GROSSETO – “In questi giorni difficili per tutto il Paese, che impediscono le forme di celebrazione alle quali eravamo abituati, l’Anpi non dimentica il tragico eccidio compiuto la mattina del 22 marzo 1944 a Maiano Lavacchio, quando la furia fascista uccise undici giovani passati alla storia come i “Martiri d’Istia d’Ombrone”. Il primo grave fatto di sangue ad avere una certa rilevanza in provincia di Grosseto, l’altro fu il Massacro della Niccioleta dove vennero trucidati 83 minatori. Ancora una volta li vogliamo ricordare uno per uno: Emanuele, Corrado, Alfiero, Attilio, Alvaro, Alfonso, Antonio, Rino, Silvano, Alcide e Mario”. A scriverlo, in una nota, il Comitato provinciale Anpi Grosseto “Norma Parenti”.
“I fatti sono noti, ma vale la pena di ricordarli – proseguono dall’Anpi -. Vennero fucilati quella mattina dopo un processo farsa, senza poter salutare i propri cari e senza avere nessun conforto religioso. Per dare un’ulteriore prova di forza, i fascisti tentarono anche di vietare il recupero dei corpi e negare loro una degna sepoltura e la funzione religiosa, ma trovarono la reazione ferma e indignata di una intera – anche se piccola- comunità disposta a tutto per onorare quelle undici giovani vittime innocenti. Erano partigiani? Non lo erano in senso stretto perché non si erano uniti a nessuna banda armata e questo segna ancor più la natura pacifica del gruppo e la volontà di non uccidere”.
“Avevano scelto di non portare le armi – raccontano dall’Anpi -, fatta eccezione per un fucile da caccia, un “ferrovecchio”, che Attilio Sforzi portò dietro “…per vede’ se l’accomodavano” . Per noi però sono partigiani, perché non hanno scelto di stare alla finestra a guardare, anzi hanno deciso di partecipare stando – a differenza dei loro aguzzini – dalla parte giusta, quella di chi ripudiava la guerra, come reciterà più avanti la nostra Costituzione. Anche sul loro sacrificio si è costruita la nostra democrazia con il suo pacchetto di libertà, diritti e garanzie che oggi più che mai dimostrano la loro importanza. E mai come in questi tempi di difficoltà ciascuno di noi è chiamato a riscoprire il valore di quelle libertà, di quei diritti e di quelle garanzie conquistate a prezzo del sangue di tanti”.
“Oggi – continuano – ci manca la possibilità di vivere quel momento insieme, di sentirsi una comunità raccolta intorno a quella memoria e ai valori dell’antifascismo, di rinnovare – attraverso la celebrazione – l’impegno a far vivere la memoria di quei fatti tutti i giorni. Ci manca il non poter ritrovarsi in quel luogo insieme ai ragazzi delle scuole. Ma sono tempi di obblighi necessari, di modifiche radicali degli stili di vita e anche dei pensieri”.
“Per il bene del Paese siamo chiamati a fare un sacrificio, sicuramente insignificante rispetto al sacrificio della vita dei nostri martiri, perché si possa tornare quanto prima alla “normalità” anche se la normalità degli ultimi tempi ci preoccupa perché offende la memoria e quel sacrificio – ancora l’Anpi -. Offende la memoria la politica dell’odio e della discriminazione, i tentativi di revisionismo, gli sfregi ai monumenti della resistenza, i tentativi goffi di pacificazione attraverso la titolazione di luoghi a gerarchi fascisti oppure la negazione della cittadinanza onoraria ad una illustre testimone del Shoah”.
“Per cui l’Anpi – concludono – si augura di non tornare a quella normalità, ma che l’Italia ne esca rafforzata in termini di solidarietà riscoprendo tra i tanti valori anche quelli che hanno reso possibile la nostra democrazia: il valore dell’antifascismo e della Resistenza. In questo strano 2020, sarà il modo più giusto per celebrare e rendere onore ai giovani martiri di Maiano di Lavacchio”.