GROSSETO – “Il Pci prende atto che finalmente la Regione ha capito che ‘questa guerra si vince sul territorio’ e parte con gli ennesimi annunci lanciati sui mezzi di informazione e sui social. Peccato – afferma la segreteria provinciale del Pci – che sul territorio vi sia ancora poco o nulla. A raccontare sono i cittadini stessi colpiti dal virus, lasciati a domicilio e abbandonati. Più che annunci servono risposte rapide. Si parla di passare alla fase 2 quando ancora ci sono lacune sull’emergenza”.
“Il 14 marzo ho fatto il primo tampone, che però ha dato esito negativo. Il 16 il secondo e sono risultata positiva. Da allora è iniziato il nostro calvario. La donna vive nel comune di Grosseto e preferisce restare anonima. Ci ha raccontato – spiegano da Pci -: Siamo in quattro in casa, più il cane. Nessuno ha pensato a lasciarci un prestampato con i numeri di telefono, con le indicazioni di cosa fare per spazzatura e spesa, chi chiamare in caso di bisogno. Abbiamo impiegato giorni a trovare i numeri di telefono giusti, e qualche giorno fa, per la prima volta, la Croce rossa ci ha fatto la spesa. Sino ad allora avevamo dovuto affidarci ai vicini di casa. Anche il cane, quando ho chiesto come avrei dovuto fare, mi hanno risposto “lo porti di notte quando non c’è nessuno” ma noi non possiamo uscire. Fortunatamente una vicina, che fa volontariato, si è offerta di portarlo fuori lei“.
“Altri ci raccontano – ancora dal Pci -: Siamo chiusi in casa, con due figlie, senza certezze. Io sto bene da tempo, ho fatto il tampone il 29 marzo ma era ancora positivo, l’ultimo, l’8 di aprile, invece, si è perso chissà dove, nel senso che la risposta non è ancora arrivata. Dice che siamo tanti in questa situazione, ma noi ci sentiamo abbandonati dalle istituzioni; siamo indignati, siamo a disagio, costretti a dipendere dalla buona volontà degli altri, senza che il Comune si sia mai preoccupato di noi. Se almeno arrivasse la risposta del tampone, e fosse negativo, potremmo ricominciare a fare da soli“.
“A questo caso si somma quello di Matteo Felicioni, di 28 anni, grossetano che ha raccontato sui social la sua storia – va avanti il Pci -: Il 7 marzo 2020 sono risultato positivo al Coronavirus. Il mio isolamento inizia prima, il 2 marzo. Rientrando da Milano, avevo deciso di mettermi responsabilmente in quarantena preventiva. Fortunatamente la mia famiglia vive in un appartamento su due livelli, e questo mi ha consentito di tutelarli, soprattutto quando, dopo qualche giorno, è comparsa la febbre.
Allora l’epidemia aveva solo un migliaio di casi in Italia ed una coppia di coniugi a Grosseto. Nonostante questo, per sintomi e provenienza, fu ordinato il tampone e dopo poche ore, il verdetto: positivo al virus.
Subito dopo l’ordinanza del sindaco e le istituzioni sanitarie l’isolamento domiciliare per me e per la mia famiglia poi il nulla.
Da qui, inizia una lunga serie di disagi ed inefficienze che ho ritenuto giusto raccontare. Non lo faccio per criticare, ma per far sì che le istituzioni si adoperino per risolverli evitando che altri possano vivere quanto io e la mia famiglia abbiamo subito.
Il sistema sanitario ha funzionato? In parte. Se non fosse stato per un medico dirigente del servizio igiene che mi chiamava e rassicurava quotidianamente. Ho ricevuto le chiamate quotidiane di controllo solo dal 15 marzo, ben otto giorni dopo essere risultato positivo ed i numeri indicati per avere informazioni non rispondevano mai.
A questo si aggiunge il fatto che dal 7 marzo vivo con la stessa ed unica mascherina, ricevuta al triage quando mi presentai per fare il tampone. I miei familiari, con i quali condivido l’isolamento domestico, non ne hanno mai ricevuta una, con un rischio altissimo di essere contagiati. L’unica risposta ricevuta è che l’Asl di Grosseto non ne aveva altre disponibili ed abbiamo vissuto con le mascherine fai da te in carta da forno e con quelle fatte arrivare a mio padre dal Lions Club Grosseto.
Le istituzioni hanno supportato? No. Ci hanno controllato con il servizio quotidiano a domicilio da parte dei Vigili urbani e se non fosse per la generosità dei tanti amici che abbiamo dovuto scomodare, dei parenti e dei piccoli commercianti, dal 7 marzo ad oggi non avremmo potuto mangiare, comprare medicine, assistere mia nonna parzialmente autosufficiente che vive da sola o semplicemente portare il cane a fare i bisogni. Ci hanno da subito isolato e subito dopo dimenticati“.