CINA – È arrivato in Cina il 27 dicembre. L’idea era quello di passare nel paese che ama, e in cui vive la fidanzata, le vacanze per il capodanno cinese, andare in giro e fare foto, la sua passione. È invece da alcuni giorni si ritrova chiuso in casa, visto che non c’è nulla da fare.
Giacomo Capirci è uno dei grossetani che in questi giorni si trovavano in Cina, alcuni, come Cristiano Bernacchi che abbiamo intervistato ieri, sono rientrati, altri si trovano ancora nel Paese del sol levante.
Giacomo la Cina la conosce bene: per quattro anni ha lavorato lì. Ora invece ci va in vacanza, appena può. «Sono arrivato il 27 dicembre, a Zhauhai, al confine con Macao. Talmente vicino che la frontiera si raggiunge a piedi. Siamo a 1100 chilometri dall’epicentro del focolaio, Wuhan – racconta – e a 2200 chilometri da Pechino. Abbiamo fatto un giro, siamo andati a Macao, dove la mia fidanzata è cresciuta. All’inizio era tutto normale. Il 24, il giorno prima del capodanno cinese, iniziai a vedere molte persone con le mascherine. Mi chiamò un’amica italiana, una collega che si trovava anche lei in Cina, anche se più a nord, ed era molto allarmata, voleva andare a Pechino ma non se la sentiva. Metà della popolazione girava già con la mascherina. Anche i genitori della mia fidanzata ne comprarono una scatola e mi dissero di metterla. Il giorno dopo, il capodanno cinese, tutti la portavano».
Insomma, come ci ha detto anche ieri Cristiano Bernacchi, la situazione è precipitata o in un paio di giorni, o quantomeno la percezione del possibile pericolo. «Il 26 volevo andare a fare foto ad un casinò a Macao, ma non avendo la mascherina non mi hanno fatto salire sulla navetta. E in farmacia erano esaurite. In effetti già due giorni prima avevo visto lunghe file di fronte alle farmacie, non ci avevo dato peso, solo dopo ho capito che compravano le mascherine. Per il capodanno Cinese un’amica era andata in Corea a trovare dei conoscenti e loro avevano chiesto di far scorta perché anche lì non si trovavano più».
Il ritorno, dopo due settimane in giro, è surreale: la città è deserta. «Siamo abituati a vedere la Cina come sovraffollata, le strade i locali, anche troppa gente. E invece era tutto vuoto, i locali chiusi, un po’ per il capodanno cinese (in molti tornano al paese, in campagna) e un po’ forse per paura, o per disposizioni statali. Vederla deserta mette tristezza e desolazione. C’è un parco, con una riproduzione del palazzo d’estate, con i fiori. Ma è stato chiuso. Volevo andare in un ristorante di Sushi, che mi piace, ma di giorno in giorno, con un cartello, rimandano la riapertura. Mi ritrovo a dover stare chiuso in casa, anche perché la gente non ha voglia di incontrare nessuno. È una desolazione, ed è questo che mi mette tristezza».
Giacomo però non ha paura del contagio da Coronavirus «ho solo paura di non poter rientrare. Quando sono qui ogni volta lo spero un po’, perché la Cina mi piace molto, però il mio visto turistico sta per scadere e non vorrei trovarmi anche clandestino. Ho già fatto il biglietto per il 7 febbraio, mi sono informato, e al momento la frontiera di Hong Kong è aperta. Ho chiamato la compagnia gli Emirates, e anche loro mi hanno assicurato che il problema è per i voli diretti, mentre se c’è uno scalo, in questo caso a Dubai, si passa tranquillamente. La stessa cosa me l’ha confermata la Farnesina, anche se mi hanno sollecitato a partire prima possibile, perché altre compagnie potrebbero decidere di non partire più dalla Cina».
«Per ora rientro io, anche perché il 20 mi scade il visto, la mia fidanzata resterà ancora in Cina. Lei comunque è molto ottimista, dice che nel giro di una settimana tutto si risolverà. Lunedì poi la gente tornerà al lavoro, perché finiscono le ferie, e forse le cose cambieranno» (le foto di questo articolo sono di Giacomo Capirci).