GROSSETO – Se ho avuto la possibilità di fare questa intervista lo devo ad un amico che abbiamo in comune. E’ lui che mi ha messo in contatto con Pia Tolomei Di Lippa, discendente della nobildonna dantesca, che con estrema gentilezza si è resa disponibile ad accettare le mie domande e ad accettare di ricordare, in questo contesto, suo marito Giorgio Albertazzi.
Così, concordiamo di sentirci per telefono, e confesso che fare una scelta fra tutto quello che vorrei chiederle è davvero difficile. Ma non ho alternative, quindi.
Pia, intanto grazie per questa possibilità che mi concede. Parlare con lei e parlare con lei di Giorgio Albertazzi per me è un privilegio ed un onore.
Cavaliere di gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana e Medaglia d’oro ai benemeriti della cultura e dell’arte, attore, sceneggiatore, scrittore, regista, sulla scena un’eccellenza, sempre, ma suo marito aveva un personaggio a cui si sentiva particolarmente legato?
Indubbiamente il personaggio dell’Imperatore romano Adriano. E per trenta anni Giorgio non lo ha solo interpretato, lo ha impersonato. Ne “Le memorie di Adriano” di Marguerite Yourcenar, ogni volta Giorgio non interpretava il personaggio, Giorgio era l’imperatore Adriano. La prima teatrale fu proprio a Tivoli presso la Villa Adriana nel 1989 per la regia di Maurizio Scaparro e l’ultima, a marzo nel 2016 ad Ostia poco prima di lasciarci. Anche Oliviero Bhea, nell’ orazione funebre che pronunciò per mio marito, sottolineò proprio il fatto che Giorgio si era “adrianizzato”. Giorgio era l’imperatore Adriano.
Un altro personaggio a cui Giorgio era legato era Amleto, che lui fece per la regia di Franco Zeffirelli, nel 1964 , in occasione delle celebrazioni per il quadricentenario della nascita di Shakespeare, invitato da Laurence Olivier, presso l’ Old Vic Theatre di Londra dove tutt’oggi troneggia una foto che lo ritrae.
Insieme a mio marito recitarono tra gli altri Anna Proclemer ed Anna Maria Guarnieri. Con Franco Zeffirelli Giorgio era molto amico. Erano coetanei entrambi nati nel 1923 a Firenze e si volevano molto bene. Insieme hanno realizzato anche un altro storico spettacolo dal titolo “Dopo la caduta” di Henry Miller con Monica Vitti.
Qual è invece quello che lei Pia ricorda con maggiore emozione?
Anche per me l’Imperatore Adriano è qualcosa di indimenticabile, che io ho dentro. E poi c’è “Enrico IV” di Pirandello che mi ha fatto innamorare di mio marito. Perché quando nel 1981 andai a vederlo a teatro e lì lo conobbi, mi colpì vedere Giorgio che non recitava il personaggio, ma era lui stesso il personaggio. Sia che fosse Adriano, sia che fosse Enrico IV, sia che fosse Amleto e cosi via. Da quel giorno, dopo averlo visto, io e Giorgio non ci siamo più separati.
E quando non si trattava di lavoro, quali erano le letture che lui preferiva?
Ogni mattina Giorgio leggeva tutti i giornali, ma proprio tutti, e da ciascuno riusciva a trovare lo spunto per scrivere qualcosa di suo. Non scindeva la vita dal lavoro e dalle notizie che lo colpivano traeva ispirazione come successe quando scrisse il racconto “Baglio cavallo da corsa per sbaglio”, che vinse anche un premio. Guardare la tv lo divertiva e lo rilassava.
Amava cucinare? E se sì, quale piatto in particolare?
Era difficile che Giorgio cucinasse, non aveva molto tempo, ma diceva che faceva il miglior pollo al limone del mondo. A causa del lavoro che lo portava spessissimo fuori casa, mangiava al ristorante. A Firenze ne aveva uno che prediligeva, “ Buca dell’Orafo”, vicino a Ponte Vecchio dove andava apposta per mangiare il tortino di carciofi. Amava i piatti poveri, la zuppa di pane, l’acquacotta, la pappa al pomodoro, la ribollita ed il castagnaccio, anche se diceva che come quello che facevano sua nonna e sua madre non lo faceva nessuno. Il suo vino preferito era il Lambrusco.
Mentre a lei Pia piace cucinare? E se sì, qual è il suo piatto “ forte”?
A me non piace cucinare. E se invito gente a cena a casa mia devono cucinare loro. Io metto a disposizione la cucina, faccio la spesa, ma non so cucinare e soprattutto non mi piace. Però mi piace mangiare e andare al ristorante. In Maremma ci sono tre ristoranti dove vado spessissimo e che nel periodo di isolamento forzato a causa dell’emergenza Coronavirus mi sono mancati tantissimo.
Sposati nel 2007 avete scelto di vivere in Maremma, come mai?
Io avevo scelto di vivere in Maremma anche prima che mi sposassi con Giorgio e nella casa dove abito tutt’ora ci vivo dal 1995. Dopo il matrimonio Giorgio ha continuato a vivere a Roma ed io lo raggiungevo lì. Lo accompagnavo anche nelle sue tournée di lavoro perché viaggiava molto ma, appena poteva, mio marito veniva qua, in Maremma, da me.
Che cosa è la Maremma per lei Pia?
La Maremma è la mia casa e la casa dove attualmente vivo, all’interno della Tenuta “La Pescaia”. E’ il luogo che io amo di più ed è il luogo dove vorrei morire. Sono molto legata a questo posto. Fin da quando da bambina e poi da adolescente venivo qua, dai miei nonni. Io sono stata battezzata qui, nella Cappella di famiglia. Qui ho vissuto una larga parte della mia vita ed ho dei ricordi bellissimi. Adesso questo luogo magico è diventato un resort che Margherita e Beatrice, le mie nipoti, hanno creato e che curano con grande amore.
E che cosa era la Maremma per suo marito?
Il cinghiale nel fitto del bosco, bruno lui,
bruna la terra, con i suoi grandi canini
minacciosi è Maremma.
Anche se dovendo scegliere un emblema per
questa terra stupenda e misteriosa sarei per il
falco di palude che plana sui canneti e gli
specchi d’acqua o per la folaga, molto cara a
Giacomo Puccini cacciatore, tutta nera salvo il
gran becco candido.
Sono Maremma le vacche dalle grandi corna…
Come archi di antichi guerrieri e i tori grigio neri
che fanno pensare a Guernica e a Garcia Lorca.
La Maremma è una specie di terra promessa,
antica e selvaggia, e anche tenera nel verde dei
suoi ulivi e anche quello più denso della sua
macchia.
Una terra viva che non annoia, da forza e agilità,
scorre veloce se ci cammini come i suoi cavalli o i
butteri leggendari.
La Maremma è l’invenzione di un dio che cavalca
veloce tra la terra e il mare, dal piano alla collina
dove scopri case arroccate intorno ad una piazza,
l’Italia forse, forte e accogliente nitida, con una
loggia o un portico trecentesco; un’Italia che è il
meglio del rapporto uomo natura.
La Toscana etrusca delle acacie, delle ginestre, dei
cipressi e dei girasoli, degli ulivi e dei vigneti,
robusta e affettuosa senza smancerie.
Esco spesso al mattino sotto un berceau che dà sul
prato della casa a dimora di Pia Tolomei, mia
moglie, c’è un’aria sospesa e trasparente in attesa
del sole alto che è vita. E poesia.
Giorgio Albertazzi