GROSSETO – “Mi chiamo Giulia Andreucci, sono risultata positiva al Covid-19 il 17 marzo scorso e da lì è iniziato un vero e proprio calvario”.
Inizia così la lettera di una nostra lettrice, che ha deciso di raccontare la sua storia.
“Vivo in casa con mio marito, che è invece risultato negativo e non ha mai manifestato alcun sintomo – spiega -. Ci siamo interrogati subito sul da farsi, ma era evidente che dovessimo continuare la nostra convivenza, non avendo altri luoghi in cui andare senza rischiare di infettare altre persone. Siamo stati messi entrambi in isolamento domiciliare e ci è stato detto che, dal momento in cui io sarei guarita, per mio marito l’isolamento sarebbe proseguito per altri 14 giorni, per scongiurare qualsiasi possibilità di contagio”.
“Il 2 aprile mi è stato fatto un altro tampone ed il risultato è arrivato nove giorni dopo – va avanti Giulia -. Perché questo enorme ritardo? Perché nel frattempo era stato deciso di fare tamponi a tappeto a tutti i residenti ed operatori sanitari delle Rsa della provincia, senza che i laboratori fossero pronti a sostenere questa mole di lavoro. Il risultato è stato che i laboratori sono stati letteralmente intasati ed hanno finito le scorte di reagenti, bloccando la loro attività per diversi giorni, nel bel mezzo di una pandemia e con centinaia di tamponi in sospeso. Un disastro”.
“Tornando alla mia storia – prosegue -, la risposta di quel tampone è arrivata l’11 aprile e, finalmente, era negativo! Quindi sono ufficialmente guarita? No, perché devono esserci due tamponi, effettuati a distanza di almeno 24 ore, per essere considerati guariti. È da quasi una settimana che aspetto che gli infermieri vengano a farmi questo secondo tampone e, visti i tempi attuali del laboratorio, mi aspetto di dover aspettare almeno altri 9 giorni per avere il risultato. Tempi biblici”.
“E mio marito? Nel frattempo lui è chiuso in casa esattamente come me e, come ho già detto, dovrà restarci per altri 14 giorni dal momento in cui io sarò considerata guarita – continua Giulia -. È sano come un pesce ed ha un’attività sua da mandare avanti, ogni giorno che passa è una giornata lavorativa persa e, di conseguenza, sono soldi persi. Finora era assolutamente giusto che stesse a casa, ma in questo momento è evidente che è solo una questione di burocrazia e di gestione totalmente fuori controllo della situazione”.
“Io sono guarita ed anche il tampone l’ha confermato, ma finché non mi faranno il secondo tampone non potremo ufficialmente scrivere la parola fine e nel frattempo passano giorni e settimane senza che nulla si smuova e senza che nessuno si renda conto che mio marito ha necessità di tornare a lavoro e che, di sicuro, gli ulteriori 14 giorni che lui dovrebbe passare in isolamento dopo la mia guarigione, sono già
abbondantemente trascorsi”.
“A chi rivolgerci? Gli unici contatti che abbiamo sono con il servizio di igiene e con i vigili urbani che ci controllano quotidianamente – va avanti -. Tutte persone umanamente molto disponibili, a cui abbiamo provato a spiegare la nostra difficile situazione, ma nessuno può fare nulla, nessuno sa a chi rivolgersi, nessuno sa dare una risposta. Ognuno fa la sua fetta di lavoro, ma non sa nulla del lavoro degli altri”.
“Sinceramente siamo stanchi di tutto questo – afferma -. Abbiamo sempre rispettato rigorosamente le istruzioni che ci sono state date per proteggere noi e gli altri in questa situazione, ma ora ci sentiamo presi in giro. Ci sentiamo sequestrati in casa nostra senza più motivo”.
“Ripeto – conclude Giulia -, la questione non è tanto per me, che sono effettivamente stata contagiata dal virus, quanto per mio marito, sano, con una partita iva ed un lavoro che potrebbe svolgere, ma non può per colpa della burocrazia, dell’inflessibilità e della disorganizzazione”.