GROSSETO – «La Cgil è pronta a battersi con ogni mezzo contro qualunque tentativo di rendere i lavoratori più fragili, ricattabili e precari col pretesto della pandemia di Covid-19. Ed è evidente che il tentativo di reintrodurre i vecchi voucher in agricoltura risponde proprio a questa logica inaccettabile». È perentorio Claudio Renzetti, segretario provinciale della Cgil, coerentemente con la posizione che da sempre il sindacato rosso porta avanti.
«Che le cose stiano così, lo dimostra il fallimento dei cosiddetti buoni “Prest.O” – le prestazioni occasionali – introdotti a suo tempo per sostituire i voucher dal governo Gentiloni – prosegue -. Che i datori di lavoro non hanno mai voluto utilizzare perché prevedono la comunicazione preventiva del loro utilizzo via Sms, in modo da consentire i controlli da parte dell’Ispettorato del lavoro. Troppa burocrazia un Sms, dicono. Oggi la nuova frontiera della precarizzazione in agricoltura si è spostata sul “lavoro a chiamata”. Che potendo essere comunicato alle autorità entro trenta giorni dal momento in cui vi si ricorre, consente agevolmente di eludere ogni controllo, coprendo il lavoro nero e quello in grigio».
«Come Cgil – va avanti Renzetti – siamo stanchi della narrazione tossica che col pretesto del Covid-19, sta promuovendo il ritorno alle peggiori pratiche vessatorie nei confronti dei lavoratori stagionali, e non suolo. Con l’obiettivo di polarizzare la distribuzione della ricchezza tra pochi privilegiati e una grande quantità di lavoratori poveri. Spinti sempre più verso condizioni di vera e propria miseria. Da parte nostra ci riconosciamo nelle parole di papa Bergoglio, quando dice che “nessuno si salva da solo”. Anche per questo invitiamo il sindaco di Grosseto ad avere una visione d’insieme dal proprio ruolo istituzionale, non ragionando come fa una parte degli agricoltori».
«Non faccia finta di difendere gli stagionali italiani, attaccando il governo che vuole regolarizzare gli extracomunitari che sono sfruttati al nero nei nostri campi. Italiani ed extracomunitari non hanno alcun problema a lavorare insieme in agricoltura, ma non vogliono più accettare salari troppo bassi e trappole come i voucher – prosegue il segretario -. Che legittimano i pagamenti in nero e l’evasione contributiva. Perché vogliono lavorare in sicurezza e giusti salari. Sono anni, infatti, che vediamo contratti per la vendemmia a mano a 300 euro/ettaro, quando sappiamo tutti che con un contratto di settore regolare ce ne vorrebbero almeno 600».
«Questa è la verità dietro la propaganda di basso livello che punta alla criminalizzazione degli irregolari, peraltro generati dalla legge Bossi-Fini – continua -. Se si vuole davvero sconfiggere la precarietà e dare lavoro in agricoltura, la strada c’è. È già tracciata e la seguono in molti. Basterebbe, ad esempio, utilizzare le piattaforme dell’Ente bilaterale dell’agricoltura. Che è in grado di incrociare domanda e offerta, utilizzando la rete de lavoro di qualità. E per sottrarre il mercato ai caporali, basterebbe ricorrere a Sms preventivo per il lavoro a chiamata e tracciare i compensi, anche con carte prepagate».
«Occhio quindi – conclude Renzetti – che tirare su altri muri, finisce per suscitare reazioni opposte e contrarie. Perché la disperazione delle persone strette fra l’assenza di lavoro e il ricatto di retribuzioni basse e al nero, può avere esiti imprevedibili. Col rischio, che tutti dobbiamo scongiurare, che i territori si trasformino in polveriere».