GAVORRANO – «La celebrazione del 76°anniversario della liberazione del nostro Comune dalle forze di occupazione nazifascista ci impegna a mantenere viva la memoria e a custodire il ricordo di tanti uomini e donne che si sono impegnati nel movimento resistenziale e hanno sacrificato la loro vita per restituire al Paese la libertà dopo venti anni di dittatura, una guerra dagli esiti drammatici e l’occupazione tedesca» a parlare è Leo Barbi, che ricorda la liberazione di Gavorrano e Scarlino tra il 21 e il 22 giugno del 1944.
«La Resistenza è stato un movimento di riscatto nazionale civile, politico e morale che ha svolto un ruolo attivo con un grande tributo di uomini, appartenenti a tutte le forze politiche, impegnati a lottare per liberare l’Italia e ha determinato, con i propri fondamentali valori, la struttura dello Stato democratico e della Costituzione Repubblicana che ancora oggi sono alla base della nostra vita nel nostro Paese».
«Gli inizi del mese di giugno, con l’avanzata da sud dell’esercito anglo americano e la “ritirata aggressiva” dell’esercito tedesco, segnarono il periodo più cruento della lotta di Resistenza nel territorio del Comune di Gavorrano e in tutta la provincia di Grosseto».
«Le diverse bande partigiane, alcune attive da diversi mesi nella vasta zona che comprende la fascia costiera da Castiglione della Pescaia a Follonica e il primo entroterra collinare con i paesi di Buriano, Vetulonia, Tirli, Ravi, Caldana, Gavorrano, Filare e Scarlino, nei primi giorni di giugno furono riunite con finalità operative nel “Gruppo Tirli” inquadrato nel Raggruppamento patrioti “Monte Amiata” settore “C”».
«Dal 9 al 20 giugno si susseguirono in tutta l’area aspri scontri contro i soldati tedeschi, le SS, le milizie della GNR e i reparti dell’esercito italiano, oltre alla liberazione prima dell’arrivo degli eserciti alleati dei paesi di Tirli e Scarlino. I tedeschi, nel tentativo di sgomberare le vie di comunicazione e colpire le bande partigiane, compirono azioni repressive e continui rastrellamenti in modo da isolare le formazioni del Gruppo Tirli note all’esercito germanico per la consistente forza di uomini, circa 600, e per le operazioni messe in campo già da tempo. Nella violenza della “ritirata aggressiva” e, appunto, nel tentativo di bloccare le bande si consumarono numerose uccisioni di civili e partigiani tra cui ricordiamo quelle di Flavio Agresti, Dante Campori, Assunta Clementi, Angelo Dondoli, Mario Signori, Sirio Viggiani, Augusto Castelli, Vito Ascolesi, Erminio Lelli».
«In seguito all’attacco al presidio di Pian d’Alma i reparti tedeschi per rappresaglia circondarono il paese di Buriano e concentrarono la popolazione nella piazza principale. La deportazione e la strage furono impediti soltanto grazie all’intervento e alla mediazione del parroco don Ermanno Carresi» prosegue Barbi.
«Per rallentare il più possibile il movimento delle truppe i partigiani fecero saltare i ponti su diversi fiumi, torrenti e fossi della zona determinando l’interruzione del transito delle colonne tedesche e con I ripetuti atti di sabotaggio obbligarono il grosso delle truppe dirette verso nord a percorrere l’Aurelia anziché le strade secondarie, ritenute dai comandi germanici troppo pericolose proprio per la presenza dei partigiani. La ritirata, con tutte le sue conseguenze, si fece precipitosa intorno al 14 giugno quando i tedeschi furono incalzati dall’esercito anglo-americano arrivato ormai vicino a Grosseto e, allo stesso tempo, furono pressati dai ripetuti attacchi dei partigiani».
«La situazione viene descritta con chiarezza dal comandante Pilade Rotella […] Le truppe americane alle porte di Grosseto non danno respiro ai tedeschi i quali, in fuga, debbono scegliere l’Aurelia anziché le vie secondarie infide per i partigiani… I comandi tedeschi furono sorpresi e spaventati dall’efficienza dimostrata dalle bande del Gruppo Tirli delle quali non riuscivano, nonostante le informazioni che avevano a disposizione, a percepire e prevedere la forza e l’entità. Le molteplici azioni intraprese portarono alla liberazione del territorio e intorno al 20 giugno la zona a sinistra dell’Aurelia era ormai liberata e nei giorni successivi fu occupata dalle forze armate anglo americane, queste, grazie all’attività del Gruppo Tirli che aveva lottato per giorni contro i tedeschi non dovettero sostenere combattimenti per occupare la zona e i paesi del territorio» continua Barbi.
«Nella mattinata del 21 giugno le truppe alleate entrarono a Ravi e la sera, intorno alle 23, raggiunsero Gavorrano, dove il giorno successivo riprese a funzionare la vita democratica con l’elezione del sindaco Alfredo Meschini. Il 21 giugno fu liberato anche il paese di Giuncarico dove fin dal mese di settembre 1943 era stata operativa la banda comandata da Lorenzo Taddei e Liborio Sarti, aggregata con la formazione della III Brigata Garibaldi “Antonio Gramsci” di Roccastrada. I partigiani di Giuncarico avevano di fatto liberato il paese fin dal 10 giugno e, alcuni giorni dopo, avevano protetto la popolazione da un reparto tedesco che aveva fatto irruzione nell’abitato compiendo atti di violenza e minacciando le famiglie».
«Il 22 giugno, intorno alle tredici, tre camionette delle avanguardie americane del 517° Reggimento Paracadutisti al comando del Capitano Dearing arrivarono ai piedi di Scarlino e salirono fino al paese dove furono accolte con esultanza dalla popolazione e dai partigiani che, ormai da giorni, presidiavano il centro abitato. Un gruppo di partigiani scarlinesi si offrì volontario per partecipare ad una ricognizione delle avanguardie americane su Follonica, agli ordini del Capitano Daering. Poiché la città era ancora completamente invasa dai tedeschi che si erano asserragliati nel centro abitato, gli americani avevano deciso di bombardarla per provocare la resa e liberare anche Follonica. Per evitare la sicura distruzione della cittadina i partigiani di Scarlino, che avevano partecipato alla ricognizione, si misero a disposizione degli americani e fecero una vera e propria azione di rastrellamento nelle vie e nelle case combattendo corpo a corpo con i tedeschi. Secondo la testimonianza del comandante Fabbrini si distinsero per il coraggio e per l’ardore con cui portarono a termine una missione difficile e dall’esito incerto».