FIRENZE – Dall’inizio dell’epidemia uno dei temi dibattuti è se la popolazione migrante e straniera in generale si ammalasse meno di Covid. Molti i fattori e le ipotesi affrontate anche se con pochi elementi a disposizione per poter arrivare a considerazioni conclusive.
L’Agenzia regionale di sanità ha analizzato i dati. Fattori relativi alla più giovane età che caratterizza la popolazione migrante (il famoso effetto “migrante sano”), fattori genetici protettivi che sembrano caratterizzare la popolazione afroamericana, il clima caldo caratteristico sempre dei paesi africani che sembra in generale avere avuto in passato un impatto mitigatorio della carica virale della famiglia dei coronavirus, possibile impatto di alcune vaccinazioni, come l’antitubercolare, particolarmente diffusa negli stessi paesi.
Quanti sono gli stranieri positivi in Toscana per SARS-CoV-2?
In Italia, all’1 gennaio 2019 la popolazione straniera residente era l’8,5% della popolazione totale dei residenti, e in Toscana, che rappresenta ancora un territorio in grado di attrarre la stabilizzazione di cittadini stranieri, la percentuale raggiunge l’11,2%.
Vediamo il loro coinvolgimento nell’infezione da SARS-CoV-2. Complessivamente, alla data del 27 aprile 2020, sulla piattaforma dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), sono state registrate in Toscana 8.017 infezioni da SARS-CoV–2 sulla base dei dati raccolti dai servizi di Igiene e Sanità Pubblica dei Dipartimenti di Prevenzione. Su 8.017 casi considerati (l’87,6% dei casi totali rilevati dall’Unità di crisi della Regione Toscana e trasmessi alla Protezione civile a quella data), 6.781 risultano a carico di cittadini italiani (84,6%), 347 interessano cittadini stranieri (4,3%), mentre per 889 (11,1%) la cittadinanza risulta mancante. In linea con quanto osservato fra gli italiani, il rapporto di genere maschio/femmina vede le donne più coinvolte dall’infezione ma, a differenza di queste ultime, le straniere risultano in percentuale maggiore (straniere: 60,5%; italiane: 53,1%).
I paesi di provenienza riflettono le etnie che maggiormente risiedono sul nostro territorio, ad eccezione di quella cinese. I dati, infatti, mostrano ben 64 nazionalità presenti nella casistica toscana; la figura mostra come il 18,4% dei casi SARS-CoV-2 positivi provengono dall’Albania, il 15,3% dalla Romania, il 14,1% dal Perù, il 5,5% dalle Filippine e il 3,7% dal Brasile India e Marocco. Solo 11 i casi che sono riconducibili a Paesi con un sistema economico sviluppato. Fra i cittadini cinesi (che ricordiamo rappresentano il 13% dei residenti stranieri in Toscana) è stato registrato soltanto 1 caso. Quest’ultima informazione risulta oltremodo interessante, alla luce del fatto che la città di Prato ospita una delle più grandi comunità cinesi d’Europa e che, dato l’esordio dell’infezione, sembrava destinata a diventare un epicentro di Covid-19.
Torniamo ai dati registrati sulla piattaforma ISS. Venendo alla composizione socio anagrafica della popolazione straniera positiva per Covid, l’età media dei SARS-CoV-2 positivi è di 45,9 anni (italiani: 60,9 anni) con soltanto il 4,2% delle infezioni registrate fra gli over70 (italiani: 36% hanno più di 70 anni). Fra le possibili spiegazioni, la giovane età della popolazione straniera residente che in Toscana ha un’età media di 34,6 anni, costituisce una delle ipotesi più accreditate. Trattandosi di persone giovani, non stupisce nemmeno la presenza di un minor numero di comorbidità (in particolare patologie croniche come il diabete, l’ipertensione, la broncopneumopatia cronica ostruttiva e l’insufficienza renale) che interessano soltanto il 18,2% degli stranieri (italiani: 32,4%).
Venendo alle conseguenze più gravi di salute, al 26 aprile 2020, sono 6 decessi per infezione da SARS-CoV-2 nella popolazione straniera. Rispetto agli italiani, l’indice di letalità, ovvero il numero di decessi sul numero di casi, è molto più basso fra gli stranieri (1,7% vs. 8%) con valori che, in linea con l’andamento italiano, risultano più elevati nel genere maschile (maschi: 2,9%; femmine:1%). L’età mediana delle persone decedute è 77 anni (italiani: 83 anni). Per quanto riguarda le comorbidità, soltanto 2 delle persone decedute presentavano almeno una patologia cronica concomitante (stranieri: 33,3%; italiani: 68,3%).
Analizzando il tempo trascorso tra la data d’insorgenza dei sintomi e la data di esecuzione del prelievo o del ricovero, possiamo riconfermare che il Sistema Sanitario Regionale, in accordo con la sua impostazione universalistica, ha un approccio improntato all’equità di trattamento su tutta la popolazione. Nel primo caso la mediana è di 4 giorni mentre fra l’esordio dei sintomi e il ricovero è di 5 giorni (sovrapponibile al dato italiano).
Complessivamente, gli stranieri positivi in condizioni meno gravi, ovvero gli asintomatici, i pauci-sintomatici e i pazienti con sintomatologia lieve, rappresentano l’84,7% del totale (italiani:78%), il 14,1% sono coloro che si trovano in uno stato clinico severo (italiani: 18,5%) mentre l’1,2% è in condizioni critiche (italiani: 3,5%). La giovane età di questa popolazione e le migliori condizioni di salute, spiegano anche il minor ricorso al ricovero ospedaliero sia in reparti di degenza ordinaria (stranieri:15,3%; italiani:24%) che di terapia Intensiva (stranieri: 1,7%; italiani:2,1%).
L’ultima informazione che presentiamo riguarda il luogo in cui è avvenuta l’esposizione.
Fra gli stranieri, 81 persone hanno contratto l’infezione sul luogo di lavoro e, di queste, 57 risultano operatori sanitari che operano prevalentemente all’interno di Residenze sanitarie per anziani (46). Dato che sono soprattutto le donne provenienti dai Paesi dell’est Europa e sud America (Perù) a svolgere professioni di natura assistenziale (in prevalenza agli anziani), l’informazione riguardante il luogo di contagio spiega, in parte, il maggior coinvolgimento del genere femminile fra gli stranieri provenienti da questi Paesi.
“I dati riferiti alla nostra regione – è il commento di Fabio Voller, coordinatore dell’Osservatorio di Epidemiologia di Ars Toscana – sembrano confermare che la giovane età e la mancanza di comorbidità dei cittadini stranieri rappresentano fattori protettivi nei confronti dell’infezione da SARS-CoV-2, nonostante questi cittadini abbiano lavorato in ambienti particolarmente attaccati dal virus, come le Rsa e gli ospedali”.
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