Poi arriva il momento di dirsi la verità in modo brutale, per quanto la cosa sia antipatica. Per cui, se in questo Paese i destini collettivi devono veramente dipendere dal ghiribizzo di personaggi come Di Maio, Salvini, Di Battista e Meloni, o di seconde linee come Crimi, Buffagni, Borghi e Garavaglia. Allora è giusto ci tocchi la sorte che ha subito prima di noi la Grecia, bene che vada. Punto. Naturalmente tenuto conto che la Grecia è un paesino e l’Italia un paesone.
Anche se è opportuno ricordare che poi, al dunque, nel 2015 il governo Tsipras – dopo tre trance di aiuti europei per 326 miliardi di euro – accettò le condizioni di ristrutturazione del proprio debito pubblico, piuttosto che abbandonare l’Euro e l’Unione europea. Ché le già drammatiche condizioni della Grecia sarebbero state di gran lunga peggiori.
Per avere un’idea di quello che tutti quanti rischiamo a dare ascolto al dadaismo economico teorizzato dai nostri eroi su Mes (Meccanismo europeo di stabilità), Coronabond e Recoverybond, è istruttiva una breve ricerca su google, relativa all’esplosione dell’inflazione che nel 1923, tra le due guerre, investì la povera Repubblica di Weimar. Ovverosia l’attuale Germania.
L’iconografia di quel momento storico sono i francobolli sui quali venivano sovrastampati i valori di «75, 100 e 200 Milionen», oppure di «5 Miliarden» di marchi. Un chilo di pane, infatti, era arrivato a costare fino a 400 miliardi di marchi. Conseguenza dell’iperinflazione.
Ecco se davvero l’Italia uscisse dall’euro per tornarsene alla lira – perché quello è l’obiettivo vero cui puntano i nostri apprendisti stregoni – questo sarebbe il destino ineluttabile dell’Italia. Pur essendo le cause del suo decadimento del tutto diverse rispetto a quel che successe a Weimar.
Non è un’esagerazione. Ed è del tutto inutile richiamare il precedente dell’Inghilterra, che pur avendo scelto la Brexit, non è ancora fuori dai meccanismi comunitari di regolazione del mercato unico europeo. E che – quanto vogliamo scommettere – cercherà di tornare indietro “approfittando” della crisi innescata dal Covid-19. Perché fuori dall’Euro l’Italia collasserebbe in pochissime settimane per il motivo banale che ha già oggi il debito pubblico al 135%. E che arriverà almeno al 150% (se andrà bene) con la sospensione del Patto di stabilità già deliberato da Bruxelles. Anche recuperando la mitica sovranità monetaria – la possibilità di tornare a stampare la lira – infatti, nessuno comprerebbe più un titolo di Stato italiano; manco gli venisse proposto come premio un interesse del 20%. Con titoli denominati in una valuta insignificante sul piano internazionale. Di conseguenza blocco dei bancomat, riduzione drastica dei pagamenti pubblici e, soprattutto, un’inflazione così alta che il cospicuo patrimonio mobiliare e immobiliare degli Italiani dimezzerebbe il proprio valore reale in pochissimo tempo.
La cosa stupefacente è che a fronte del nostro oggettivo disperato bisogno di rimanere nell’area euro – utilizzando tutti i numerosi strumenti comunitari di riduzione del rischio, dal Mes al Sure, dagli acquisti della Bce ai Recovery Bond – l’opinione pubblica, assecondata da media inadeguati, sembra ballare sul Titanic ipnotizzata dalle mastodontiche fregnacce diffuse da una pletora d’incompetenti e pretenziosi. Ma anche da lucidi sfascisti. Perché a fronte dell’evidente stato confusionale di un bel pezzo del M5S – irrealistico pensare che Di Maio e Di Battista sappiano cosa stanno facendo, ansiosi di tornare ad avere un ruolo – la stessa cosa non può esser detta di Salvini e Meloni. Berlusconi, oramai, può solo giocare di rimessa per salvaguardare i propri interessi economici. Il leader leghista, infatti, ha sempre seguito il cosiddetto “piano B“ teorizzato da Paolo Savona, che è quello di tirare all’infinito la corda per poi, una volta dentro il baratro, giustificare l’uscita dall’Euro perché la Banca centrale europea non potrebbe che rifiutarsi di acquistare l’intero debito pubblico italiano.
La cosa più incredibile di tutte è che narrazione e strategia sovraniste che lisciano il pelo all’atavico vittimismo italiano sempre alla ricerca di un capro espiatorio, si basano sull’assunto teorico che basterebbe avere una banca nazionale che stampi moneta, e il gioco sarebbe fatto. Assunto esemplificato dallo slogan della Meloni (uno dei tanti): diamo 1.000 euro a ogni Italiano, che lo chiede con un click. Una prospettiva così allettante, da essere verosimile agli occhi di troppi. Che prima o poi si sveglieranno molto sudati.
Potrebbe sembrare la sceneggiatura di una serie strepitosa come “La casa di carta”, ma purtroppo non lo è.
L’emotività in economia è da sempre considerato uno dei rischi più esiziali. L’antieuropeismo autoconsolatorio e autoassolutorio, alla lunga minaccia di fare più morti e feriti del Coronavirus. E non sarebbe un bello spettacolo per nessuno, a partire dai teorici vincitori che si troverebbero a governare il classico cumulo di macerie. Prezzo decisamente troppo alto per soddisfare le smanie di qualche ego ipertrofico.
Anche nella Lega, qualcuno sembra comincia a capire l’antifona. Come Giancarlo Giorgetti, che prima ha cavalcato l’idra sovranista recitando la parte del “poliziotto buono”, ma da qualche giorno ha visto gli spettri di Weimar. E s’è ritirato sulle sponde del lago di Varese a meditare. Uscisse dal malefico incantesimo, sarebbe un bene per tutti.