GROSSETO – Chi segue questa rubrica sa bene quanto sarcasmo susciti la retorica dell’orgoglio italiano. Quel misto di demagogia patriottarda e argomentazioni giustificazioniste edificate sul pregiudizio infondato che esisterebbe un qualche merito insito nell’essere italiani. Come se nascere in un posto, invece che in un altro, rappresentasse di per sé un merito.
Stavolta, invece, fa eccezione l’orgoglio toscano. Non perché esser nati qui risponda a un disegno superiore (ma de che?). Quanto perché il nostro Servizio sanitario regionale ha fatto un bel lavoro nel contrasto alla pandemia di Covid-19. Detto nel rispetto più profondo di chi ha perso la vita, e nella consapevolezza che ci sono state sbavature e ritardi. Dovuti però, prevalentemente, a mancanza di conoscenza del virus, alle dimensioni del fenomeno pandemico, ai deficit di forniture dei dispositivi di protezione individuale e dei macchinari di rianimazione. Figli della dipendenza da poche aziende produttrici, perlopiù estere.
Le istituzioni politiche e sanitarie della Toscana, a differenza di altre, hanno fatto le scelte giuste al momento giusto. E anche la sanità della provincia di Grosseto – che ha i numeri più bassi della Toscana – ha fatto le cose quasi nel miglior modo possibile.
I passaggi essenziali del successo. Compartimentazione delle aree Covid (separate da quelle No-Covid) degli ospedali effettuata quasi subito, grazie al fatto che quasi tutti i plessi ospedalieri provinciali sono nuovi. Filtro ai pronti soccorsi. Mantenimento a casa dei pazienti positivi non bisognosi di ricovero, e loro monitoraggio. Blocco degli accessi alle Rsa e Rsd quasi tempestivo. Attivazione delle Usca: unità speciali per la continuità assistenziale, che vanno a domicilio a visitare le persone sintomatiche o sospette. Attivazione degli alberghi sanitari, che ospitano su base volontaria i contagiati non gravi per ridurre al minimo il contagio dei conviventi. Apertura di Rsa Covid, per isolare gli anziani contagiati dagli altri. Avvio appena è stato possibile della campagna di screening con tamponi e test sierologici. Distribuzione di mascherine gratuite a tutta la popolazione.
Tutto questo poteva essere fatto forse meglio e soprattutto prima. Ma è innegabile che sia stato fatto piuttosto bene e tempestivamente. Sfruttando al meglio il tempo sfasato tra l’esplosione dell’epidemia nel Nord Italia e il suo arrivo in Toscana. Soprattutto facendo affidamento sul modello collaudato della Società della salute, che sui territori integra l’assistenza sanitaria e quella sociale. Anche se ancora ci sono troppi “bug” (falle) nella rete rispetto a come dovrebbe essere.
C’è infine una novità in corso d sperimentazione, che dovrebbe finalmente anticipare la tanto auspicata sanità (territoriale) prossima ventura. La Usl Toscana nordovest e il dipartimento di ingegneria per l’informazione dell’università di Pisa stanno seguendo in telemedicina una decina di pazienti con il coronavirus, rimasti in isolamento a casa. Al loro medico di famiglia arrivano su un tablet i parametri vitali dei malati: pressione arteriosa, ossigenazione del sangue, frequenza cardiaca e febbre. Il sistema era già stato avviato da alcune settimane per seguire delle persone anziane e con problemi di salute. Ora si sta rivelando molto utile per permettere ai contagiati di curarsi a casa propria. Con un sistema bluetooth, particolarmente facile da usare, permette ai malati di essere sempre in contatto col medico, superando l’ansia causata dalla difficoltà respiratoria, soprattutto di notte.
Ecco senza retorica, a con pragmatismo, mettendo insieme le tessere. C’è – una tantum – motivo d’ottimismo, e per dichiararsi orgogliosi d’essere toscani. Senza enfasi. Consapevoli che la strada è lunga e la sanità pubblica va difesa dai furbi in malafede. Tipo quelli che in questi giorni hanno montato una polemichetta (pseudo-politica) perché la Regione ha usato i soldi pubblici per comprare 10 milioni di mascherine da distribuire a 3,7 milioni di residenti in Toscana. Forse pensavano le avrebbe portate Babbo Natale, fuoristagione.
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