Passerà anche questa. E non è un modo di dire. Ma quando questo avverrà, sarà bene fare i conti con l’eredità lasciataci dal famigerato coronavirus. In termini sociali, economici, antropologici, politici. Nel 2020 siamo inaspettatamente regrediti a prima del 1798, anno in cui Edward Jenner intuì il meccanismo dell’immunizzazione e scoprì il vaccino per fermare il vaiolo. E forse, come recita l’adagio, potremo scoprire che «non tutto il male è venuto per nuocere».
Memento mori (ricordati che devi morire) – La prima lezione di questa vicenda è che dobbiamo recuperare un rapporto sereno con la possibilità di morire. Perché la esorcizziamo continuamente. Spesso in modo grottesco. Com’è avvenuto soprattutto nella fase iniziale del contagio. Quando tutti s’accanivano a minimizzare che “in fondo” morivano solo quelli già colpiti da altre patologie. Come diabetici, cardiopatici, immunodepressi. Come se la morte di serie B non fosse la morte di persone in carne e ossa. Col loro vissuto, coi loro affetti.
Insomma, quando sarà finita, sarà bene smetterla di pensare d’essere superuomini. E di conseguenza farsi più prudenti e più umani.
Sanità pubblica, punto – A esplicitare senza fronzoli i termini della questione è stato Vasco Rossi, dalla California. Con la mascherina. In un video su facebook. «Qui il test del tampone costa 3.200 dollari. Non lo fa nessuno perché è troppo costoso. Per questo i contagi ufficiali sono pochi». Chiaro?
Ecco. Se la salute è il bene più importante, il servizio sanitario nazionale non può che essere pubblico e universale. Discorso chiuso. Chi vuole la sanità privata se la paghi. Ma soprattutto bisogna tornare a investire risorse in quella pubblica, per dare a chiunque le stesse possibilità di curarsi. E per farlo tutti devono pagare le tasse. Per cui chi non lo fa va punito severamente. Tutto il resto è noia, direbbe Franco Califano.
Siamo tutti Cinesi – Passare da monatto a untore è un terno al lotto. Ce l’ha dimostrato la parabola sopportata dai malcapitati cinesi d’Italia – o italiani d’origine cinese – passati sotto le forche caudine del sospetto di massa d’essere gl’importatori del virus. Salvo poi scoprire che la “bestia” stava a zonzo per l’Europa dal novembre dell’anno scorso. In forma asintomatica. Che i ceppi virali sono almeno due. Che il mitico paziente zero potrebbe essere un tedesco. Come se la nazionalità dell’untore primigenio facesse la differenza in un mondo di osmosi e travasi incessanti.
Siamo tutti cinesi, quindi. Anzi, magari lo fossimo. Vista la compostezza e la disciplina dimostrata dalla comunità cinese della Toscana. Così collaborativa con le istituzioni e solidale nelle proprie comunità, da aver adottato in anticipo e autonomia le regole di comportamento per confinare i focolai. Prevenendo i contenuti dei decreti ministeriali che li hanno imposti ai riottosi Italiani. Immancabilmente aderenti allo stereotipo del cialtronesco pressappochismo individualista. Tutti bisognosi d’approfondire Tao e Confucianesimo.
Il piagnisteo nazional-patriottardo sui Paesi cattivi che penalizzano l’Italia trattata da untrice del mondo, è stato il contrappasso perfetto per certa ideologia celodurista dell’orgoglio nazionale (mal riposto). La lezione è lapalissiana: «la vita è breve, pigliallo in culo è un lampo».
Confini ridicoli – Il Covid-19 ha dimostrato in modo inappellabile quanto superficiale, velleitaria, inconsistente sia l’idea sovranista dello Stato-nazione come ombelico del mondo. I confini nazionali sono risultati un baluardo fittizio, con le piccole economie dei 27 Stati europei ritrovatesi ostaggio di un virus influenzale killer a forma di corona. In grado di terrorizzare un mondo interdipendente. Nel quale una farfalla che sbatte le ali in Cina, genera uno tsunami in Europa.
Un mondo nel quale il benessere di una minoranza non è più preservabile coi mezzi tradizionali. Né con le armi, né coi fili spinati.
Anarchici improvvisazionisti – Aver inseguito la Lega sul terreno del regionalismo federalista è stato un errore madornale. La riforma del Titolo V della Costituzione approvata dal Centrosinistra, è stata un pastrocchio inguardabile. Lo hanno dimostrato gli eventi, scanditi dagli inciampi continui nella catena di comando Stato-Regioni. Dai corto circuiti comunicativi che hanno prodotto solo disorientamento.
Non c’entrano nulla né la difesa della Democrazia, né il rispetto per autonomie e livelli di responsabilità. Nell’emergenza dev’essere chiaro chi comanda (governa), perché troppi galli a cantare fanno solo cacofonia. E le responsabilità s‘annebbiano. Su sanità, scuola, università e ricerca, protezione civile, giustizia e difesa, la regia dev’essere unica. Il localismo ai tempi della globalizzazione è un handicap.
L’Europa è la nuova patria – Il vero nemico non è l’Europa. Ma l’attuale Europa fondata sui goffi sovranismi statali. Dominata da elìte nazionali che difendono i propri privilegi. La crisi scatenata dal Covid-19 – come quella dei profughi siriani e africani – ha chiarito quanto sia autoconsolatoria la pretesa di fare argine ognuno per proprio conto. 27 piccoli Stati in balia delle onde. Incapaci perfino di ragionare fra loro, ostaggio di un’idea di sovranità nazionale ignorata dagli eventi. Come dalle leggi dell’economia, che spostano merci e valute, sacrificando a rotazione gli esseri umani più utili alla bisogna.
Subito un cambio di passo quindi. A partire dalla riforma del bilancio comunitario, limitato oggi in modo ridicolo all’1% del prodotto interno lordo dei 27 Stati europei. Subito un’unica politica estera, sanitaria, fiscale e di difesa comune.
Basta coi “tonni coi bracci” della politica – Una benedizione gli ultimi dieci giorni di silenzio e compostezza. Scevri dello starnazzio incessante e vacuo di mezze tacche della politica assurte al ruolo di leader nazionali. Di capi e capetti corrente. Parlamentari e senatori inabili e arruolati. Il Covid-19 li ha tacitati tutti, effetto collaterale inatteso e gradito.
Il silenzio degli incapienti (politici) ci deve far riflettere tutti. Perché finita l’emergenza riprenderanno subito l’insopportabile cicaleccio. E starà a noi cittadini comuni staccargli la spina. Non c’entrano nulla, in questo caso, il populismo, la demagogia e il qualunquismo. Quelli rimangono i nemici più infidi della Democrazia, formale e sostanziale. Incarnati da pesi piuma della politica che hanno preso in ostaggio questo Paese atteggiandosi a pesi massimi. Personaggi che cavalcano percentuali variabili di consenso, tutti accomunati dalla vacuità dei contenuti che il repentino Covid-19 ha avuto il pregio di rendere evidente.
Chi vuol esser lieto sia…….