gli stessi gessi sarebbero esposti alla pioggia ed al vento e
potrebbero essere trasportati all’esterno del bacino.