GROSSETO – Con i suoi 18 impianti idrovori, oltre a contribuire alla riduzione del rischio idrogeologico, il Consorzio di Bonifica 6 Toscana Sud intercetta e trattiene quintali di spazzatura destinati a riversarsi in mare. “Un fenomeno grave che diventa di estrema attualità con l’avvio della stagione balneare”, come di recente ha ricordato Anbi, l’Associazione dei Consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue.
Un messaggio ripreso da Fabio Bellacchi, presidente del CB6, che si allinea al pensiero espresso dal presidente di Anbi e dal direttore generale: “Con la continua manutenzione e grazie ai 18 impianti idrovori di sollevamento acque, il nostro Consorzio si dimostra sempre più strategico nella difesa della qualità dell’ambiente. L’attività svolta infatti è strategica per mitigare il rischio idrogeologico, ma anche per porre rimedio agli esiti di comportamenti scorretti che contribuiscono ad inquinare le acque e ad aumentare il pericolo di alluvioni”.
Le forti precipitazioni innalzano i fiumi che trasportano ingenti quantità di materiali verso le foci: l’azione delle centrali idrovore non solo riduce il pericolo di esondazioni (il rischio zero non esiste a fronte soprattutto della violenza degli eventi atmosferici, dettata dai cambiamenti climatici), ma annualmente trattiene, grazie alle griglie di sbarramento, quintali di rifiuti destinati a ostacolare il regolare defluire delle acque, e a terminare in mare aumentando il rischio idrogeologico, con grave danno per l’ambiente e, nel periodo estivo, per l’economia turistica.
“I Consorzi di Bonifica – continua Bellacchi – hanno un’importante funzione non solo idraulica ma anche ambientale: la quantità di rifiuti raccolta durante l’ordinaria attività idraulica, rappresenta un servizio importante e i costi di smaltimento sono a carico dell’Ente. Non solo. Per prevenire il fenomeno dell’abbandono di oggetti e materiali lungo i corsi d’acqua, sempre più spesso il Consorzio organizza eventi e iniziative volte a sensibilizzare i cittadini, partendo dai ragazzi delle scuole. Da anni siamo impegnati nella difesa del territorio e dell’ambiente: proprio in questi giorni è stato ricordato dai giornali, con mio grande piacere, uno degli interventi più importanti progettati ed eseguiti dal Consorzio Bonifica, con finanziamenti regionali, a difesa della costa maremmana e dell’entroterra di Alberese, quello alla foce del fiume Ombrone”.
Nello specifico, a Marina di Alberese, lungo l’area del Parco della Maremma, la cui spiaggia e la vegetazione erano ormai profondamente compromesse dall’erosione costiera, è risultato vincente l’intervento conclusosi nel 2015, sull’ala sinistra del delta dell’Ombrone. Grazie ad esso è stata ricostituita la spiaggia, con l’impianto di 6 pennelli di 250 metri ciascuno, formati da massi naturali senza cemento, sommersi in mare per trattenere la sabbia ed è stato rifatto l’argine lungo circa 1.300 metri a difesa di pineta, duna, retroduna e di preesistenti opere di bonifica. In totale, oltre 10 milioni di euro di investimento finanziati dalle Regione Toscana con fondi europei per un progetto all’avanguardia e mai attuato prima, finalizzato a scongiurare il pericolo che l’erosione marina potesse compromettere definitivamente uno degli angoli più famosi e prestigiosi del Parco della Maremma”.
Come ricordato spesso anche dalla presidente del Parco della Maremma, Lucia Venturi, Bellacchi sottolinea che “il fenomeno erosivo causato dal minor apporto della foce dell’Ombrone, con la conseguente infiltrazione di acqua salata nella pineta granducale, oltre a far scomparire parte del litorale e parte del centro abitato della Marina, aveva creato danni sulle specie dell’habitat retrodunale ed anche sulle storiche opere idrauliche e di bonifica”.
“Oggi raccogliamo i risultati più che positivi di un importante intervento di stabilizzazione della costa e di difesa della foce dell’Ombrone, interamente progettato e realizzato dal Consorzio Bonifica. Un esempio di eccellente e corretta gestione territoriale con un’attenta e scrupolosa sensibilità sui parametri ambientali, un modello che auspico possa essere applicato, oltre al Parco della Maremma, all’intero litorale maremmano e non solo” conclude Bellacchi.