FIRENZE – “E’ necessario rafforzare i controlli per la biosicurezza, applicando le linee guida della Commissione europea, e soprattutto gestire le enormi popolazioni di cinghiali che sono portatori sani della peste suina”. Così Alessandro Stassano, presidente della sezione Toscana dell’allevamento suinicolo di Confagricoltura, interviene sugli altissimi rischi legati alla peste suina che in Cina ha portato all’abbattimento di circa 200 milioni di maiali.
“La Cina deve ripartire da zero, e serviranno almeno un paio d’anni affinché la produzione di suini possa ripartire – continua Stassano -. Da un punto di vista economico, nell’immediato, l’epidemia di peste suina in Cina ha portato benefici per gli allevatori italiani che hanno visto crescere le esportazioni verso questo Paese, che ha nel maiale un elemento portante della dieta, del 50%, con un conseguente incremento di prezzo. Una boccata d’ossigeno che però impone di tenere alta la guardia perché il malaugurato diffondersi di un’epidemia di peste suina in Italia condannerebbe a morte le aziende di allevamento e una quota importante dell’export agroalimentare nazionale, che vale 8 miliardi”.
“Le leggi ci sono – aggiunge Stassano -. Il Ministero della Salute ha recepito le linee guida comunitarie e le ha inoltrate alle regioni che devono farle rispettare: servono controlli attenti e capillari per verificare le gli allevamenti mettano in atto tutte le misure previste per la biosicurezza”.
“L’Italia è indenne dalla peste suina – prosegue il presidente -, al momento non ci sono focolai tranne che in Sardegna, dove vige già il divieto di export anche verso il Continente. La peste suina non si trasmette all’uomo, ma tra animali il contagio è rapidissimo. Per quanto riguarda la Toscana, il pericolo principale viene dai cinghiali che sono portatori sani della malattia: è sufficiente che qualcuno camminando nel bosco pesti gli escrementi dei cinghiali e poi entri in un allevamento per diffondere la malattia”.
“Tenere sotto controllo la popolazione dei cinghiali non è cruciale solo per l’agricoltura, ma anche per evitare il diffondersi di una malattia catastrofica come la peste suina negli allevamenti, che comporta l’abbattimento immediato di tutti i capi e il blocco delle esportazioni di carni suine e derivati – conclude Alessandro Stassano -. E’ fondamentale che le aziende allevatrici si dotino delle più efficaci misure di biosicurezza, che i controlli vengano svolti in modo serio e che si gestisca efficacemente il problema dei cinghiali”.