GROSSETO – Ci voleva una pandemia per capire che «l’agricoltura italiana ha bisogno degl’immigrati», come ha sbraitato stamani a Radio Capital quel soggettone della ministra dell’agricoltura Bellanova. Che urla sempre, invece di parlare.
Eh già, oggi che il Covid-19 mette a rischio i raccolti, in predicato di marcire nei campi. Con i poveri Italiani che potrebbero trovarsi nella disdicevole condizione di patire la fame. Non se ne può proprio fare a meno, degl’immigrati. Perché fino a ieri, anche no. Quando c’è stato da votare lo Ius soli, No. Quando si poteva votare lo Ius culturae, No (e sai che il “premier” era Matteo suo). Quando ci sarebbe stato da proporre una sanatoria per gl’irregolari, No.
E invece oggi, magari Sì. Si potrebbero anche regolarizzare tutti. Perché non funziona nemmeno il «corridoio verde» concordato con Bruxelles, che consentirebbe ai braccianti di Romania, Polonia, Serbia e affini di venire nell’amena pianura padana o nel giocondo Veneto a raccattare balze…Sai com’è, anche loro hanno paura del Coronavirus. E quindi hanno fatto i loro conti: meglio non rischiare la pelle per un lavoro sottopagato che gl’Italiani non vogliono fare.
Ma una speranza c’è. I “negri” si faranno sicuramente meno problemi. Perché già sono abituati a lavorare per due palanche – ironia della sorte «al nero» – nelle campagne del sud Italia. Sotto caporale. Cosa voi che li spaventi morire soffocati dal Coronavirus? Se lavorano al sud, vuoi non vadano su al nord?
Ci voleva il Covid-19 per riaprire una discussione sopita, occultata, rimossa, sul grande tema dei lavori scomodi – dai badanti ai mungitori di vacche, dai conciatori ai rottamatori, dai cottimisti in edilizia agli addetti alle macellerie industriali – Quelli che nessuno vuole fare da un pezzo, perché socialmente negletti e con salari da fame. E nessuna tutela.
Perché per quanto scomodo sia ammetterlo, il benessere della maggioranza – in forma di prezzi bassi di certi beni e servizi – è in questo Paese garantito dallo sfruttamento ottocentesco di una cospicua minoranza. Che oltretutto ogni giorno s’ingrossa sempre più. Via transito progressivo dallo stato di ceto medio a quello di lavoratore povero.
Comunque tranquilli. La soluzione c’è, anche se sui tempi mancano certezze: prima o poi arriverà un vaccino. E potremo tornare tutti al nostro tran-tran quotidiano. Nel frattempo facciamo così: nei campi, a raccoglier frutta e verdura, pomodori da industria e grano, mandiamoci “l’orgoglio italiano”. Quello col nastrino bianco, rosso e verde che piace tanto alla Meloni, a Salvini, e a tutti i rètori della nazione, del sangue e del suolo italiani. Con ilare spirito autarchico, obviously….