SCARLINO – “La Scarlino Energia nella sua nota dichiara che la sua nuova richiesta di autorizzazione dei propri tre impianti situati nel sito del Casone parte proprio dal rispetto delle sentenze del Consiglio di stato e della cosiddetta Class action, pur non condividendone il contenuto”.
A scriverlo, in una nota, Renzo Fedi a nome degli attori della class action contro l’inceneritore di Scarlino.
“Ora – prosegue -, a parte assumere nello scritto da parte della Scarlino Energia, come fatto anche in passato, atteggiamenti che agli scriventi – ex attori nella class action – appaiono di ingiustificato vittimismo ( ingiustificato dati i contenuti e le motivazioni delle sentenze avverse che le sono state applicate), non si concorda affatto con la dichiarazione della Scarlino Energia sopra riportata.
Innanzi tutto le modifiche ai forni non sono adeguate, e ci si riserva di dare ulteriori chiarimenti tecnici sull’argomento; ma, addirittura, è mantenuta l’uscita dei fumi laterale sul mantello, che impedisce di ottenere quell’ “omogeneità di atmosfera” chiaramente richiesta dalle vigenti leggi, in assenza di un flusso cosiddetto “a pistone”; una mancanza di omogeneità di atmosfera che non consente di ottemperare al requisito di mantenimento dei tempi di residenza dei fumi per una significativa parte del flusso dei fumi nel volume di post-combustione dei forni.
Anche le modifiche alla linea fumi non sono soddisfacenti: restano i lavatori dei fumi, che gli scriventi ritengono sottodimensionati, ma che – soprattutto – portano allo scarico di una rilevante portata di reflui inquinati nel canale Solmine, le cui sponde sono permeabili; e si tratta di reflui diluiti indebitamente dalle acque provenienti da Syndial e Nuova Solmine: un aspetto sui cui Scarlino Energia ha sempre taciuto.
Gli scriventi inoltre non credono che il vecchio impianto e i suoi forni a letto fluido possa esser mai più rimesso in esercizio dalla Scarlino Energia: si tratta d’un impianto vecchio ed obsoleto in tutte le sue parti, fermo da 5 anni. Si ritiene rivelatore della correttezza di questa ipotesi il fatto che le azioni di “revamping” proposte non toccano il ciclo termico, la turbina, il turbogeneratore, il condensatore … che pure la stessa Fichner Italia aveva ritenuto dover esser oggetto di consistenti ripristini; ma la Scarlino Energia pare essersi dimenticata delle indicazioni del suo consulente.
Il motivo della proposta di riavvio del vecchio impianto, secondo l’opinione degli scriventi, ha uno scopo solo: rimandare “sine die” le indispensabili bonifiche del sito nel 2020, promesse per iscritto dalla Scarlino Energia nel 2008.
E che la Scarlino Energia sia lontana dall’immaginare un suo impegno nelle bonifiche del sito lo dice il fatto che essa non solo non prevede bonifica del terreno su cui propone di realizzare il nuovo inceneritore, ma – addirittura – prevede il riutilizzo di quelle terre inquinate.
Né infine si può tralasciare il fatto che l’impianto di trattamento di 55 tipi di refluii pericolosi e non pericolosi, che niente ha a che fare con l’incenerimento – pur essendo oggetto di un’ unica richiesta di Aia con gli inceneritori – avrebbe dovuto raddoppiare il numero dei serbatoi, come prescritto dall’Aia 2015 nell’ambito d’una cosiddetta fase 2. Tuttavia di raddoppiare il numero dei serbatoi ora la Scarlino Energia non ne parla, ma se non ora quando?
Ciò che ragionevolmente si chiede è che si smantelli il vecchio impianto di incenerimento (che fu definito da un politico locale un “ferro vecchio”), e si proceda alle indispensabili bonifiche oramai da troppo tempo attese prima di realizzare altri impianti nel sito del Casone proprio, come scrive la Scarlino Energia, allo scopo di fare impresa impegnandosi a rispettare le regole e tutte le normative vigenti in un settore complesso e difficile come quello ambientale“.