GROSSETO – “Vogliamo richiamare l’attenzione pubblica sui cambiamenti che l’epidemia covid-19 ha prodotto, dal punto di vista organizzativo, nella pubblica amministrazione”.
A scriverlo, in una nota, la Uil.
“E’ indubbio che – proseguono dal sindacato -, a partire dalla sanità, per finire agli uffici di sostegno e controllo, nel corso dell’emergenza epidemiologica, la pubblica amministrazione è stata in grado di far fronte ai compiti richiesti dal momento, mettendo in campo flessibilità, efficienza ed efficacia organizzativa.
Il nostro paese, trovandosi al centro dell’impatto dell’emergenza Coronavirus in Europa come primo paese interessato dall’epidemia, ha adottato le misure necessarie, organizzandosi nella maniera più appropriata, tanto da essere stato preso come punto di riferimento per il resto del mondo interessato dallo stesso problema.
Anche dal punto di vista organizzativo, la Pa ha dato risposte adeguate con l’applicazione estesa dello smart-working, un sistema lavorativo/telematico ‘avanzato’, diventato, per l’emergenza in atto, sistema ordinario di lavoro.
Questo istituto, snobbato dall’apparato amministrativo fino a questo momento, ha fornito alla pubblica amministrazione la possibilità di essere presente nei territori e continuare a dare risposte ai propri cittadini, con un sistema evoluto, razionale ed efficace.
Ricordiamo che il telelavoro è presente tra gli strumenti normativi dal 2015 e che il lavoro agile/smart working lo è dal 2017, ma entrambi gli istituti sono rimasti finora inutilizzati.
Il pregio di questo strumento normativo non è solo quello di essere stato utilizzato in tempi di emergenza, ma anche quello di dare risposte organizzative specifiche al personale più in difficoltà.
Esso, infatti, va incontro maggiormente agli ultra-sessantenni, alle donne ed ai cittadini in particolari situazioni psico-fisiche.
La norma prevedeva, ancor prima dell’epidemia, che una percentuale del 30% potesse essere occupata tal forma di lavoro; purtroppo, nella stragrande maggioranza dei casi, è rimasta inapplicata.
Questa tipologia di lavoro, dopo essere stata, come detto, snobbata dalla pubblica amministrazione, è stata riscoperta solo adesso per far fronte all’emergenza.
Alcuni enti importanti sono addirittura rimasti favorevolmente sorpresi dal risultato ottenuto, tanto che hanno dichiarato di non voler più abbandonare questo sistema di lavoro, come è successo, per esempio, al Campidoglio.
Le ragioni che ci convincono nell’ineludibilità di continuare l’esperienza del lavoro agile stanno nel fatto che, nella pubblica amministrazione, si riscontra un elevato numero di donne impiegate, in ogni profilo lavorativo, mansione e livello e di un numero ancor più grande di personale molto anziano.
Gli interventi legislativi nella Pa, per garantire l’equilibrio della finanza pubblica, in questi ultimi decenni, hanno impedito l’assunzione di personale proponendo turn over strettissimi da una parte e l’innalzamento dell’età pensionabile di un decennio dall’altra, con l’effetto inevitabile di deflazionare l’ingresso dei giovani nei posti di lavoro, se non in forme precarie, e di mantenere invece a lavoro fino a 67 anni coloro che erano in servizio. La norma introdotta su Quota 100 ha solo attenuato questa tendenza.
Questo ha determinato che nella Pa, in breve tempo, l’età media dei lavoratori sia arrivata a 54 anni. Gli ultra-sessantenni, perciò, sono una parte piuttosto consistente degli addetti.
Nel corso dell’epidemia, tra l’altro, qualcuno ha avuto uscite a dir poco infelici, dove è stato rappresentato che, forse, era il caso di ‘trattare’ gli ultra-sessantenni come una fascia ‘debole’ della società; a questo è seguito un tempestivo ritrattamento, perché era in ‘leggera controtendenza’, con le norme che obbligano ad andare in pensione ad età ben più venerande di 60 anni. Insomma: non è possibile che a sessant’anni si è ‘deboli’ per gli aspetti libertari in tempo di pandemia, ma sufficientemente ‘massicci’ per andare a lavoro.
A questo punto, anche lo sviluppo del conteggio dell’età di una ‘improbabile’ aspettativa di vita, dovrebbe forse essere rivista, dato che, purtroppo, il covid-19 ha colpito e continua duramente a colpire i cittadini italiani, specialmente quelli in tarda età.
Fino a adesso, le misure urgenti utilizzate per risolvere gli aspetti economici del nostro paese hanno guardato in una sola direzione, lasciando ad un secondo momento la risoluzione delle anomalie tipiche del sistema Italia: l’evasione fiscale, il sommerso, la delinquenza organizzata, una vera riorganizzazione semplificativo/telematica della Pa che, per molti aspetti, in varie parti del paese, assomiglia ancora ad uno stato ottocentesco. È sempre stato più semplice, invece, tassare i lavoratori dipendenti ed i piccoli imprenditori, ‘sparando’ ad altezza d’uomo.
Oggi, nell’incertezza del riproporsi dell’epidemia in autunno, ancora in attesa di praticare efficaci soluzioni mediche per debellare il Coronavirus, riteniamo sia necessario ed ineludibile continuare a gestire i servizi e le attività pubbliche, attingendo ancora agli strumenti come il lavoro agile/smart-working, che ad oggi hanno consentito la gestione dei servizi con una certa sicurezza, e di consentire alle madri e agli ultra-sessantenni, insieme a coloro che versano in condizioni di salute particolare, di rimanere a lavoro in sicurezza.
Inoltre, lo smart-working consente risparmi finanziari per le Amministrazioni pubbliche, i cui introiti sono stati falcidiati dal lockdown e li consentirà anche in futuro, dato che, purtroppo, attualmente il nostro paese rischia la ‘depressione economica’, come avvenuto nel 1929 negli Stati Uniti. Non solo, il lavoro agile consente una maggiore tutela dell’ambiente, dato che lavorando da casa si limitano le emissioni atmosferiche per la diminuzione del transito dei veicoli, cosa che consente di andare, finalmente, incontro all’emergenza planetaria riguardo la salvaguardia ambientale.
Infine, crediamo sia necessario aprire da subito un confronto sia culturale che gestionale/innovativo, con tutti gli enti pubblici di cui rappresentiamo lavoratrici e lavoratori, nell’ambito delle norme nazionali e contrattuali, per aprire in forma stabile allo smart-working.
Infatti – concludono da Uil -, nemmeno la più ostinata e cieca pervicacia potrà impedire un cambiamento ineludibile, a seguito di un evento talmente tragico ed epocale che cambierà, volenti o nolenti, le nostre vite, il modo della pubblica amministrazione di erogare i servizi, il modo di lavorare dei dipendenti pubblici, ed il modo di fruire i servizi pubblici da parte dei cittadini”.