GROSSETO – E’ stato un piacere parlare a tu per tu, tramite telefono, con Alessandra Barberini che, gentilmente e con grande disponibilità , nonostante un’agenda fitta di impegni, nel pomeriggio di oggi è riuscita a trovare uno spazio da dedicare a questa intervista. Ed io ne sono lusingata e la ringrazio di cuore anche per avermi concesso di darle del tu.
Storica e Critica d’Arte, curatrice indipendente, art e project manager, specializzata in promozione di sviluppo e valorizzazione dei beni culturali e ambientali. Si potrebbe dire che l’Arte è un punto fermo della tua vita…
E’ sempre stato un punto fermo della mia vita a tal punto da organizzare, fin dalla conclusione dei miei studi universitari, ogni passo della mia vita privata e professionale, perché in questo ambito, per chi fa il mio lavoro, in realtà lavoro, passione e vita privata sono un tutt’uno, e difficilmente si riesce a scindere la parte professionale dalla parte personale: la passione è talmente forte da rappresentare un vero e proprio “barometro delle esistenze”, che ci fa rinunciare a molte cose e che orienta inevitabilmente tutte le scelte, in particolare dalla fine degli studi, ai master, ai corsi di perfezionamento, fino alla scelta del preciso ambito in cui ci si vuol concentrare e specializzare; dalle prime scelte professionali per acquisire tutte quelle esperienze e competenze che mi avrebbero avvicinato, step by step, al lavoro che oggi svolgo, cominciando a lavorare in importanti realtà museali italiane attraverso le quali ho arricchito il mio bagaglio professionale direttamente a contatto con l’articolato mondo legato alla ideazione, cura ed organizzazione di mostre d’arte.
“L’arte oltrepassa i limiti nei quali il tempo vorrebbe comprimerla ed indica il contenuto del futuro” diceva Vassily Kandiskij. Qual è secondo te l’idea di arte che c’è oggi? E quale valore ha rispetto al passato?
Per iniziare una riflessione in questo senso, è necessario cominciare il ragionamento scindendo i due aspetti fondamentali in cui si divide il mondo dell’arte: quello orientato alla parte “commerciale” e quello orientato alla ricerca. Io mi occupo esclusivamente dell’ambito orientato alla ricerca.
Ogni artista che seleziono e coinvolgo nei miei progetti curatoriali è sempre un artista nella cui produzione è predominante l’aspetto della sperimentazione e deve essere, oltre ovviamente a talento e ad una evidente cifra stilistica precisa che lo contraddistingue, una costante nel suo percorso di crescita nel tempo: partendo da solide basi formative, grande capacità tecnica, accompagnata da una solida formazione culturale e profondità spirituale, predominante deve essere l’input a spingersi oltre, utilizzare tutte le competenze acquisite, culturali e tecniche, per sperimentare, andare oltre e spingersi, grazie al proprio talento ed ispirazione autentica, a cercare nuove strade, conferendo al concetto ispiratore la concretezza della sua cristallizzazione, rappresentazione fisica in opera d’arte.
Altra cosa è invece la parte del lavoro artistico orientata al business. Molto spesso agli artisti si chiede di sviluppare una produzione più orientata al mercato e questo ovviamente è un aspetto importante per la sussistenza stessa dell’artista che legittimamente vuol vivere del proprio lavoro.
Spesso il mercato propone l’acquisto di opere o promuove un artista “brand” considerando più l’investimento economico per gli eventuali clienti-investitori, agevolandone l’accrescimento della quotazione di mercato, anziché distinguere delle opere prese in oggetto l’effettivo valore artistico. C’è poca attenzione alla selezione di nuovi talenti, alla ricerca di nuova linfa vitale, a totale privilegio della attenta “gestione” di quotazioni, aste e compravendite varie dei nomi più noti e quotati, presenze “rassicuranti” nel meccanismo universale delle gallerie e degli investimenti.
C’è da fare quindi una distinzione tra quello che ci indica il mercato essere l’arte di qualità e quello che di assoluta qualità, innovatività e potenza è a tutti gli effetti l’arte di ricerca, quella che deve essere ancora scoperta, conosciuta e condivisa.
Oggi, grazie al lavoro indefesso ed autentico di molti critici, curatori e collezionisti indipendenti, l’attenzione sta tornando a concentrarsi su quegli artisti che preferiscono abbandonare le loro certezze per spingersi oltre, utilizzando la loro sensibilità e capacità per indagare il mondo: l’arte come strumento di indagine sociale e culturale.
Non c’è strumento più importante dell’arte per intuire quello che potrà essere in nostro futuro. Forse è utopistico pensarlo, ma sarebbe bello se coloro che si occupano della gestione politica delle nostre nazioni fossero un po’ più attenti a cogliere ed interpretare le intuizioni di quegli artisti seri, impegnati, oltre ad una importante crescita da punto di vista sociale,ergo economico, dei territori dove questo esperimento viene applicato, ci sarebbe un miglioramento drastico in tutta la società, in maniera trasversale e senza barriere di sorta.
100 mostre curate in musei e gallerie e spazi privati in Italia e all’estero . Qual è la difficoltà maggiore che hai trovato in Italia per svolgere il tuo lavoro e quale all’estero? E quale è stata invece la cosa più semplice da realizzare per entrambe le esperienze?
Allora, all’estero è stato abbastanza facile perché ho incontrato i link nell’ambito di mostre che stavo curando e presentando al pubblico in musei, gallerie o negli atelie. Fondamentalmente: io amo l’umanità, le persone, amo allacciare conoscenze ed amicizie le più varie e negli ambiti più disparati (anche se frequentemente appartengono gioco forza all’ambito creativo), dalle quali ricevo immancabilmente un incredibile arricchimento umano, spirituale e non per ultimo, professionale. Facile dunque, condividendo esperienze totalizzanti come spesso ci offre il mio lavoro, allacciare contatti e collaborazioni. Con questo spirito di assoluta apertura e volontà condividere, le stesse che ha l’artista nell’affrontare un nuovo progetto creativo, ho avuto le prime esperienze all’estero direi per puro caso: per semplice condivisione dei concetti che animano quei progetti che con tanta determinazione ho voluto promuovere, intercettando nuove energie.
In realtà nel nostro mondo funziona un po’ così, ci si butta nel vuoto, credendo fermamente in un artista, con lui si condivide e si segue lo sviluppo concettuale ed espositivo del lavoro, curando ogni dettaglio nei minimi particolari, cercando di presentarlo al meglio, affinché l’arte si trasformi nel veicolo migliore per stimolare le coscienze, condividere concetti fondamentali ed esperienze innovative con il mondo intero, senza confini, parlando un linguaggio universale, comprensibile da tutti attraverso la sensibilità personale e la profondità d’animo.
In Italia invece il ragionamento è meno lineare e diretto. Fino a che ci sono stati i concorsi e la volontà di selezionare le persone per merito,fin dalle prime ammissioni ai corsi di specializzazione, è stato forse un po’ più semplice: si doveva studiare, moltissimo, venivi selezionato ed ammesso sulla base del tuo curriculum vitae ed accademico, si superavano altri esami e solo sulla base delle tue performance di studi potevi essere selezionato e chiamato per l’affidamento di un incarico e su quella base venivi esaminato da Istituzioni sia pubbliche che private.
Da un bel po’ di tempo a questa parte, le difficoltà sono di altro tipo, molto più legate alla possibilità economica di poter frequentare master di perfezionamento (ormai tutti a pagamento) in qualificatissime università statali o private nelle quali ci si può preparare ad affrontare il percorso nel mondo del lavoro, oppure alla possibilità/capacità di entrare a far parte di un certo circuito, grazie auspicabilmente alla indiscussa preparazione e passione per un certo tipo di mondo dell’aspirante candidato, ma molto più verosimilmente grazie alle conoscenze personali, o peggio, delle vie infinite della politica. Ovviamente non sono le uniche vie.
Se si vuol mantenere la propria indipendenza, bisogna lavorare molto di più e molto meglio, cercare di fare tutto il possibile per realizzare quello che abbiamo in mente e nel cuore.
Ho cercato ostinatamente, con grandissima determinazione, di dar vita ai progetti che affollavano la mia mente, quei progetti che la mia sensibilità mi faceva cogliere, palesemente, direttamente suggeriti, ispirati dal territorio in cui ero tornata a vivere: la Toscana e la Maremma in particolare; spinta da questo prorompente desiderio di captare e rendere visibile a tutti l’essenza della mia ispirazione, ho imparato a costruire un progetto, a presentarlo alle istituzioni ed alle aziende che avrebbero potuto condividerne la mission, a cercarne il finanziamento e così via, fino alla realizzazione effettiva, dallo spillo fino ai massimi sistemi.
Questo ho fatto per anni, continuando a studiare, ad aggiornarmi, a lavorare, con grande ostinazione. Dovessi dirti esattamente come ho fatto non lo so, ma ho lavorato molto su me stessa, ho ampliato costantemente le mie competenze professionali, ho viaggiato, lavorato, esperito, cambiato tante città, tanti ambienti di lavoro, facendo tesoro di tutto quello che ho imparato durante le collaborazioni professionali importanti, da cui ho imparato tanto. Ma in realtà, più che la preparazione e lo studio costante ed indefesso, è il grande desiderio di poter chiamare lavoro la grande, assoluta, passione della mia vita che fin dai miei esordi professionali a tutt’oggi, mi fa buttare nella mischia.
Passione, determinazione ed ostinazione sono le mie parole d’ordine: in fin dei conti, volere è potere.
La tua attività è legata anche alla direzione artistica ed organizzativa di manifestazioni artistiche complesse. Qual è stato il tuo progetto di esordio in questa attività?
Il progetto di esordio, il primo lavoro come libera professionista, è stato nel 2005: ideazione, organizzazione e gestione dell’inaugurazione e degli eventi del Porto della Maremma, il neonato porto turistico di Marina di Grosseto, in collaborazione con la società Marina di San Rocco S.p.A, i cui principali invitati erano i più alti gradi della Marina Militare Italiana. Per l’occasione, ho ideato una serie di eventi live, tutti di matrice artistica, trasversali, che potessero coinvolgere attivamente, oltre al pubblico, anche gli illustri ospiti della giornata inaugurale, ma particolare dedizione ho prestato alla cura della mia prima mostra come curatrice indipendente: negli spazi dello Yachting Club la mostra “Rotta ad Est”, una doppia personale del fotografo moscovita Vadim Gushchin e del pittore Mikhail Koulakov rappresentante dell’Avanguardia Sovietica negli anni ’60 ed uno dei fondatori del “Secondo Astrattismo”.
Grazie al mio contatto professionale con la rappresentante dei due artisti per l’Italia e l’Europa, sono riuscita a portare in esclusiva in Maremma i due artisti, i quali alcune settimane dopo la chiusura toscana sono stati fra i protagonisti del Festival di Arte Russa a Palazzo delle Esposizioni Roma.
Oltre alla mostra d’arte, ho pensato ad un evento live, coinvolgente, invitando il fotografo di moda Antonio Guccione, il quale, con il suo staff di assistenti, costumisti, truccatori e parrucchieri, ha dato vita assieme a due bellissime modelle professioniste, ad un surreale set circense, con attrezzi attaccati alle arcate della terrazza del porto, modelle che volteggiavano sinuose in una splendida giornata di sole, mentre Guccione realizzava un bellissimo reportage della giornata e del set a cielo aperto, che si spostava di tanto in tanto in tutti gli angoli più suggestivi del porto, immortalando non solo le modelle, ma con esse tutti i partecipanti all’evento, che di fatto sono diventati parte integrante del progetto fotografico. Questa è stata la mia prima esperienza come curatore.
Invece il progetto che mi ha dato la forza di percorrere questa strada come libera professionista è stata la direzione del Toscana Foto Festival a Massa Marittima, festival internazionale di fotografia, all’epoca uno fra i migliori festival dedicati alla fotografia internazionale, in cui perfezionarsi sotto la guida dei più importanti maestri contemporanei. L’ho diretto per cinque anni, occupandomi di ogni aspetto, creativo, organizzativo ed amministrativo-gestionale. Lì mi sono fatta davvero le ossa.
Da settembre 2018 ad oggi sei consulente dell’Azienda Acquedotto del Fiora SpA per l’arte contemporanea, per la quale hai ideato, sviluppato e promosso il “ Premio Fiore/ Fior Art Professionale ed Educational”. Ce ne vuoi parlare?
Si, con i responsabili della comunicazione ed il presidente di AdF ci siamo conosciuti nell’ambito di una mostra antologica celebrativa per i 40 anni di carriera di Flavio Renzetti, che avevo curato ed organizzato nel complesso delle Mura Medicee al Cassero Senese in collaborazione con il Comune di Grosseto, di cui AdF era il main sponsor. Durante il lavoro di preparazione della mostra abbiamo ampiamente approfondito tutti quegli aspetti del mio lavoro di ricerca e della loro mission aziendale che il proposito di dar vita a qualcosa assieme è scaturito direi spontaneamente.
L’azienda voleva realizzare un premio che avesse come tema l’acqua, uno degli elementi indispensabile per la stessa presenza dell’uomo sulla Terra, uno degli elementi caratterizzanti la mia personale ricerca individuale, quindi non è stato difficile per me accettare il loro invito e buttarmi a capo fitto nell’impresa. Da lì è iniziato tutto il percorso di gestazione dell’idea, a partire dall’elemento naturale “acqua” per poi spingermi molto oltre, fino a scomodare il filosofo Zygmunt Bauman ed il concetto la “società liquida”.
Insomma è stato un progetto complesso, l’ho proposto, è piaciuto e siamo partiti: è nato FiorART- PremioFiora International Art Prize. All’inizio mi avevano chiesto di occuparmi della parte professional, l’unica che avevo contemplato non occupandomi di didattica dell’arte; poi, in corso di ideazione sviluppo del programma, l’azienda ha espresso il desiderio di estendere tema ed invito a partecipare al Premio anche alle scuole superiori dei territori in cui opera, ovvero le Province di Grosseto e Siena, su cui stavano già lavorando con i progetti di educazione ambientale. E così è nato anche FiorART – Educational, sempre con lo stesso tema degli adulti,chiedendo alle classi lo sviluppo di progetti creativi realizzati come team, come classe.
Inaspettatamente per me è stata un’esperienza molto gratificante: ha vinto la classe 3B dell’Istituto statale di istruzione superiore ad Indirizzo Turismo di Follonica con l’opera “Il riciclo si fa bello”, una bellissima e curatissima borsetta da passeggio realizzata dagli allievi con le capsule del caffè riciclate ed assemblate.
Tutte le classi hanno realizzato degli elaborati meravigliosi, abbiamo organizzato una mostra alla Sala Pegaso nel palazzo della Provincia di Grosseto, al termine della quale, con la giuria di qualità, abbiamo decretato i vincitori. Tutti sono rimasti contenti, azienda, pubblico, ma soprattutto i ragazzi, che si sono confrontati e messi alla prova lavorando ad un vero e proprio progetto concreto.
Per la parte professional ci siamo rivolti a tutti quegli artisti che sono in procinto di diventare professionisti o che lo sono già ed abbiamo chiesto loro di cimentarsi sul tema “Le forme dell’acqua- dall’immobilità all’eterno cambiamento”, un tema complesso, impegnativo. Ma il vero aspetto innovativo del progetto è stato il chiedere loro di presentare non un’opera, ma progetto completo: per fare questo e per rendere possibile la libera espressione degli artisti (ci tengo a sottolineare che la mission del premio non è quella di fare un premio per business degli organizzatori, ma un premio che possa captare gli artisti che fanno concretamente ricerca, intercettarli ed occuparci della loro promozione) abbiamo impegnato i meravigliosi spazi del Granaio Lorenese nella Tenuta Granducale di Alberese.
Hanno inviato le loro candidature circa 120 artisti internazionali, sono stati selezionati 30 progetti ed abbiamo curato una straordinaria mostra dei finalisti composta da quasi trecento opere complessive nelle perfette salette del Piano terra del Granaio, cuore e simbolo della Maremma, luogo conosciuto in Italia ma anche all’estero.
Gli artisti sono sorpresi dalla bellezza di questa inusuale location, felicissimi, così come felice è stata la laboriosa comunità di Alberese ed i responsabili dell’Ente Terre di Toscana.
E’ stato bello fare questo blitz con l’arte contemporanea, nella meravigliosa campagna, in mezzo alla natura, fra cavalli, splendidi esemplari di mucche maremmane e la collaborazione ruvida, ma spontanea e generosa dei Butteri, che ci hanno accolto ed accompagnato in ogni fase dell’evento. Sono inoltre riuscita a coinvolgere ed a portare fino ad Alberese, al Granaio, un comitato scientifico di eccellenze, un vero “Parterre du Roi”, formato da esperti, grandi conoscitori d’arte: il presidente del Comitato scientifico era il professor Carlo Sisi, già direttore di Palazzo Pitti a Firenze, fondatore e presidente del Museo Marino Marini, fra le tante, attualmente presidente dell’Accademia di Belle Arti di Firenze; Patrizia Asproni, donna fantastica, attuale presidente della Fondazione Museo Marino Marini, già direttrice del Sistema Museale di Torino; poi Stefano Bucci, direttore responsabile dell’inserto “La Lettura” del Corriere della Sera; la collega Ilaria Magni, curatrice ed esperta di comunicazione artistica; Salvatore La Spina, esperto di comunicazione culturale e la sottoscritta.
Abbiamo presentato il progetto in Regione Toscana, fatto tutte le conferenze stampa sui territori di Grosseto e Siena, promosso e divulgato il bando alla stampa estera, connotando fin da subito l’estrema apertura del progetto. Abbiamo avuto partecipanti da tutta Europa ed oltre.
Il vincitore della Sezione Under29 è un artista cinese, Pengpeng Wang, mentre per la sezione Over30 ha vinto il fiorentino Andrea Amorusi. Per i due vincitori e per le tre menzioni speciali, Sonia Ros, Simona Eva Saponara ed Adriano Veldorale, ho curato a Siena, al Complesso Museale del Santa Maria della Scala/Magazzini della Corticella, una suggestiva mostra dal 12 dicembre 2019 al 17 di febbraio 2020.
Con l’appuntamento senese si è concluso il progetto per l’annualità 2018/2019, avevamo già iniziato a lavorare, quando siamo stati bloccati dall’arrivo della pandemia Covid-19 che ha immobilizzato le nostre vite ed ogni tipo di attività. Pur rimanendo ferma l’intenzione di proseguire il cammino iniziato, ogni attività è slittata al 2021.
Sempre per la stessa azienda hai seguito la nascita e ne segui le acquisizioni per la collezione “Corporate”. Vuoi spiegarci di che cosa si tratta?
Certo, con piacere! Volevo assolutamente che, oltre ad un efficace progetto di comunicazione per AdF, questo premio desse all’azienda la possibilità di “trattenere” di ogni edizione qualcosa di tangibile. E’ stato naturale pensare alla costituzione di una Collezione “Corporate”. Avevamo iniziato ad affrontare un ragionamento in questo senso già alla conclusione della mostra “Origine” di Flavio Renzetti, di cui AdF era main sponsor: quale ringraziamento per il sostegno, la collaborazione e la profonda condivisione dei temi, Renzetti ha deciso di realizzare un’opera dedicata ad AdF ed alla sua importante mission, la scultura “La Fonte della Vita” e di donarla all’azienda.
Da lì è partita l’idea, dal momento che ciascuna opera d’arte ha un grande significato, sia da un punto di vista artistico, sia dal punto di vista della grande ed universale capacità comunicativa, non disgiunta dall’intrinseco valore economico; AdF non aveva ancora preso in considerazione una iniziativa di questo genere, ma dal momento stesso in cui l’azienda si è fatta promotrice di un Premio d’arte contemporanea, dar vita ad una collezione dedicata è stato un passaggio naturale.
Le opere dei due vincitori quindi, il meraviglioso artwork su alluminio “Tree of Life”di Andrea Amorusi e il progetto a cinque elementi “Moon” di Pengpeng Wang andranno a costituire, insieme all’opera di Flavio Renzetti, il nucleo iniziale della Collezione AdF Corporate, alla quale, ogni anno si andranno ad aggiungere altre acquisizioni, frutto della selezione artistica operata con il Premio.
L’opera vincitrice viene acquisita dall’azienda secondo la quotazione dell’artista, secondo modalità e canoni del mercato dell’arte. Questo meccanismo lascia all’azienda tangibile testimonianza dell’edizione promossa e sostenuta, la Collezione Corporate si accresce ogni anno artisti che rappresentano la linfa vitale del panorama artistico contemporaneo; permette all’artista prescelto di continuare ad alimentare il suo indice di quotazione, grazie all’acquisizione opera corrispondente al suo posizionamento nel mercato, una campagna di comunicazione mirata e l’inserimento dell’opera acquisita in collezione. Ovviamente, rivolgendoci con il premio ad artisti già professionisti o emergenti in procinto di strutturare le loro carriere, i vincitori di FiorArt proseguiranno a lavorare, ad esporre, a fare il loro lavoro in musei e gallerie nel mondo e come il mercato ci insegna, artisti e loro produzione, avranno auspicabilmente ogni anno un indice di quotazione più alto, così come di conseguenza acquisirà più valore (artistico ed economico) anche la collezione e così via, come ci insegna l’economia circolare.
“In ogni forma d’arte crei nel pubblico l’illusione di guardare la realtà attraverso i tuoi occhi” ha detto Braian De Palma. Cosa ti senti di dire tu a questo proposito?
Posso dire che il rapporto tra l’opera d’arte ed il pubblico è un rapporto molto particolare, introspettivo, che si può ricondurre proprio al rapporto uno ad uno anche se ci troviamo in un museo con migliaia di persone. Il rapporto che si crea tra noi e l’opera che si guarda estremamente soggettivo: l’opera comunica a ciascuno dei presenti, a ciascuno degli osservatori, sensazioni differenti, di armonia, di fastidio, positive, negative, ma d’indifferenza mai, perché ti può piacere o non piacere, ma comunque ti costringe a pensare ed è questo il potere dell’arte, la grande potenza dell’arte, il potere dirompente di quel messaggio, comunque non è mai indifferenza.
Tu guardi, osservi, pensi, ergo provoca in ciascuno di noi, inevitabilmente, una reazione. Per fortuna l’arte, grazie all’indefesso e appassionato lavoro di curatori e di professionisti del settore, sta riacquisendo un ruolo ed un posto importante nella società, nel contesto culturale e sociale contemporaneo, proprio per la sua dirompente capacità di scuotere le coscienze, costringere spesso in maniera inconsapevole a farci ragionare, a cambiare punto di vista, a stimolare un’altra visione del mondo; grazie al loro lavoro appassionato, tanti sono gli sforzi per avvicinare il pubblico all’arte, anche in maniera improvvisa, desueta, facendo trovare le persone di fronte a situazioni che mai avrebbero pensato di andare a vedere in un museo, far trovare degli spettatori involontari di fronte all’occasione di poter fare un’esperienza diversa.
Questa è la grande occasione che l’arte ci offre, indipendentemente se l’opera che osserviamo in quel momento ci piace o meno: accorciare la distanza fra produzione, ricerca artistica e popolo, facendo esperire loro, direttamente, che non esistono barriere fra arte e società, ma che l’artista, come chiunque altro cittadino, vive nello stesso nostro mondo, semplicemente utilizza per indagarlo e per raccontarcelo, linguaggi e strumenti diversi, ma ugualmente comprensibili.
Andare a fondo, al nucleo di ogni cosa, alla sua origine: questo è il modus operandi che da curatore seguo nella mia ricerca artistica e che ricerco nei lavori degli artisti che seleziono e coinvolgo nei progetti. Questo è l’aspetto che la pandemia ci ha “costretto” ad approfondire, indagare, sperimentare e nel mio piccolo, unendomi idealmente e concretamente alle importanti sollecitazioni che arrivano (finalmente) da tutto il mondo, da autorevoli rappresentanti del mondo della scienza così come dell’arte, a lavorare con impegno, assumendoci la responsabilità propria del nostro ruolo, ossia promuovere, diffondere e cercare di interagire con l’arte e la cultura con tutti gli ambienti sociali, attraverso la creatività e la profondità del messaggio per contribuire, a piccoli passi, ad una sollecitazione delle coscienze, per favorire nel tempo una vera e propria trasformazione civile responsabile che si intrecci con il sistema economico e territoriale, favorendone il corretto e sostenibile sviluppo in una ritrovata armonia fra Uomo, Tecnologia, Scienza e Natura.
Ed è su queste parole, che lasciano molti spunti per riflettere, che la nostra chiacchierata si conclude. Grazie Alessandra!